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L’arpa di Greta Bernacchi, la musica che fa bene all’anima

Le arpe e Greta vivono e lavorano insieme, raramente su palcoscenici o davanti platee affollate, ma soprattutto nelle stanze degli ospedali, nelle aule di scuola, persino in mezzo agli animali. "L’arpaterapia è una scelta sì coraggiosa"

greta bernacchi arpa

Le sue mani sembrano danzare tra le corde, le sue dita lunghe le accarezzano e le fanno vibrare. In quel momento davvero magico, lei e la sua arpa sono un’unica creatura vivente. «È un dare e un ricevere», spiega Greta Bernacchi: «E’ come se mi chiamasse, lo fa fatto per la prima volta che ero un’adolescente, oggi è la mia ala», mostra il suo strumento e ne parla come fosse un prolungamento del suo corpo. Greta condivide una piccola abitazione, al limite del bosco, con un’arpa, anzi due, a cui ha dato nomi precisi a seconda del loro carattere differente: Ginevra e Lullaby, una grande e una più piccola. Le dita di Greta liberano musica che sembra galleggiare nell’aria, note che la sera le puoi sentire fluttuare nel vento che scende dal Campo dei Fiori fino a insinuarsi nei cortili di Luvinate, dove vive. Un evento raro, tuttavia: «Quando stacco dal lavoro, cerco di fare altro, ascoltare magari anche altra musica. Più spesso, amo camminare nella natura, ascoltarla, godermi i silenzi, farmi abbracciare dall’ambiente che mi circonda, a due passi dal mio paese». Le arpe e Greta vivono e lavorano insieme, raramente su palcoscenici o davanti platee affollate, ma soprattutto nelle stanze degli ospedali, nelle aule di scuola, persino in mezzo agli animali. «L’arpaterapia è una scelta sì coraggiosa, ma dettata da una passione che ho scoperto di aver dentro da ragazza». Una festa celtica, un incontro casuale con uno strumento che mai avrebbe pensato potesse avere un’anima: «Tutto è iniziato così, io amavo il teatro, facevo altro: finché, fu l’arpa a decidere la mia vita». Dall’ascolto, allo studio, fino all’incontro con due grandi interpreti, diventate sue maestre: «Ho iniziato a studiare l’arpa in una scuola di musica a Saronno, poi alla Scuola Arpeggi a Bologna, fino a incontrare due vere guide nell’ambito dell’arpaterapia, Cristina Tourin e Marianne Gubri». Ha viaggiato molto in Europa e si è perfezionata a San Diego, in California, proprio alla scuola di Cristina Tourin, un vero e proprio guru della musica “curativa”. «Curativa per l’anima, con la mia arpa io mi occupo delle questioni interiori delle persone». Uno strumento antico, una scelta coraggiosa, non concertistica, ma in un campo totalmente nuovo che in Italia è davvero poco conosciuto: «Come tutte le cose che non si conoscono, anche l’arpaterapia genera un po’ di scetticismo, ma chi riesce ad approcciarsi con apertura mentale arriva a comprendere il valore di questa musica».

Musica e vibrazioni, per vite che finiscono e altre che cominciano

L’associazione varesina “Sulle Ali” l’ha coinvolta in un progetto che la vede spesso varcare la soglia dell’Hospice dei malati terminali dell’ospedale di Varese. Umanizzare un luogo di cura come quello, in cui si tocca con mano quel momento cruciale di un individuo e dei suoi famigliari: tra la vita e la morte. «Ci vuole un approccio molto particolare, io vado da loro in punta di piedi, suonare l’arpa per queste persone richiede preparazione», spiega Greta che, con tutta la sua dolcezza bussa a porte di uomini e donne che non hanno un futuro. «Ti confronti con una realtà che vive al presente. Un giorno dopo l’altro». I suoi occhi rassicurano, offre vibrazioni positive, per chi si aggrappa a ogni ora regalata e cerca la serenità tramite quelle note capaci di portare i pensieri a staccarsi da terra. «Ma non tutti se la sentono. Altri invece si avvicinano e li faccio persino appoggiare all’arpa per farsi attraversare dalle vibrazioni del suono. Una volta, e questa è stata un’esperienza davvero toccante, ho suonato per un malato terminale non udente. Lui si è appoggiato con la schiena al legno dell’arpa e il suo corpo ha sentito così la mia musica». Vivere il presente, perché domani potrebbe non esserci: in due dimensioni, la musica di Greta offre l’ultima prospettiva per guardarsi dentro ed è davvero qualcosa di magico. «Quando cogli la serenità non puoi restare indifferente, spesso però i famigliari attorno non reggono e piangono». Esperienze intense, all’hospice, sono la quotidianità anche per il personale infermieristico e medico: «Anche loro avrebbero bisogno di staccare e di lasciarsi cullare dalla mia musica, almeno per qualche istante». La musica di Greta è una cura palliativa anche per i bambini oncologici dell’Ospedale del Ponte e lo è anche nei casi più estremi. La miglior qualità della vita possibile, minuto dopo minuto, nota dopo nota. I farmaci non possono tutto, c’è un’altra dimensione, quella affettiva, mentale e spirituale che ha bisogno di cure. «E suonando davanti a quelle persone imparo da loro. Con loro, stai nel presente, impari che niente è per sempre. E, anche se è importante mantenere sempre la professionalità, quelle esperienze umane mi rafforzano davanti al dolore. E lì vedo un dolore spesso estremo»: così Greta impara a dare un peso equilibrato a ogni cosa della vita. «Spesso, le giornate di tutti noi sono un correre insensato verso traguardi superficiali, un continuo stress per cose davvero minime di fronte agli aspetti fondamentali. La vita quotidiana, nella nostra società, ci porta a una continua competizione. Un’arpa, uno strumento antico, può offrirti una bella opportunità, quella di fermarti e guardarti dentro. Anche solo per un attimo».

