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Il “sistema Marocco” che controlla i boschi della droga nel Nord di Varese

Resistenza fisica, preparazione a volte anche militare, turnover e provenienza dalla stessa città: la carta d’identità dei pusher

Generico 02 Jun 2025

La vanghetta per scavare una piazzola in un posto inaccessibile, così da costruire un giaciglio per passare la notte. La capacità di correre in aree con forti dislivelli, spesso in condizioni climatiche estreme, sia al freddo che al caldo. In alcuni casi, una preparazione militare per gestire la piazza, maneggiare armi, esercitare capacità di offesa e usare metodi violenti per punire.

E un nome, che gli investigatori hanno presto imparato a riconoscere, perché comune tra molti dei fermati: Béni Mellal, la stessa città del Marocco da cui provengono gran parte dei pusher che gestiscono una delle piazze di spaccio più grandi della Lombardia, situata nel nord del Varesotto, incastonata tra il Campo dei Fiori e il Lago Maggiore, sfruttando gli avvallamenti tra le Prealpi della Valcuvia e della Valtravaglia.

È la “carta d’identità” dei pusher via via fermati. La maggior parte arriva direttamente dal Marocco, da una zona con caratteristiche orografiche simili a quelle del nostro territorio: alture, clima, vegetazione. Vengono messi “in batteria” e, dopo due o tre settimane, rimpatriati o spostati altrove. Una strategia che rende difficile definire le responsabilità penali individuali, che per definizione sono personali: a chi far corrispondere, ad esempio, la figura che riceve ed elabora gli ordini dei clienti tramite messaggi vocali su WhatsApp o social network?

C’è poi un’altra schiera di disperati reclutati nelle grandi aree urbane, in particolare Milano. Diversi permessi di soggiorno sequestrati durante i procedimenti giudiziari hanno dimostrato che il reclutamento avviene soprattutto nella zona di San Siro. La paga: 50 euro al giorno.

I pusher portano con sé poca roba, quasi nulla, che viene consegnata direttamente in strada al cliente, per poi rientrare subito nel folto del bosco. Sono armati in modo leggero, di solito con coltelli, ma possono disporre di armi più pesanti nei momenti di crisi, quando bisogna difendere la piazza da altri gruppi o da clienti che tentano di fare i furbi o ribellarsi.

Un’organizzazione simile a quelle militari, al centro del convegno di venerdì a Varese, proprio su questo fenomeno, durante il quale gli inquirenti hanno chiesto misure più incisive per contrastare con efficacia questa forma di criminalità organizzata nei boschi del nord Lombardia.

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Pubblicato il 06 Giugno 2025
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