Il gusto e la qualità del vino angerese: il Sebuino conquista l’aperitivo al buio di Materia
Francesca Berrini dell’Azienda Agricola Cascina Piano racconta a Materia l’identità dei suoi vini, nati ad Angera e già pluripremiati. “Il nostro vino è il riflesso della terra e della nostra storia”

Il Sebuino, vino rosso angerese dell’Azienda Agricola Cascina Piano Sas, è stato protagonista dell’ultimo “Aperialbuio”– la degustazione alla cieca ospitata da Materia in collaborazione con Slowfood. Il vino è stato proposto da Francesca Berrini, figlia di Franco Berrini, fondatore della storica azienda vinicola di Angera, affacciata sul Lago Maggiore.
Ci racconta cosa avete proposto per l’Aperialbuio?
«Abbiamo portato uno dei nostri vini rossi, il Sebuino, perché le nostre terre sono particolarmente vocate per i rossi. Ne produciamo quattro: due più giovani e freschi, ideali per l’aperitivo, e due nebbioli più strutturati. Il Sebuino, in particolare, è un rosso IGT della vendemmia 2022: base Merlot, con un taglio di Croatina, Vespolina e Barbera. Ha profumi intensi di terra e sottobosco, bacche come il mirtillo e frutta rossa croccante, una speziatura interessante data dalla Vespolina e una freschezza finale che arriva dalla Barbera. È molto versatile a tavola».
Il nome Sebuino ha un suono particolare. Da cosa deriva?
«Dal nome celtico degli antichi abitanti di Angera, i Sebuini. Tutte le nostre etichette hanno un legame con il territorio: sul fronte, un dettaglio artistico, come un affresco della Chiesa di Sant’Alessandro; sul retro, frammenti di storia locale e una frase in dialetto. Per il Sebuino, ad esempio, abbiamo scelto una filastrocca popolare: “Veja Tontona”, la storia di una vecchietta che scende in cantina e scopre il vino e non smette più di berlo».
Quando è nata l’azienda e come si è sviluppata nel tempo?
«L’Azienda Agricola è nata nel marzo 2003 su iniziativa di mio padre, Franco Berrini. Era appena andato in pensione, aveva ricevuto in eredità dei terreni e ha deciso di riportare il vino ad Angera, dove un tempo era molto diffuso. Insieme ai suoi soci Agostino Baranzini e mio zio Piergiorgio Fabiani, ha avviato il progetto. Ora stiamo entrando in una nuova fase: io sto prendendo sempre più parte, con l’obiettivo di crescere ulteriormente in qualità, piantare nuovi vigneti e continuare a produrre vini che parlino del nostro territorio».
Quindi si può dire che è un’azienda familiare a tutti gli effetti?
«Sì, oggi lavoriamo in tre: io, mio padre Franco che è ancora l’amministratore, e David, il nostro collaboratore. Mio marito Alberto ci aiuta nel tempo libero. È un progetto familiare curato in ogni dettaglio.»
Quali sono i vostri vini e cosa li rende così apprezzati?
«Produciamo quattro rossi, due bianchi, un rosato e un vino dolce muffato. Il nostro Primenebbie, un nebbiolo in purezza affinato quattro anni, ha vinto nel 2022 la Rosa d’Oro dell’AIS Lombardia, massimo riconoscimento regionale. Nel 2023 è toccato al Mott Carè, vino dolce muffato che ha conquistato nello stesso anno sia la Rosa d’Oro di AIS Lombardia (ViniPlus di Lombardia) che le Quattro Viti sulla guida nazionale Vitae di AIS Italia. Sono riconoscimenti prestigiosi, che confermano la qualità e l’identità dei nostri vini. Vogliamo che nel calice si senta la terra di Angera.»
«I nostri vini sono il frutto di un legame profondo con terra, storia, famiglia. Chi beve un nostro vino, beve un pezzo di Angera», conclude Francesca Berrini.
Accanto alla produzione di vini di qualità, fate anche accoglienza in vigna?
«Sì, l’enoturismo è in forte crescita per noi. Siamo in una zona splendida, tra la Rocca di Angera e il Lago Maggiore. Organizziamo visite, degustazioni, eventi. La bellezza del luogo si riflette anche nel bicchiere».
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