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Bertani: “Il parco è una Ferrari con il freno tirato”

Oltre al turismo eco compatibile sono tanti i progetti per l'area verde del Ticino, ma trovare risorse non è semplice. «Con la manovra che taglia i fondi agli enti locali dovremo aprire nuove riflessioni»

milena bertani«Fare il presidente del Parco del Ticino è più difficile di quello di Yellowstone». Se nel futuro di quest’area c’è un piano orientato al "turismo verde" è perché per tutelarla serve anche un po’ di strategia. Lo spiega Milena Bertani alla guida del parco compreso tra i 47 comuni lungo il corso del fiume tra Varese, Milano e Pavia: «Non poteva sorgere in una zona più compromessa. L’area è immensa ma allo stesso tempo è minacciata dalla forte antropizzazione che caratterizza queste province. Si pongono dei problemi di coesistenza a cui uno sviluppo del turismo potrebbe dare risposte compatibili».

Il parco offre già il contatto con la natura, la possibilità di fare sport e di scoprire tutti i volti del territorio. Come si fa a fare arrivare i nuovi turisti? Cosa manca?
«Bisogna innanzi tutto capire il senso dell’investimento. L’area ha le caratteristiche per diventare una sorta di distretto del turismo, una nuova economia con grandi potenzialità. Ma servono promozione e le strutture di accoglienza che ancora, soprattutto nell’area del Basso Varesotto, mancano. Su questo dobbiamo ragionare anche in vista dell’Expo che si terrà nel 2015. Occorre ricordare il tipo di turismo che vogliamo accogliere e osservare di conseguenza la domanda: non servono grandi alberghi, quelli ci sono già, ma piccole strutture: bed and breakfast, agriturismi, alberghi diffusi e case vacanza».

Lei dice che tutelare il parco è difficile. Dai cittadini però avete avuto una grande dimostrazione di attenzione alla sua salvaguardia. Mi riferisco alle mobilitazioni per la protezione di via Gaggio.
«Sì il nostro è un territorio da tutelare ma l’ente parco non ha autonomia impositiva. Possiamo perciò proporre progetti di valorizzazione ed essere sostenuti, come è avvenuto finora, dai comuni interessati. Ma anche in questo caso, con la manovra che taglia i fondi agli enti locali, dovremo aprire nuove riflessioni. Io spero che i nostri progetti vengano compresi: qui c’è davvero la possibilità di ripartire e creare una nuova economia nel rispetto della ricchezza ambientale ma servono degli investimenti. Serve fiducia e servono fondi».

I progetti che avete portato avanti finora come sono stati finanziati?
«Spesso grazie alla collaborazione: con i comuni ma anche con aziende private come è avvenuto per il progetto del "Caviale del Ticino". In quel caso abbiamo sfruttato un finanziamento dell’Unione Europea finalizzato all’introduzione di alcune specie ittiche. Abbiamo trovato un partner valido e lo scorso anno abbiamo prodotto una tonnellata di caviale. Ma questo è solo un esempio. Le potenzialità sono tante le risorse poche: è come avere una Ferrari con il freno tirato».

Come vede dunque il futuro?
«Posso dire che siamo nati nel 1974, prima ancora che l’Italia iniziasse a disciplinare i parchi naturali. Abbiamo oltre 90 mila ettari di territorio che offriamo gratuitamente e se riusciamo a cogliere il valore di tutto questo e a investirci potremo essere ancora una volta un caso di eccellenza andando a scrivere una nuova e interessante pagina dell’economia locale».

Oltre alla promozione del turismo avete altri progetti in cantiere?
«Abbiamo delle idee che a questo sono collegate: come lo studio commissionato all’Università statale di Milano sulla presenza di Leonardo nel Parco del Ticino. Sappiamo che è stato a Vigevano e all’Università di Pavia ma non possiamo ancora dire se le sue scoperte siano state influenzate o meno da quanto ha visto nei nostri boschi. Penso agli studi legati al volo, chi ci dice che non abbiano avuto origine proprio qui dove secoli dopo, tra l’altro, è nata l’industria areonautica? Sarebbe grandioso riuscire a realizzare un ecomuseo dedicato proprio a Leonardo e collegato a quello dell’Adda».


Pubblicato il 13 Luglio 2010
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