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La nostra grappa ha 170 anni, menzione Rosa camuna ad Arturo Rossi

La cerimonia del premio si terrà in Regione Lombardia

sguardi quotidiani

Arturo Rossi, quinta generazione nella ditta di distillati Rossi d’Angera, sarà insignito dalla Regione Lombardia della menzione nell’ambito del premio Rosa camuna. Il premio istituito dalla giunta regionale della Lombardia, il premio  riconosce pubblicamente ogni anno l’impegno, l’operosità, la creatività e l’ingegno di coloro che si sono particolarmente distinti nel contribuire allo sviluppo economico, sociale, culturale e sportivo della Lombardia.

UNA STORIA CHE VA AVANTI DA OLTRE 170 ANNI

La distilleria “Rossi d’Angera” è tra le più antiche aziende della provincia di Varese.  Sono infatti passati più di 170 anni da quando fu fondata e i distillati prodotti all’ombra della Rocca Borromeo erano già sui banconi delle osterie a riscaldare i cuori e gli animi di chi si preparava a fare l’unità d’Italia.

Nel frattempo ci sono state anche due guerre mondiali, la fine della monarchia, tre repubbliche  parlamentari e la più disastrosa crisi economica di tutti i tempi. Eppure, il profumo della grappa messa a invecchiare per anni nelle botti di slavonia è rimasto sempre lo stesso, dolce e avvolgente. «Un profumo impossibile da dimenticare, che si imprime nel cuore e nella testa» dice Arturo Rossi.

Di cose ne sono cambiate tante da quel lontanissimo 1847, anno in cui il trisavolo Bernardo Rossi decise di dare vita a questa avventura imprenditoriale. La vecchia distilleria, che allora si chiamava “F.lli Rossi d’Angera”, era ancora nel paese, mentre dal 2003 si trova nella zona industriale. La cultura contadina, di cui erano espressione la coltivazione della vite e la produzione di vino da cui si ricavano le vinacce necessarie per distillare la grappa, ha lasciato il posto negli anni del boom economico ad altre lavorazioni più redditizie legate alla tessitura, alle confezioni e soprattutto all’industria che a queste latitudini si identificava con il marchio Ignis.

Avarie
Nella foto Arturo Rossi con il famoso enologo Luigi Veronelli

A complicare la vita ai piccoli produttori sono arrivate negli anni Novanta la grande distribuzione e subito dopo la globalizzazione che hanno esasperato la competizione sul prezzo, lasciapassare necessario per ottenere un posto duraturo sullo scaffale del supermercato e nei desideri del consumatore. Il passato però da queste parti non è ancora diventato una terra straniera e all’orizzonte si intravedono i primi timidi segnali di risveglio.

La vite e l’uva infatti non sono più relegate nella toponomastica o nei racconti degli anziani, ma sono al centro di un nuovo “rinascimento” agricolo i cui protagonisti sono alcuni imprenditori impegnati a produrre vino sul territorio, cercando di superare l’estrema frammentazione dei fondi agricoli per avviare produzioni di qualità. Le istituzioni cercano di fare la loro parte assecondando questo nuovo movimento anche sul piano culturale. Dopo 20 anni di stop, è stata riproposta la “Festa dell’uva”, sagra della tradizione popolare di Angera che ha raccolto, oltre a copiosi grappoli di uva, l’entusiasmo e la partecipazione della cittadinanza.

Tra i carri allegorici c’era anche quello della “Rossi di Angera”con le sue inconfondibili bottiglie,  fiaschette allungate, dagli angoli morbidi. Contenitori di una eleganza essenziale, quanto basta per lasciare immaginare un contenuto di altrettanta qualità.
Un segno che il nuovo tempo, forse, è già iniziato.

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Pubblicato il 29 Maggio 2018
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