Non semplici strumenti musicali, ma creature vive

L’umiltà la porta a un parlare imbarazzato. Ma questa non è un’intervista e quando alle domande si preferiscono spazi di espressione libera, fatti di sfumature personali e di empatia, Greta e le sue arpe tornano a loro agio e diffondono magia, sensualità, emozioni anche tra le quattro mura della piccola casa di Luvinate, vicino al bosco. E allora il discorso riprende su un terreno amico: «Sì, la musica dell’arpa è una terapia per tutti, dai neonati, agli adulti. Persino per gli animali».

greta bernacchi arpa

Al Giardino di Meo, a Oltrona, in alcune giornate va in scena un’altra magia, ogni volta che Greta va a suonare per gli asinelli: sì, proprio così, e non è un numero da circo, ma la meraviglia della natura, quando li vedi avvicinarsi a lei e alla sua musica, li vedi che ascoltano, che parlano con gli occhi, vivono emozioni. «Gli asini hanno una sensibilità straordinaria, al di là dei luoghi comuni, sono animali anche molto intelligenti, oltre che empatici. Io li adoro e non a caso si trovano a loro agio anche con la mia musica: sono l’emblema della calma. C’è molto da imparare anche da loro, insegnano lentezza. E questo mondo ne ha bisogno». Un po’ celtica, un po’ mistica, Greta è una dea della lentezza e non a caso gli animali interagiscono con lei e i bambini riescono a cogliere il suo segreto meglio degli adulti: «Negli asili nido, nelle scuole, suono ovunque e i più piccoli sono i più sensibili a questa musica e, ovviamente, sono curiosissimi di scoprire l’arpa. Molti bambini non sanno nemmeno più cosa vuol dire fermarsi ad ascoltare, così iperattivi e spesso bombardati da stimoli. Anche la mia musica è uno stimolo, ma io dico loro: rallenta e impara anche ad annoiarti Le giornate non sono scatole da riempire sempre all’infinito». Greta Bernacchi ha 37 anni e lo sguardo di una fanciulla senza età, soprattutto quando parla di Ginevra e Lullaby, i suoi strumenti con l’anima. «Con loro non mi sento sola. Anche quando stanno lì, semplicemente appoggiate al muro. Con loro ho imparato a vivere meglio anche il silenzio, a godere dei luoghi, i tanti luoghi conosciuti durante i miei viaggi, ma anche quelli appena fuori di qui, verso il Campo dei Fiori». Coraggio e forza interiore servono quando si sceglie di vivere di musica e, a maggior ragione, in un Paese che, al massimo, associa l’arpa alla vecchia colonna sonora dell’intervallo della Rai.

La musica è una farfalla, simbolo di rinascita

Greta tuttavia è serena, perché è l’arpa ad averla scelta, come una farfalla sceglie il fiore su cui posarsi: «Ognuno si avvicina a quel che sente vicino a sé. A ognuno il suo strumento e ogni strumento ha la sua natura e la sua magia. Anche per la batteria funziona così». Farfalle, angeli, coccinelle rosse, simboli di rinascita prendono vita nell’immaginazione di Greta mentre le sue dita diffondo pace accarezzando le corde: «Siamo fatti di ombre e di luci, la natura ci parla, la musica anche e ci aiuta nella ricerca della serenità. Io provo a fare questo. Ed è un dare e ricevere, sì: per questo mi sento realizzata».

greta bernacchi arpa

Dare e ricevere: lei suona e i bambini si mettono la mano sul petto, imparando con la musica a sentire come cambia il loro battito del cuore. Lei suona, i bambini disegnano, scelgono colori ascoltando soltanto le proprie emozioni. Lei suona e le persone che vedono la fine, abbracciano la vita per un’ultima volta, dentro alla bellezza di una lacrima. Lei suona e si porta a casa pezzetti di umanità: «Buttar fuori le emozioni, insegno a fare quello e io, almeno in parte, le ricevo. Cercavo la mia strada per arrivare al cuore delle persone. Il futuro è fatto anche di sogni che rimangono nel cassetto. Altri si realizzano e il mio impegno si concentrerà nel diffondere e far conoscere alla gente la magia dell’arpa». Greta ha trovato la sua strada. Le sue mani sulle corde sono ali di farfalla, il suo corpo slanciato quasi non lo si distingue dalla forma elegante dell’arpa, un tutt’uno angelico: musica e silenzi, colori e pensieri liberi, profumo di gelso fiorito e di bosco, mentre là sotto, da Luvinate in giù, c’è un mondo che impazzisce di velocità.

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Pubblicato il 28 Maggio 2023
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