Una riflessione sul territorio: “Investire sulla montagna per salvare anche la pianura“
Considerazioni sullo stato delle nostre montagne (in particolare quelle di confine, nel Luinese) da parte dell'agronomo Valerio Montonati. “Agricoltura di montagna indispensabile per garantire la cura del territorio"
I politici italiani sono famosi nella dimensione domestica ed oltre confine per lanciare proclami di ogni genere gridandoli per le piazze come gli straccivendoli di una volta, più frequentemente ormai, essendo considerata obsoleta quella modalità verace – genuina di comunicazione, negli studi televisivi, sovrapponendosi, come ormai è tradizione stomachevole, l’uno/a all’altro/a con grida e strilli che fanno desistere anche l’ascoltatore più paziente indipendentemente dal suggerimento di qualche raro spunto interessante e ben argomentato o, più comunemente, dalle scemenze che vengono proposte ai telespettatori. I periodi pre elettorali sarebbero, in genere, quelli più propizi per coinvolgere il pubblico in questi comizi, ma trovandoci, di fatto, costantemente in procinto di votare (chi, almeno, non ha ancora perduto ogni speranza di un qualsivoglia buon governo a qualsiasi livello), la bagarre televisiva è sempre all’ordine del giorno e della notte.
Il tema della tutela della montagna compare di frequente sponsorizzato dagli immancabili dissesti territoriali in seguito agli intensi eventi atmosferici correlati con il periodo caldo che stiamo vivendo. Dai Ministri della Repubblica a scendere fino agli assessori locali di valli e monti, tutti si riempiono la bocca di motti del tipo: occorre investire grandi risorse economiche per consolidare i territori montani con le vallate e le successive pianure; oppure : senza un adeguato presidio delle montagne il territorio è a rischio; ed ancora: l’agricoltura di montagna è indispensabile per garantire la cura del territorio; per finire : la risorsa forestale va valorizzata al massimo visto che è anche un enorme serbatoio in cui fissare la CO2; e, “Dulcis in fundo” : la presenza turistica è un’occasione unica per valorizzare e tutelare le montagne ….. Queste belle e sacrosante proposte, che ho indicato ed approfondito più volte nei miei interventi scritti sulla sana e corretta gestione delle aree alpine e prealpine, non trovano, in genere, rispondenza nelle azioni concrete della politica, specialmente quella locale. Tralascio, per carità, di analizzare gli infiniti ostacoli che gli enti preposti spesso oppongono ai rari paladini che vorrebbero confrontarsi con le asperità offerte da crinali rocciosi e pascoli scoscesi, soccombendo alle insidie insite nella famigerata burocrazia od al semplice timore che i fondi comunitari (quelli sì veramente consistenti) non vengano ben impiegati rischiando così, ad ogni giro, di perderli in favore di concorrenti più coraggiosi.
Gli investimenti diretti da parte dei comuni di montagna e delle Comunità Montane volti a tutelare il territorio dal dissesto idrogeologico oppure a favorire il trasferimento delle giovani generazioni sui versanti ove possano trarre di cui vivere (se non proprio prosperare) ovvero rifondare un’agricoltura in quota per quanto “Eroica” (ormai morta e sepolta da decenni con baite ed alpeggi abbandonati già dall’ultimo dopo guerra) o assicurare una conveniente filiera bosco – legname, ovverosia incentivare la presenza turistica nelle sue variegate forme, sono relativamente poco frequenti e, in ogni caso, assolutamente insufficienti per conseguire dei risultati apprezzabili in questi territori per loro natura inospitali.
