L’hub di Schiranna mancherà a tutti: “Orgogliosi di quello che abbiamo fatto”
Sei mesi, duecento giorni e oltre 350.000 persone transitate. Numeri che descrivono la complessità del centro vaccinale che sta per chiudere. Nelle voci dei suoi protagonisti il valore di uno sforzo storico
“Oggi è una giornata importante per la città”. Così il 3 aprile scorso , il sindaco di Varese Davide Galimberti salutava l’apertura del centro vaccinale della Schiranna. Un campo allestito dall’Esercito italiano, gestito dalla Protezione civile e affidato all’Asst Sette Laghi per svolgere l’attività vaccinale.
Da quel sabato di aprile sono passati più di sei mesi, oltre 350.000 persone arrivate ( e tornate) per ricevere il vaccino, visto come la fine dell’incubo pandemico.
LA SCELTA DEL PIAZZALE DI SCHIRANNA
Regione Lombardia, con l’unità di crisi diretta da Guido Bertolaso, aveva voluto un centro ampio, raggiungibile facilmente, dotato di parcheggio adeguato per contenere flussi importanti di persone. Il Comune aveva indicato alcune aree e quella del piazzale Roma di Schiranna era sembrata a tutti la più adeguata. Poi era arrivato il via libera del Ministero della Difesa al coinvolgimento dei militari che in due settimane allestirono l’intera struttura.
LA CITTADELLA COSTRUITA SU TRE TENDE
Quindi la Protezione civile di Varese si fece carico di arredare gli ambienti, sviluppare i collegamenti, sistemare il fondo dove creare la nuova cittadella: due tende vaccinali con zona di accettazione, area medica e spazio per i 15 minuti di osservazione prima dell’uscita, oltre a un’ulteriore tenda dove i volontari di 13 associazioni diverse si sono dati il cambio per accogliere, informare a volte confortare chi arrivava, e ancora uno spazio esterno che è andata via via completandosi per migliorare le piccole criticità che emergevano.
LE CHIAMATE SCAGLIONATE PER ETA’ E PATOLOGIE
Sei mesi che rimarranno impressi in quanti vi hanno lavorato nei diversi ruoli. Settimane dove si è ritrovato il senso della collettività, la condivisione di ansie, paure e speranze dopo quindici mesi di pandemia.
I primi ad arrivare erano stati gli anziani, gli over80 entusiasti per quel vaccino che poneva fine al loro isolamento da figli e nipoti, poi i fragili con famigliari e accompagnatori, quindi è stata la volta della popolazione chiamata per fasce di età: i settantenni, poi gli over60, i cinquantenni e a scalare fino ai minori convocati da fine luglio per poter rientrare a scuola in sicurezza.
Il ritmo di lavoro è stato molto elevato per lunghi mesi: prime e seconde dosi, vaccini differenti, imprevisti, decisioni nazionali che scompaginavano piani e programmi. Poi le intemperie a mettere a dura prova la macchina organizzativa. La consegna dei vaccini all’ultimo minuto, i cambi turno al volo.
L’ESPERIENZA DI UNA VITA PROFESSIONALE
Una strada accidentata percorsa, però, con entusiasmo come racconta la dottoressa Augusta Diani, responsabile della campagna vaccinale di ASST Sette Laghi : «Il risultato maggiore è quello di aver creato una macchina poderosa e perfetta, coinvolgendo professionisti diversi, che non si conoscevano. Ognuno ha portato la sua esperienza, creando un’armonia impensabile. Ci sono stati momenti bui, criticità pesanti. Siamo passati dal calore degli anziani riconoscenti, al disagio di chi voleva precedenze senza averne diritto, fino agli attacchi di chi pretendeva da noi comportamenti illegali. Un’umanità così complessa a cui, comunque, abbiamo fatto fronte senza mai perdere il senso del nostro lavoro e il gioco di squadra. Una grande squadra che mi mancherà. È stata l’esperienza di una vita professionale che non dimenticherò e credo che valga per tutti. Le tende smontate ci lasceranno un vuoto perchè questo hub era diventata una grande casa per tutti noi. Una macchina che doveva produrre tanti numeri ma senza dimenticare l’umanità. È comunque un momento difficile la vaccinazione covid e la nostra attività a supporto di un processo di superamento della fase critica ci rende orgogliosi di Schiranna e del nostro lavoro».
Medici, infermieri, OSS uniti tutti dallo stesso obiettivo dettato ogni mattina nella riunione delle 7: «Schiranna è stata un’esperienza unica per tutte le figure sanitarie- commenta la coordinatrice infermieristica Elisabetta Ferla – abbiamo imparato a lavorare insieme e a capirci nelle diversità. Abbiamo vissuto tante emozioni che ci hanno ripagato delle ansie vissute nel momento più buio del covid, quando eravamo impegnati nei reparti accanto a chi soffriva per il Covid. È stata un’esperienza umana impagabile».
