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Campagnuolo: “Ci lasciamo alle spalle anni difficili consapevoli di aver dato il massimo”

La pandemia è stata, per l'assessore uscente ai servizi sociali, la sfida più dura degli ultimi anni: «Ci ha costretti a rivedere le priorità ma i progetti importanti sono proseguiti"

Antonio Campagnuolo angera

Né rassegnato né persuaso. È più amarezza quella che porta con sé, a mandato interrotto, Antonio Campagnuolo, assessore comunale ai servizi sociali e allo sport della giunta guidata dall’ormai ex sindaco di Angera, Alessandro Molgora.

Campagnuolo era al suo secondo mandato e a distanza di alcune settimane dalla caduta dell’amministrazione prova a tracciare le fila di quanto realizzato in questi anni e soprattutto di quelle che in questo momento, mentre il comune è commissariato, sono ancora le partite aperte. Partite che si giocano su più fronti, dall’associazionismo al welfare territoriale, dallo sport all’integrazione, dal supporto alla popolazione più anziana fino alle persone più fragili. «È “comunità” per me il termine alla base dell’azione politica – spiega – e purtroppo la comunità è anche quella che più risentirà delle conseguenze di quanto accaduto in comune, anche se si andrà presto a elezioni».

L’assessorato ai servizi sociali è uno degli incarichi più difficili e più delicati, tanto nei grandi quanto nei piccoli centri. Ma in questo mandato per le amministrazioni locali lo è stato ancora di più, chiamate a rispondere a un’emergenza senza precedenti: «Ci siamo lasciati alle spalle degli anni devastanti, quelli segnati dalla pandamia – sottolinea l’ex assessore -. Per il nostro comune e per me che ho vissuto in prima fila quei momenti è stata una sfida durissima. La cittadinanza aveva bisogno di risposte e di rassicurazioni, noi a fatica abbiamo cercato di fare il possibile per intervenire su tutti quei fronti dove potevamo fare qualcosa, come il supporto economico, i buoni alimentari e la gestione dei casi di positività con tutto quello che ne derivava, soprattutto durante le prime due ondate. È stato un periodo che mi ha segnato e ha richiesto uno sforzo incredibile dal punto di vista pratico e operativo ma anche emotivo». 

Il Covid ha rivoluzionato anche diversi progetti che l’amministrazione stava avviando, stravolgendo le priorità. Ma non ha fermato tutto: «Da un lato per quanto riguarda ciò che era di mia competenza, ho voluto continuare a fare sensibilizzazione su alcune tematiche che ritengo fondamentali per una comunità: come ad esempio la lotta alla violenza sulle donne, la promozione dell’integrazione e la protezione delle persone anziane e sole dai possibili rischi, come ad esempio le truffe a domicilio. Per questo anche nei momenti più complessi abbiamo organizzato incontri con esperti e testimonianze per promuovere la cultura sulle tematiche sociali. Ma una delle risposte migliori che possiamo dare alle nuove sfide delle comunità locali è quella dell’aggregazione: in questi anni ho cercato di improntare il mio lavoro su questo aspetto e sulla creazione di collaborazioni qualificate. Come ad esempio quella con la cooperativa che gestisce il Centro anziani per il quale mi sono impegnato affinché avesse una gestione più strutturata e professionale, fino al sociale vero e proprio, ad esempio con la progettualità al fianco della Caritas territoriale. Un’altra iniziativa di cui vado fiero e che si colloca in un più ampio discorso di riqualificazione dei quartieri periferici è il sostegno alla creazione della “casetta pop up”, un luogo dedicato alle attività dei bambini e delle famiglie nella zona dei Baranzitt. Anche in questo caso l’attività è stata portata avanti in collaborazione con la cooperativa che ha curato il progetto. Abbiamo poi introdotto uno sportello comunale dedicato alle famiglie che hanno situazioni di disagio legate ai minori proprio per rafforzare l’attività dei servizi sociali che spesso è caricata di altri impegni di carattere tecnico e burocratico. Le responsabilità che gravano su questi uffici sono molte più di quanto si possa immaginare e in un certo senso anche la demografia non aiuta. Farsi carico delle persone più fragili, ad esempio, non vuol dire soltanto pensare a coloro che soffrono economicamente o per una disabilità, ma anche a quelli che potrebbero ritrovarsi in situazioni spiacevoli. Per esempio gli anziani: ad Angera ci sono 1600 persone con più di settant’anni, novecento delle quali hanno un nucleo familiare minimo, vivono cioè da soli. In molti casi ci sono i parenti più prossimi a supportarli, ma in tanti altri casi no e il comune si deve preoccupare anche di queste situazioni».

Sul fronte dello sport infine Angera soffre in parte di una carenza di strutture.Ci sono realtà che sono riuscite a ritagliarsi degli spazi adeguati, anche con investimenti considerevoli sia pubblici che privati, ma anche molte altre che si alternano nell’utilizzo delle palestre delle scuole, a volte con i relativi limiti: «Una delle poche cose che avevo inserito nel programma elettorale di questi anni e che non sono riuscito a realizzare è la creazione di un nuovo centro sportivo o comunque di nuovi spazi da dedicare alle associazioni ma è uno dei progetti che se ci saranno le condizioni mi piacerebbe portare avanti».

Le condizioni di cui parla Campagnuolo fanno pensare a una volontà di continuare riproponendosi agli elettori: «In questo momento non c’è nulla di deciso, ma credo che, come auspicato anche dal sindaco Molgora, sia auspicabile per la cittadinanza avere persone che abbiano voglia di impegnarsi per il bene comune. Per il momento mi voglio limitare a ringraziare tutte le persone con cui ho lavorato in questi anni, dalle associazioni ai volontari, dai colleghi di tutta l’amministrazione ai dipendenti. Sono loro i veri pilastri del nostro comune».

Maria Carla Cebrelli
mariacarla.cebrelli@varesenews.it
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Pubblicato il 18 Gennaio 2023
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