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Dal rischio fallimento al mondo: lezione di business, e di famiglia, del meccanotessile Made In

Ecco come è sopravvissuta la Ratti di Luino, 150 anni di storia alle spalle nel settore meccanotessile e un futuro segnato se Giovanni Locatelli non avesse deciso di mettere in gioco sé stesso e la propria famiglia

Ratti

Era l’8 marzo. L’8 marzo 2010. Festa della donna di un anno duro, da crisi nera. Eppure quell’8 marzo 2010, Giovanni Locatelli, assieme ai due figli Andrea e Stefano, e a Michele Morello, ha scelto di salvare dal fallimento un’impresa che, in modi diversi e in periodi diversi, aveva fatto parte della sua vita.

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È sopravvissuta così la Ratti di Luino, 150 anni di storia alle spalle nel settore meccanotessile, e un futuro che sarebbe stato segnato se Giovanni Locatelli non avesse deciso di mettere in gioco sé stesso e la propria famiglia per un’azienda che prima aveva accolto suo papà («per 35 anni») e poi aveva anche lui, da dipendente prima («ci ho lavorato dai 15 ai 18 anni») e da fornitore poi, attraverso l’omonima Minuteria fondata a Grantola al rientro dal servizio militare.
«Ai tempi in cui stavo in Ratti, i dipendenti erano seicento, la sede era ancora a Luino e c’era ancora la fonderia» ricorda Giovanni Locatelli, osservando registri presenze e immagini che riportano indietro il tempo al 1920. Poi le difficoltà, la crisi, la riduzione del numero di dipendenti. Il rischio del baratro.

Da quell’8 marzo 2010, di anni ne sono passati sette e il baratro non si vede più. La “Ratti Luino srl” non solo ha salvato i 21 dipendenti rimasti, ma è arrivata ad averne ventisette, titolari esclusi. Giovanni Locatelli, oggi, è Ceo di un’azienda solida, che esporta in tutto il mondo («57 Paesi»), investe in ricerca e sviluppo, valorizza le competenze di chi in Ratti ha lavorato per anni e di chi, in Ratti, ha portato con il tempo nuove competenze professionali.

Il settore è quello della produzione di macchine tessili. Il contesto territoriale è l’area Nord della provincia di Varese. Quella dove ti aspetti di trovare turisti, spazi verdi e tanta tranquillità. E invece è proprio qui, in via provinciale 309 a Cassano Valcuvia che incontriamo Giovanni Locatelli, i suoi figli, Andrea di 34 anni e Stefano 32 anni e Michele Morello. «Quando ho firmato per la Ratti, in un periodo congiunturale difficilissimo, ho passato qualche notte a piangere: pensavo, “cosa ho fatto?”». Ma l’azienda, nonostante portasse con sé due anni di cassa integrazione, di cassa integrazione praticamente non ha visto l’ombra. «Come ho fatto? Ci ho sempre creduto». E ci hanno creduto i soci, Andrea, Stefano e Michele Morello, 44 anni.

La competenza dei giovani, unita all’esperienza di papà, a un forte radicamento territoriale, al coraggio di non lasciare una zona logisticamente difficile puntando, al contrario, su affidabili fornitori perlopiù locali («700, tantissimi, 350 dei quali hanno lavorato con noi nel solo 2016», hanno rimesso in moto le macchine. Quelle che oggi sono customizzate, ovvero realizzate a misura di cliente, ad altissimo impatto tecnologico e in costante evoluzione e miglioramento.
Andrea ci crede: «Il 50% dell’attività dell’ufficio tecnico è riservata alla ricerca e allo sviluppo». Le professionalità sono elevate: ingegneri, tecnici specializzati, una struttura commerciale solida nelle competenze. «Siamo a Cassano Valcuvia e da Cassano Valcuvia non ce ne andiamo, papà ci ha trasmesso anche il legame per il territorio» dicono i figli. Giovani, eppure sempre più addentro ai meccanismi della Ratti e della Minuteria (che della Ratti è fornitrice, ma in una percentuale non superiore al 30% della produttività aziendale).

Scegliere di rimanere a Cassano Valcuvia significa “combattere” con strade troppo spesso insufficienti ad accogliere i grossi camion attraverso i quali la produzione della Ratti arriva in tutto il mondo: 57 paesi in tutto, dalla Germania all’Australia, dall’Arabia Saudita all’Argentina, passando per India, Pakistan, Stati Uniti, Cina… O grazie ai quali, alla Ratti, arrivano apparecchiature sempre all’avanguardia, destinati a migliorare le performances di controllo e produzione. Come quello, recentemente installato, che permetterà di migliorare il lavoro del magazzino, a beneficio della rapidità e del lavoro dei dipendenti.
È così che la Ratti ha retto, e regge, la concorrenza dei colossi del low cost: «Copiarci? Ci provano, ma la differenza la fanno i test, la precisione millimetrica e l’elevata qualità. E, su quella, non ci hanno raggiunto». A Cassano Valcuvia arrivano da tutto il mondo (l’ultimo contatto riconduce a un prestigioso indirizzo della Slicon Valley) a guardare quelle macchine che trasformano una richiesta in un filato, anche preziosissimo, persino per la salute. E a chiederne di nuovo.

Augusto, il tecnico di laboratorio, lavora in Ratti da 25 anni: è lui a mostrare come un semplice filo, annodato con tecnologie fortemente all’avanguardia, può entrare in sala operatoria “sostituendo” aorta o trachea. Oppure può supportare la guarigione di grosse ferite. O, ancora, garantire la sicurezza dei natanti, delle auto in caso di neve. E così via.

Il cliente dice cosa vuole fare con un determinato filo e la Ratti ci studia su, magari anche anni, fino ad arrivare alla creazione di macchine in grado di produrre ciò che è stato richiesto.

Ascoltare il cliente e ascoltare il territorio. Questi sono i valori che Giovanni Locatelli ha trasmesso ai figli: «Non smetto mai di girare, di ascoltare i colleghi imprenditori, di capire cosa sta succedendo sul territorio». Perché solo così si capisce cosa si muove, dove va il mondo, dove è bene cercare la collaborazione per migliorare l’ambiente in cui l’impresa è nata e cresciuta.

Ed è così che, negli anni, il signor Giovanni ha alzato la voce, ha fatto sentire quella delle aziende, ha proposto sinergie sul fronte del turismo, per dare forza al territorio. E oggi, i problemi, restano quelli di ieri, aggravati dal fatto che le grandi direttrici del mondo sono sempre più veloci mentre quelle dell’Alto Varesotto rimangono proibitive: «Cosa fare per rimanere competitivi, anche alla luce della inevitabile concorrenza con gli stipendi del Canton Ticino?». E, ancora, sarà mai possibile prevedere un centro intermodale della logistica a supporto delle aziende locali? Infine: come avvicinare le università alle imprese, sul fronte della ricerca, senza essere costretti a sostenere costi elevati e proibitivi?

In queste richieste non c’è solo il desiderio di far crescere un’azienda, ma anche quella di mantenere occupazione e impresa in un territorio che, grazie alle imprese che non lo abbandonano, è vivo e vivace. Perché impresa è territorio. E territorio è impresa. Il signor Giovanni, i suoi figli, i soci, ci credono. E anche noi.

Pubblicato il 16 Giugno 2017
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