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L’emozione e lo stupore che offre l’Uganda

Il sindaco Marco Fazio e sua moglie Francesca sono in Uganda per un viaggio solidale che nasce dall'impegno nel GIM

Diario dall'Uganda

Da alcuni giorni Marco e Francesca sono in Uganda all’interno di una missione nella zona di Karamoja. Un’esperienza di viaggio che nasce da tanti anni di impegno nel GIM di Germignaga.

Riprendiamo alcuni passaggi del loro diario.

Il cantiere dell’asilo procede. Conclusi gli scavi delle fondamenta sui lati lunghi, è il momento di gettare il “magrone”. Grazie a Silvio stiamo facendo una sorta di apprendistato da manovali. Con pazienza ci spiega e ci rende, per quanto possibili, attivi e protagonisti. L’allegria di Pinincontagia anche gli operai ugandesi e i bambini che spesso vengono ad assistere i lavori.

Oltre a loro, sono ormai degli habitués alcuni anziani karimojong. Arrivano con il loro immancabile bastone, il tipico “ekicholon“, una specie di seggiolino basso che serve anche da poggiatesta per i momenti di riposo e vestiti con i manti di tessuto scozzese. Uno di loro ci saluta con dei lunghissimi “ejok noooi“, che è uno dei saluti abituali. “Nooi” significa “molto”, e prolungarne le vocali esprime la quantità di quel molto. Insomma, pare davvero contento della nostra presenza, e la cosa non può che farci piacere.

Oltre a lui, c’è un altro uomo che mi colpisce. Ha un aspetto fierissimo, una postura elegante. Rispetto agli altri pare molto più riservato, ci osserva e pronuncia pochissime parole. Mi sorprendo a immaginare chi sia stato, a pensarlo un guerriero in tempi passati. Indubbiamente la barriera culturale e linguistica rimane, e si riesce a scambiare qualche parola solo coi più giovani, che parlano inglese.

Nei giorni successivi i lavori procedono. Per me, che ne so di edilizia come di biogenetica, è affascinante e sorprendente vedere non solo quanto lavoro sia richiesto, ma anche quanta sapienza occorra, tra misure, livelli, piombature. E laddove in Italia ci si farebbe aiutare dalla tecnologia, qui si ricorre alla tradizione, che funziona alla grande e per noi pivelli diventa anche un ripasso di fisica… chi lo avrebbe pensato di approfondire la teoria dei vasi comunicanti per mettere a livello un pavimento con un semplice tubo di plastica riempito d’acqua? Si impara umanità, si impara vita vera. Come ogni giorno, viene da dire grazie per tutto questo.

Diario dall'Uganda

Un po’ avevamo espresso il desiderio, un po’ è stato un vero regalo di padre Marco. Venerdì,  dopo il lavoro mattutino si caricano gli zaini in auto: destinazione il Kidepo valley national park. Una meta forse sconosciuta rispetto a parchi come quello del Serengeti, ma che da tre anni é nella top three della CNN tra i parchi per l’osservazione della Wildlife.

Collocato all’estremo nord est dell’Uganda, richiede varie ore di strada per raggiungerlo. L’obiettivo è quello di arrivare prima del buio – che qui scende intorno alle 19 – in modo da dedicare la mattina successiva alla visita. Lungo la strada osserviamo vari cantieri. Fortunatamente il fondo stradale è stato sistemato da poco, così ci evitiamo per alcuni tratti sobbalzi e buche.

È affascinante osservare il cambio dei paesaggi e anche della gente. Man mano che si procede, i pastori si fanno sempre più numerosi e le mandrie più grandi. Eppure è un immagine che rispecchia solo pallidamente quello che doveva essere alcuni decenni fa. Padre Marco ci dice che al suo arrivo, c’erano 250.000 karimojong per 12 milioni di mucche. Ora la situazione è quasi invertita.

Rispetto ad Apeitolim mi sembra di osservare  condizioni ancora più “primitive”, sia per gli abiti tipici indossati dalle persone, sia per il fatto di vedere in giro vari uomini con arco e frecce. Passando, è usuale salutarsi. Ad un certo punto, Padre Marco usa un termine diverso per rivolgersi a due pastorelli. Alla nostra richiesta, ci dice che li ha salutati al grido di “Uomini!”.  Ed è proprio vero. Questi bambini di 6/7 anni spesso hanno responsabilità e incarichi che da noi hanno solo gli adulti.

Atttaversiamo la Matheniko Bokora Wildlife reserve, che in realtà tutela una fauna ormai scomparsa, e pian piano, passato Kotido, il centro più grande della zona, ci addentriamo in un territorio affascinante, punteggiato di alture vulcaniche e rocce isolate. A me viene da pensare al Re Leone, a Francesca alla Valle Incantata del cartone animato.

Scorrono le città, o meglio i villaggi…Kotido, Kapedo, Kaabong, Karenga.  Eccoci arrivati al parco dopo quasi sei ore in auto. Dopo la cena ci sistemiamo in un piccolo bungalow che ricorda le costruzioni tradizionali. A letto presto, alle 6.30 ci attende il game ranger.

Il mattino dopo facciamo la conoscenza di Jimmy, da Gulu, che ci guida alla scoperta del parco. È un’area immensa, di 142000 kmq.

Da subito una grande sorpresa: una leonessa ci attraversa la strada. È talmente inusuale che anche il ranger è stupito. Bella ed elegante, non ci degna di uno sguardo e si addentra nell’erba altissima della savana. Si ferma indecisa, quasi per farsi osservare, ma senza mai guardare indietro.

Da lì in avanti è un susseguirsi di stupori, tra gazzelle di ogni tipo, zebre, facoceri, fino ad arrivare agli elefanti, le giraffe e un coccodrillo. Siamo felici come bambini.

Sempre a Kanawat è toccante passare per una preghiera sulla tomba di padre Mario Mantovani, ucciso il 14 agosto di 15 anni fa.

A Kanawat fino a poco tempo fa operava padre Piero Ciaponi,  che ha avuto un ruolo di grande rilevanza nel tentativo di mettere pace tra le diverse fazioni degli Jia. Padre Marco dice che l’ascendente del padre era tale che gli stessi karimojong non facevano una riunione senza la sua presenza.

Il rientro in missione è un po’ un ritorno a casa. Si è grati per quanto visto, ma anche lieti di ritrovare i volti amici di Silvio, Stefano e Pinin, come quelli di Assunta Rosaria ed Esther, che sono un prezioso aiuto per la missione.

Al rientro passiamo dalla missione di Kanawat.  Un passaggio importante per chi come noi è legato al Gruppo Impegno Missionario di Germignaga. La pala a vento ancora presente vicino la scuola primaria è stata una delle prime realizzazioni del gruppo, il cui nome si poteva leggere sul manufatto fino a poco tempo fa. Ci emoziona e inorgoglisce sentirci parte di questa storia.

Per chi volesse seguire Marco e Francesca

Il Blog: ticket2smile

Come contribuire: Buonacausa

Su Varesenews: periodicamente pubblicheremo alcuni racconti e foto. Inoltre Francesca, nel periodo di viaggio, gestirà l’account Instagram del giornale

 

Pubblicato il 17 Agosto 2018
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