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Un viaggio nei (quasi) 100 anni della panetteria di Castello Cabiaglio: dall’impasto al cuore

Da Edo a Aristide Mambrini, fino a Ferruccio che, con uno sguardo al passato e una speranza riposta nel cuore di poter vedere continuare l'attività, ha raccontato la genesi di questo luogo che ancora oggi, in un borgo nascosto della Valcuvia, garantisce socialità e servizi

Era una questione che lo affascinava da tempo: come aveva fatto suo nonno Edo Mambrini, nel lontano 1909, a presentarsi come candidato per gestire il forno comunale di Cabiaglio? Le vecchie carte di famiglia custodite gelosamente nel cassetto, con i loro segreti e le loro storie, potevano fornire qualche indizio.

Questa è la storia della storica panetteria di Castello Cabiaglio, che fra soli due anni compirà 100 anni di attività: da Edo a Aristide Mambrini, fino a Ferruccio che, con uno sguardo al passato e una speranza riposta nel cuore di poter vedere continuare l’attività, ha raccontato la genesi di questo luogo che ancora oggi, in un borgo nascosto della Valcuvia, garantisce socialità e servizi.

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(Edo Mambrini – 1905)

Una cartolina, sgualcita dal tempo e spedita da San Pellegrino, rivelava che nonno Edo aveva parlato con i suoi genitori di “quell’affare di cui tanto avevamo discusso in famiglia”. Era chiaro che si trattava dell’accettazione del contratto per la gestione del forno comunale di Castello Cabiaglio. Ma come aveva fatto a prepararsi per quel ruolo?

La risposta, Ferruccio Mambrini, l’ha trovata tra le pieghe di un’altra cartolina, datata qualche tempo dopo. Un accenno all’esperienza precedente di Edo nel campo della panificazione, un lavoro che avrebbe potuto svolgere a San Pellegrino, nella provincia di Bergamo. Lì, forse come assistente o garzone, aveva imparato i segreti del mestiere, affinando le sue abilità nel preparare il pane.

Ma mentre Ferruccio girava la cartolina, la certezza si faceva più viva: un caffè ristorante in primo piano, un albergo sullo sfondo. Potrebbe darsi che Edo avesse trovato impiego in una di queste strutture, forse come panettiere. E anche se le carte indicavano la sua professione come muratore, non escludevano la possibilità che lavorasse anche nel campo della panificazione.

Il periodo a Cabiaglio come conduttore del forno comunale, dal 1909 al 1912, confermava la sua abilità nel settore. Ma come succedeva allora, la sua professione da muratore lo portava via per lavori stagionali e, come accadeva a molti cabiagliesi, partiva in primavera e tornava per l’inverno.

Il tempo passava e gli anni della Prima Guerra Mondiale arrivarono. Nel 1914, Edo si trovava ancora lontano da casa e sapendo che sarebbe stato richiamato per il servizio militare se fosse tornato a Cabiaglio, decise di rimanere dov’era.

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(Edo Mambrini con la moglie Innocenta)

Ormai a guerra conclusa, nel 1921, Edo fece ritorno a Cabiaglio. Era il momento di costruire il suo sogno. Nel 1922 si sposò con Innocenta e subito si mise all’opera per aprire il suo forno. Come muratore esperto, Edo iniziò a lavorare per la realizzazione del suo progetto: acquistò i materiali necessari, tra cui comignoli di lamiera, terra refrattaria e cemento. E le ricevute dei pagamenti mostrati da Ferruccio, documentano ogni dettaglio, compresi i registri della camera di commercio che ufficializzavano l’inizio dell’attività il 10 marzo del 1925.

«Anche se, nel 1924, come riportato nel libro di Pier Vittorio Buffa, mio nonno aveva già iniziato a lavorare» ha raccontato Ferruccio Mambrini.

Da quel momento, Edo si dedicò con passione alla gestione del forno. Un forno che ben presto diventò il cuore pulsante del paese, il luogo in cui gli abitanti si incontravano, scambiavano chiacchiere e condividevano la quotidianità.

