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Corto Maggiore, i registi si raccontano

Quattro giovanissimi artisti, i protagonisti della quarta edizione della rassegna

corto maggiore arona

Cinema protagonista ad Arona, in una piazza San Graziano gremita. Si è svolta, nella serata di giovedì 29 agosto, l’edizione aronese, la quarta, di Corto Maggiore, la rassegna di cortometraggi nata ad Angera ma oramai sviluppata su tutto il territorio del Verbano.Tra gli ospiti quattro registi, tutti giovanissimi, Ludovica ZeddaRodolfo Gusmeroli, Paolo Talamonti e Edoardo Bramucci, autori di pellicole in grado di stupire i presenti per la loro elevata qualità.

La Viaggiatrice di Ludovica Zedda

A tagliare i nastri della rassegna è stato il corto La Viaggiatrice di Ludovica Zedda. Ambientato lungo i “binari della memoria”, tra una clinica ospedaliera e, parallelamente, nella mente della protagonista, su un treno del ventesimo secolo diretto in Francia, La Viaggiatrice ripercorre alcuni momenti vissuti da un’anziana signora malata di Alzheimer, Marta (Paola Magister), accanto alla propria nipote Alice (Federica Ferro). Un cortometraggio emozionante, capace di affrontare in maniera originale una tematica delicata come la malattia attraverso l’arte, il disegno e la memoria. «L’idea è nata all’incirca due anni fa, quando ho scritto la prima stesura della sceneggiatura – rivela Ludovica Zedda –  l’arte facilita a ricordare e solo gradualmente si arriva a scoprire la verità della malattia di Marta. La mia paura infatti era un po’ di cadere nel patetico quindi ho voluto giocare molto sulla delicatezza, come il particolare delle scarpe da ginnastica sul treno – conclude la regista, dedicando il corto metraggio alla nonna -. Si tratta di un’esperienza vissuta con una persona a me cara, malata di Alzheimer. Quello che ho voluto fare è stato dare un punto di vista “positivo” rispetto a una malattia spesso angosciante».

Sturling di Rodolfo Gusmeroli 

Girato a Roma, tra toni pulp e richiami agli anni Settanta, il corto dell’aronese Gusmeroli vede protagonista Domino Sturling (Vincent Riotta), super villain di fama internazionale oramai un po’ in là con l’età e quindi alle prese con un conflitto generazionale, rappresentato dalla nemesi: il giovane e un po’ naïf Copper (Filippo Scarfia). «In Sturling essere supercattivo, così come essere supereroe, è soltanto una cosa detta, accennata. Di fatto non succede nulla di “canonico”. Mi piaceva come “set” per la storia dove volevo che ci fossero dei riferimenti agli anni Settanta, come le ambientazioni di Prova a Prendermi James Bond – dichiara il regista aronese, il quale ha invitato come ospiti della kermesse Talomonti e Bramucci e per questo simpaticamente definito “un mecenate” dai due registi -. Lungo tutto il corto ci sono piccoli dettagli che rimandano a quell’epoca. Così anche per le musiche, composte da Luis Stesso e interpretate da Keemosabe, Janaki’s Place e Leonardo Varsalona». Sturling, già vincitore di cinque premi, oltre al riconoscimento ricevuto a Corto Maggiore Angera, è stato realizzato tramite una raccolta fondi: «Nei titoli di coda ho voluto ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a un lavoro davvero faticoso, con tanti mesi impiegati tra pre-produzione, girato e  post-produzione, resa possibile anche grazie all’aiuto di un mio amico».

Fall in Love di Paolo Talamonti 

Al festival ha preso parte anche Paolo Talamonti, giovane regista delle Marche, autore di Fall in Love. Il suo cortometraggio è un video breve, poetico ed estremamente curato che racconta in meno di tre minuti una storia d’amore vissuta da due ragazzi (Angelica Granato Renzi e Michael Dodi). « L’amore è per me un argomento interessante, affascinante – spiega Talamonti, nato ad Ascoli Piceno, che, come ricorda il giovane regista, Fellini definì una delle piazze più belle d’Italia -. Volevo mostrare questo tema, l’amore, in un modo particolare: raccontare in breve tempo tutte le fasi dell’amore, partendo proprio dall’inizio. Per questo motivo il corto dura meno di tre minuti, siamo attorno a 2:40». Nella realizzazione del corto, Talamonti si è concentrato molto sulla fotografia, un aspetto tecnico a cui tiene particolarmente: «mi ispiro a Lubezki, un grandissimo fotografo naturalista. Prima guardavo il cinema ma non da questo punto. Nel momento in cui mi è stata regalata la prima macchina fotografica ho incominciato a curare le luci. Amando la luce naturale, mi focalizzo molto sul tempo della giornata. Ho cercato di sviluppare la fotografia anche attraverso la storia e le scene, cosa raccontavano».

Nooh di Edoardo Bramucci

Infine, In chiusura della serata è stato il turno di Edoardo Bramucci e della sua ultima fatica: Nooh. Nooh è il nome di un bambino centroafricano ospite in un centro d’accoglienza. Come spesso accade a molti bambini, anche Nooh ha un suo amico immaginario, un fido consigliere capace di difenderlo dalle paure. La curiosità di una bambina, Miriam, riuscirà però a spezzare l’incantesimo di una vita idealmente sicura, nella quale, come direbbe il regista Hideaki Anno, “si raccolgono come biglie soltanto le cose piacevoli”: « Nooh è un nome parlante ma che al contempo (per questioni di omofonia con l’avverbio Italiano, ndr) crea una confusione nel bambino protagonista – chiarisce il giovane regist -. Si crea così una situazione che porta in un primo momento il bambino a scappare, a chiudersi ma poi, grazie a Miriam, Nooh imparerà a superare le barriere, anche quelle linguistiche». Girato a Roma, dove è nato il regista, tra i punti di riferimento per Bramucci ci sono i film di Spike Jonze e Terence Malick: « Nel corto viene raccontata una storia vera, e, per dare uno stile al cortometraggio a mo’ di “documentario”, abbiamo cercato una fotografia prettamente naturalista nonostante l’elemento fantastico, rappresentato dall’amico immaginario come nel film Il paese delle creature selvagge».

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Pubblicato il 03 Settembre 2019
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