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Venus

di Marina Mentasti

Il racconto della domenica

Maria aveva lasciato Brindisi in una calda mattina di sole. Avrebbe raggiunto la casa di riposo entro sera. Aveva studiato tanto, sognava un lavoro impegnativo. Ma dopo mille colloqui aveva accettato un contratto di sei mesi per accudire vecchietti capricciosi.
Il paese era piccolo, sperduto nelle valli bergamasche. Il cielo sempre grigio, poca luce fra quei monti così alti. Faceva fatica a capire ciò che le dicevano, con tutti quei suoni gutturali. Nulla di più deprimente! Per fortuna si era portata la sua musica. Quando era in camera l’ascoltava a volume sostenuto, le piaceva che risuonasse per i corridoi.

Lucrezia si era svegliata di cattivo umore quel pomeriggio. Le capitava spesso negli ultimi tempi. La musica catturò il suo interesse. “Venus”: un pezzo che aveva amato tanto. “I’m your Venus, I’m your fire”.
Scorse Maria mentre era intenta a fare il giro delle camere. La chiamò e cercò ogni pretesto per trattenerla. Voleva che le dicesse da dove veniva la musica. Poi iniziò a raccontare: “Un tempo ero molto bella. Avevo trent’anni quando gli Shocking Blue lanciarono questo pezzo. Vivevo a New York, lavoravo per una casa editrice. Ero una“strafiga” come dite voi. Oh, c’è poco da stupirsi: i miei nipoti mi insegnano a parlare così. Facevamo feste e ballavamo, io ero la più scatenata. Proprio su queste note ho conquistato il mio George. Era un giornalista, uno colto, ma incapace di resistere al fascino femminile. Io ero mora, capelli lunghi, tanti… ballavano con me. Ero a Los Angeles, per una fiera quando l’ho incontrato. Venus: me la cantava tutte le volte che ci vedevamo. Ero io la sua Venus. Abbiamo vissuto un’estate da favola, Arizona, New Mexico, i parchi nazionali… Quando è arrivato l’autunno sono tornata al mio paesello, ma non avevo più nulla che mi trattenesse lì. Così sono ripartita, ero ansiosa di fare esperienze, sai?
Questa canzone mi fa venire voglia di ballare anche ora! Ma adesso sono qui, con queste gambe che mi reggono a fatica. Com’è brutto diventare vecchi, perdere la bellezza, l’ammirazione negli occhi degli altri! Ma tu non puoi capire, con la tua faccia da topo… per te sarà meno dura invecchiare, tanto bella non sei neanche adesso”.
Maria la guarda, sa che la vecchiaia è bastarda. Ma perché prendersela con lei? Si gira, alza le spalle: che le importa? La canzone è finita, fra cinque mesi tornerà a Brindisi e di Lucrezia resterà un ricordo sbiadito. Ha vent’anni e tutta la vita davanti a sé. Fa scorrere il replay, Venus riparte, più forte che mai.

Racconto di Marina Mentasti

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Pubblicato il 04 Luglio 2021
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