Tuttavia, il destino fu “crudele”. Nel 1932, all’età di soli 47 anni, morì e il figlio Aristide, il papà di Ferruccio, aveva solo sei anni: troppo giovane per assumersi il peso dell’attività.

Fu Pasquale Martinoli, un operaio assunto dalla nonna, a prendere in mano le redini del forno nel settembre del ’32, solo pochi mesi dopo la scomparsa di Edo. «Nel frattempo, la speranza era che mio padre crescesse con la volontà di continuare l’attività di famiglia e di prenderne il comando. Così, finita la quinta elementare fu mandato come garzone a Varese al forno Clerici e non appena fu in grado di gestirsi da solo, tornò a Cabiaglio per continuare l’attività» ha continuato con il racconto Mambrini.

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(Aristide Mambrini e il figlio Ferruccio)

Era il 1942 e aveva solo sedici anni quando Aristide iniziò ufficialmente il suo percorso all’interno del forno. In un paese con poco più di seicento abitanti, il suo lavoro bastava a soddisfare le esigenze della comunità. Ma con il passare degli anni, negli anni ’50 e ’60, Cabiaglio cominciò ad attirare turisti e villeggianti, la popolazione cresceva, e Aristide si trovò a dover affrontare nuove sfide.

«Durante l’estate, quando l’afflusso di persone aumentava, anche io, da adolescente, lo aiutavo a impastare e a sfornare il pane» ha ricordato commosso Ferruccio. Un lavoro duro, faticoso, che i genitori non volevano che proseguisse. Vedevano il peso e la fatica che comportava. Eppure, nonostante le difficoltà, il forno di famiglia rimaneva l’unico punto di riferimento per il paese. Era lì che le persone ormai da anni si incontravano, condividevano momenti, si sostenevano reciprocamente.

«Purtroppo, mia madre morì giovane, a soli 57 anni. Gestiva la rivendita di pane e alimentari, e la sua perdita colpì profondamente mio padre. Ma nonostante il dolore, continuò a gestire il forno fino alla sua pensione». Fino al 1991, fino a quando non incontrò una giovane coppia, Mario Croci e Giusy, gli attuali gestori.

Panetteria Castello Cabiaglio

Oggi, sono Mario e Giusy che portano avanti “l’eredità di famiglia” ma anche per loro è giunto il momento di concludere questo capitolo. Lo faranno il 30 novembre 2023 ma è ormai da mesi che stanno cercando qualcuno che possa sostituirli: «La stanchezza si fa sentire e dopo quasi 32 anni di lavoro e senza mai un giorno di ferie, abbiamo deciso di chiudere. Lo annunciamo con grande anticipo perché speriamo di trovare qualcuno che possa prendere il nostro posto» ci avevano raccontato lo scorso 23 febbraio.

Chiude dopo più di 30 anni la panetteria di Castello Cabiaglio: “Cerchiamo qualcuno che prenda il nostro posto”

Una speranza condivisa anche da Ferruccio Mambrini che, senza sicurezze, se non quelle dettate dal cuore, è quasi “certo” che qualche buona notizia arriverà presto: «Speriamo di trovare delle persone desiderose di proseguire questa attività, tramandata attraverso le generazioni. La notizia della chiusura ha già suscitato interesse anche all’interno dell’Associazione dei Panificatori, speriamo» ha concluso Ferruccio che, in ultimo, si è lasciato andare al racconto di un ricordo particolarmente significativo: «Nella memoria di tutti è ancora vivo un episodio speciale, raccontato anche da Pier Vittorio nel suo libro “La Casa dell’Uva Fragola”. Nel giorno dell’apertura del forno, Edo offrì all’intero paese la prima fornata di pane. Fu un gesto simbolico per celebrare l’avvento della prima panetteria nel paese. E anche mio padre, cultore delle tradizioni, volle che al suo funerale venisse offerta una pagnotta di pane a tutti i presenti. Era un modo per onorare la sua famiglia e la sua comunità, mantenendo viva l’antica usanza di regalare pane e sale a coloro che partecipavano alla cerimonia».

(Video intervista realizzata da Thomas Massara)

 

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Pubblicato il 22 Maggio 2023
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