La chiusura di Schiranna viene vissuta anche come la fine di un lungo e difficile periodo: «Penso alla tristezza di momenti di sconforto quando questo virus sembrava invincibile. Poi abbiamo visto la luce con l’arrivo del vaccino – commenta la dottoressa Manuela Boschi responsabile del centro di Rancio Ralcuvia- e siamo stati chiamati alla guida di questa macchina che si è messa in moto con grande determinazione per arrivare ai risultati sperati. Oggi si chiude una parte di attività ma non è finita. Per noi non è ancora il momento di mettere la parola fine».
Non è la fine ma non si brancola più nel buio della pandemia anche grazie alla reazione intensa da parte di tanti e diversi enti istituzionali e non. Per il direttore dell’Asst Sette Laghi Gianni Bonelli tutta la gestione della pandemia è stata la più grande e impegnativa sfida affrontata, ma anche quella che ha restituito grandi soddisfazioni professionali e umane: « Ne vado orgoglioso. Abbiamo fatto parte tutti di un’impresa straordinaria: i nostri operatori ma anche l’intero territorio raggiungendo risultati che oso definire eccezionali, evidenziati anche da tanti encomi e ringraziamenti che ci sono giunti direttamente da più parti».
I QUINDICI GIORNI DIFFICILI DELLA PROTEZIONE CIVILE DI VARESE
Quel piazzale così vivo, intenso e variegato mancherà anche al coordinatore della Protezione civile di Varese Gianluca Gardelli : « È stata un’esperienza che porterò sempre con me, nata in un momento d’emergenza in cui occorreva dare un segnale forte. E quel bisogno di reagire è stato recepito da tutti, istituzioni e cittadini. È nata una collaborazione spontanea: i militari hanno dato supporto fondamentale e ci hanno mostrato con il loro rigore un modello. Attorno a questa realtà è sorta una grande energia positiva, una voglia di partecipazione e di mettersi a disposizione encomiabile. Tantissimi i volontari che sono venuti a dare una mano, impegnandosi senza sosta. I giorni più difficili sono state le due settimane precedenti all’inaugurazione quando siamo stati chiamati a progettare qualcosa che non aveva precedenti per rispondere a un compito che non si era mai affrontato prima. Una volta partiti, ci sono stati ancora alcuni momenti drammatici come i due allagamenti, alcuni problemi tecnici ma tutto superato grazie alla grande sinergia e la voglia di risolvere. Da lunedì prossimo sarà triste veder smantellare questo centro. Si partirà da impianti e arredi e poi le tende. Infine ci sarà il piazzale da sistemare con 3000 metri cubi di materiale, portato per allestire la base del campo e che ora andrà smaltito».
LA GRANDE GENEROSITA’ DEL MONDO DEL VOLONTARIATO
Il volontariato è stato un tassello importante, una ricchezza di ore regalate che hanno fatto la differenza. Prima i ragazzi dei Ghe Sem in maglietta fucsia, presenti con il freddo, sotto la pioggia battente, nel gelo dei primi giorni di un aprile ancora invernale. Superato l’ingresso gestito da militari e protezione civile si arrivava al tendone dell’accoglienza con i volontari di 13 associazioni diverse che ruotavano dalle 7.30 del mattino alle 20 per verificare la correttezza dei documenti, rispondere alle domande, filtrare richieste e lamentele. Sei postazioni per ciascun turno nei mesi di massima attività con 20 linee vaccinali e poi 4 postazioni da giugno e le attuali 2 per accogliere le 500 richieste quotidiane di questa ultima settimana di apertura. «Abbiamo coordinato l’attività 13 associazioni – commenta la presidente della Fondazione Il Ponte del Sorriso Emanuela Crivellaro – È stata un’esperienza umanamente forte sia per la motivazione sia il per compito a cui eravamo chiamati. Abbiamo accolto, indirizzato e accompagnato persone anziane, persone fragili e fragilissime ma anche ragazzi giovanissimi. A volte arrivavano spaventati oppure arrabbiati perchè costretti a fare il vaccinio: noi abbiamo fatto da primo filtro, contenendo l’emotività per prepararli alla fase successiva. Ci siamo sentiti parte di un esercito, armati di sorrisi, pazienza e tanto ascolto verso chi cercavano conforto e una parola di sostegno. Non siamo mai mancati, nessun turno è rimasto scoperto e questo grazie a 70 volontari che si sono messi a disposizione. Ci siamo sentiti davvero parte di una squadra, che si è conosciuta sul campo e ha imparato a lavorare insieme nelle diversità. Ricorderò sempre la sinergia che si è creata con i soldati, così diversi da noi ma animati dai nostri stessi sentimenti di servizio. Dopo i primi momenti di confronto, si è creato un clima di grande collaborazione».
Da lunedì prossimo le tende verranno smantellate. In un paio di settimane, piazzale Roma tornerà a essere il grande spazio sterrato. Quello spazio che per i varesini è sempre stato l’area Luna Park ora verrà ricordato con maggior affetto, simbolo di rinascita dopo il periodo più difficile della sua storia.
Rimarrà scolpito nella memoria di tutti quel centro in riva al lago, dedicato a Giuseppe Zamberletti, un nome che ha portano bene.
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