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L’alleanza tra impresa e ricerca è possibile, basta rischiare

La spesa italiana in ricerca e sviluppo è ferma all’1,2% del Pil: in un convegno al CCR industria e formazione tracciano il percorso da seguire. Brugnoli (Univa): “Occorre un network di conoscenza”

barcella antonio«Occorre rischiare di più, il rischio è bello!». Finisce con una citazione dal “Fedone” di Platone, il discorso degli industriali lombardi in merito alla sfida della crescita. Le parole sono quelle di Alberto Barcella (nella foto), presidente di Confindustria Lombardia intervenuto nel corso del pomeriggio di oggi, 18 luglio al convegno “Innovazione passaggio per l’Europa” tenutasi al Centro comune di ricerca (CCR) di Ispra.
L’appello di Barcella va agli imprenditori lombardi in primo luogo, ma anche alle università che dovrebbero cominciare a muoversi «accantonando velleitarie ideologie puriste, “sporcandosi le mani” con innovazioni utili all’economia reale». Un punto importante e fondamentale, quello del collante tra ricerca, sviluppo, e investimenti. La spesa italiana in ricerca e sviluppo è ferma all’1,2% del Pil e secondo i dati 2009 dello European Innovation Scoreboard l’Italia è sotto la media europea per tutti gli indicatori dell’innovazione.
«La Lombardia, – ha ricordato Barcella – è leader in Italia per ricerca e sviluppo, con 4 miliardi di euro l’anno pari al 21% del totale nazionale. Ma il primato in Italia ci lascia ben lontani dalla vetta delle classifiche continentali. La nostra regione per esempio è solo al 47° posto su 244 regioni europee per tasso di occupazione nel settore Hi-tec». Come migliorare questo panorama? «Fiscalità di scopo e riordino degli incentivi» dice Barcella, ma anche «ricorrere allo strumento dell’apprendistato per l’inserimento dei giovani tra i 18 e i 29 anni di età».
Il tema dell’innovazione e della ricerca, che passa per istituti di ricerca e università e spesso non si sviluppa nell’economia reale, è stato trattato anche dall’intervento del presidente dell’Unione degli industriali della provincia di Varese Giovanni Brugnoli (foto). «Non esiste più solo il problema, troppo conosciuto, di una ricerca che rimane nei laboratori e che non trova applicazione pratica nelle imprese, ma a volte si affaccia anche il fenomeno di una ricerca italiana che non trova spazi applicativi all’interno dei confini nazionali, bensì all’estero. Non più dunque, solo in rischio della fuga di cervelli, bensì del sapere in quanto tale».
 gianni brugnoliChe fare dunque in un tessuto come quello varesino? «Siamo un territorio ricco di opportunità – dice Brugnoli – che offre la presenza di due università e di un centro di ricerca come quello di Ispra: la vera sfida sarà saper trasferire i saperi tecnologici in progetti concreti volti a migliorare la produttività, la capacità competitiva e la crescita. Di questa “industrializzazione del sapere” esistono importanti esempi di collaborazione tra le Università e alcune grandi imprese, ma è opportuno tenere in considerazione anche le piccole imprese, e per questo dobbiamo pensare a formule nuove, vedi network in grado di mettere a sistema una tendenza al nuovo che è comunque insita nelle nostre imprese»
Il panorama resta comunque complesso in un momento come questo, che vede l’Italia in uno stato di bassa crescita e col rischio delle speculazioni finanziarie. Tutto perduto? No
«Le imprese italiane devono imparare a non dare nulla per scontato dalla crisi – ha spiegato ancora Barcella – : non siamo destinati al declino ma a una nuova stagione di crescita. Gli imprendo tiri lombardi possono uscire da questa sfida».
Le ricette sono legate a due fattori: «andare verso i mercati emergenti e innovare: con basso sviluppo non si procede».

Pubblicato il 18 Luglio 2011
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