Nel corso delle mie recenti escursioni sul monte Lema, per monitorare la stagione micologica (che sta ritardando di una decina di giorni sulle mie previsioni avendo evidentemente sopravvalutato l’andamento climatico da metà luglio ad oggi), se ho potuto constatare positivamente gli interventi forestali lungo la provinciale che conduce a Curiglia con il taglio di molti alberi che incombevano minacciosi su questa strada essenziale per i collegamenti con un paese così remoto, una sorta di “Ultima Thule” circondata dalla foresta e pronti a schiantarvisi al primo fortunale, ho anche dovuto constatare che strade forestali come quella che da Viasco giunge alla vecchia “Casetta gialla” (già base della forestale durante le mirabili opere di forestazione avviate fin dal primo abbandono di quei versanti) che già ebbi modo di ristrutturare parecchi anni fa in collaborazione con il caro e compianto amico Domenico Martinoli, oggi giace in uno stato di abbandono imbarazzante.
Infatti la pista non è, attualmente, carrozzabile con i mezzi forestali quando a suo tempo, almeno fino agli ultimi interventi in faggeta successivi ai lavori di sfollo sulle abetine poste in essere dal CFS negli anni ‘50 sul versante dell’alpe Cortetti uscivano fior di carri carichi di faggio. Ugualmente lo storico sentiero che corre in curva di livello che collega l’alpe Cortetti con l’alpe Rattaiola risulta interrotto da un imponente rovesciamento di abeti, frassini e betulle ribaltati un paio di anni or sono da una tempesta con annessa tromba d’aria, condizione che è stata certamente segnalata alle autorità da più persone : fungiatt, cacciatori o semplici escursionisti che siano stati. Dov’è la Comunità Montana? Di cosa si dovrebbe occupare se non delle montagne e dei suoi luoghi più impervi? Possibile che non si trovino le poche risorse necessarie per rendere costantemente fruibile quella pista forestale (ma anche tutte le altre) o quel sentiero storico, insieme ai tanti altri del locale reticolo antico, che molti escursionisti (e non solo fungiatt o cacciatori) frequentano a piedi o con mountain bike? Considerato che il comune, con le proprie scarse risorse (per di più impegnato a restituire una funivia attiva al servizio del famoso borgo di Monteviasco), già resiste impavido con i suoi eroici abitanti in un ambiente sempre più ostile ma nonostante tutto ancora molto frequentato dagli amanti di questi luoghi, credo spetti all’Ente montano intervenire prontamente al fine di restituire la viabilità forestale pienamente alle proprie funzioni con fondi propri o, eventualmente, con quelli disponibili sul PSR (se vi siano misure specifiche) o, infine, battendo cassa presso Regione Lombardia che certo non si sottrarrà alle proprie responsabilità nel tutelare i monti di confine, se non altro per non sfigurare rispetto agli amici vicini del Canton Ticino.
Del resto per quanto concerne la pista di Viasco, a parte due o tre punti, in prossimità di riali secondari (ma in grado di gonfiarsi enormemente durante le feroci buriane di oggi con grande trasporto di materiale roccioso anche di notevole dimensione, per altro adatto proprio ad essere reimpiegato in loco) in cui sarà necessario ricostruire il tratto di valle della pista con adeguate scogliere (prima che il tutto frani inesorabilmente a valle facendo sparire completamente porzioni della pista), mentre a monte sarà opportuno realizzare delle briglie in serie così da contenere il trasporto solido più consistente, sarà sufficiente liberare con costanza la pista dalle colate pietrose meno importanti e dagli alberi schiantati. Riguardo il vecchio sentiero del Cortetti penso che una squadra di tre persone esperte ed armate di motosega potrebbero liberarlo in paio di giorni o tre magari reimpiegando parte dei tronchi per consolidare quella cinquantina di metri o poco più sia monte che a valle. Concludo ritornando sui lavori in esecuzione lungo la S.P. 6 facendo presente che i tratti lasciati scoperti dagli abbattimenti e, pertanto, in balia delle piogge intense che non si faranno attendere, dovranno, a mio parere, essere esaminati attentamente ed adeguatamente protetti al fine di non avere sorprese .
Valerio Montonati Agronomo
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