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Prezzo della benzina alle stelle, Sassi (Faib): «Il governo metta mano ad accise e Iva»

Il presidente della Faib varesina a Stasera Italia: «I mancati accordi internazionali si ripercuotono sui benzinai e sui clienti. Ora bisogna intervenire»

massimo sassi faib

L’allerta del “caro benzina” sta preoccupando la categoria dei benzinai e sta diventando di interesse nazionale. Grazie alla FAIB Nazionale il presidente locale Massimo Sassi ha avuto l’occasione di esporre la situazione sui prezzi carburanti con una intervista per la trasmissione “Stasera Italia” condotta dalla giornalista Barbara Palombelli.

«Vogliamo farci sentire – dichiara il Presidente territoriale FAIB Massimo Sassi – e non ci fermeremo. Ecco cosa accade: a seguito del lock-down si è assistito ad un incremento dei prezzi dei carburanti; ragione che ha fortemente inciso è stato il mancato accordo tra i Paesi dell’OPEC che trova la sua origine nell’attrito tra l’Arabia Saudita, primo Paese produttore al Mondo, e gli Emirati Arabi Uniti, player emergente del cartello OPEC».

Attualmente gli Emirati hanno la possibilità di produrre più materia prima del diretto concorrente; qualora, venisse loro concesso di impiegarla, sarebbe necessario avviare una revisione degli accordi con anche gli altri Stati (Azerbaigian, Kazakistan, Kuwait e Nigeria) che già da tempo chiedono di poter effettuare maggiori volumi di produzione viste le loro disponibilità. Il mancato accordo del mese di luglio ha causato un’impennata nei prezzi del greggio, arrivando ad oscillare tra i 75 ed i 78 Dollari al barile. Questa la spiegazione geopolitica ed economica internazionale.

In Italia, invece, questi “equilibri precari” hanno contribuito ad aggravare il costo del carburante già elevato a causa dell’alta percentuale di Iva e di accise che incidono al 61% sul costo della benzina ed al 59% su quello del gasolio. A pagare le conseguenze di queste dinamiche sono i gestori degli impianti che non hanno opportunità di intervenire e subiscono solo gravi perdite dai mancati incassi e dagli alti costi.

Spiega Sassi: «Per ogni litro venduto, i gestori percepiscono in media 3,5 centesimi di euro; se il costo fosse di € 1,599 con € 10,00 potrebbero erogare 6,53 litri ma attualmente che il costo oscilla tra € 1,739 e € 1,790 possono essere erogati tra i 5,75 ed i 5,58 litri. Ciò vuol dire che in una giornata di lavoro, un gestore incassa più Iva ed accise ma il suo margine si è ridotto poiché il cliente si trova nella situazione di ricevere meno litri alla volta e dovendosi recare all’impianto più spesso, per il gestore aumentano i costi di gestione (ad esempio l’energia elettrica)».

Tale situazione si protrae da anni ed il lock-down avrebbe peggiorato tale dinamica: «Ora sarebbe solo necessario
un intervento dagli organi competenti affinché siano ricalcolate le accise ed eliminata l’IVA in virtù del ruolo di bene di prima necessità riconosciuto al carburante. Le sue origini risalgono a situazioni storiche che partono dalla prima metà del XX secolo e partono dal finanziamento per la guerra Etiopia – 1935-1936, i finanziamenti della crisi di Suez – 1956, ricostruzione dopo il disastro del Vajont – 1963, ricostruzione alluvione Firenze – 1966, Terremoto del Belice – 1968, Terremoto del Friuli – 1976».

Sassi aggiunge che nel corso degli anni sono state inserite ben 17 accise oltre all’IVA a quota 22%. «Se non è possibile riconsiderare le accise, quantomeno si potrebbe auspicare un’eliminazione dell’IVA anche in virtù dell’importanza del carburante: ancora oggi ben oltre la metà delle materie prime viaggia ancora “su gomma”».

Queste dinamiche, perciò, aggravano il bilancio delle tasche del singolo cittadino che registra un duplice aumento: quello del carburante per il suo uso e quello dei prodotti che acquista a causa dei maggiori costi per gli imprenditori i quali devono giustamente ammortizzare l’aumento di cui anche loro sono vittima.

Questo circolo vizioso si riversa su tutto il ciclo economico, gestori, imprese e cittadini. Conclude Sassi: «Diminuisce il potere d’acquisto intaccato da meccanismi esterni che causano una riduzione delle disponibilità per effettuare compere mettendo a rischio le attività commerciali che registrano mancati incassi… e pensare che ciò stia avvenendo proprio a ridosso del miglior periodo per gli acquisti, il Natale, rende la situazione ancora più preoccupante».

Pubblicato il 01 Dicembre 2021
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