“Inquinanti eterni minacciano il Lago Maggiore”: l’analisi del Tavolo per il Clima di Luino
Sono i PFAS, sostanze chimiche pericolose, presenti da anni nelle nostre acque. A raccontare cosa sono, perché rappresentano una minaccia, chi ne è responsabile nella produzione, la situazione in Italia, e se esistono possibilità di eliminazione Giorgio Ferri
(A cura di Giorgio Ferri del Tavolo per il Clima di Luino)
Una sostanza chimica pericolosa è presente da anni nelle nostre acque. Anzi, pericolosissima. Anzi, presentissima. Ha un nome strano: PFAS e va tenuto molto presente, perché inquina in maniera grave, fra gli altri, il fiume Po e il Lago Maggiore. Vedremo insieme cosa sono i PFAS, perché sono pericolosi, chi li produce, qual è la situazione dell’Italia e se è possibile liberarsene.
Cosa sono i PFAS?
I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) sono composti chimici costituiti da catene di atomi di carbonio a cui sono legati atomi di fluoro (se ne conoscono alcune migliaia), vengono prodotti dagli anni ‘50 ed essendo di basso costo hanno numerose applicazioni: tessuti impermeabili, schiume ignifughe, cosmesi, packaging, dispositivi medici, pesticidi, materiali per l’edilizia, pentole antiaderenti, prodotti per la pulizia e l’igiene personale. Sono considerati inquinanti eterni per la stabilità del legame chimico tra fluoro e carbonio su cui si basano che li rende resistenti ad altissime temperature.
Perché sono pericolosi e come è stato dimostrato?
I PFAS sono pericolosi per la nostra salute, perché interferiscono con gli ormoni, si sostituiscono ad essi e fanno impazzire il sistema endocrino, provocando una minore reazione ai vaccini e una maggiore vulnerabilità alle infezioni. In particolare, è emerso come l’esposizione a queste sostanze aumenti la concentrazione di trigliceridi e di colesterolo nel sangue. A causa della loro alta stabilità molecolare, questi materiali finiscono per diffondersi nell’ambiente, dove possono permanere per anni. Si riversano in grandi quantità nei bacini idrici, da dove possono percorrere lunghe distanze, entrando nell’ecosistema acquatico e risalendo la catena alimentare fino agli esseri umani. Tracce di queste sostanze sono state individuate nel latte materno, nella placenta e nei capelli. Una ricerca condotta da scienziati delle Università di Ȫrebro (Svezia) e di Aberdeen (Regno Unito), su 78 feti, pubblicato alla fine di gennaio 2024, sulla rivista scientifica “The Lancet Planetary Health”, ha dimostrato come queste sostanze siano in grado di raggiungere i tessuti del nascituro, già durante il primo trimestre di gestazione.
Sono dati scientifici che si aggiungono alle ricerche di fine novembre 2023 della “Agenzia Internazionale della Ricerca sul Cancro” (IARC), secondo cui i due PFAS più diffusi in assoluto (fino ad ora, ne sono stati trovati oltre 6000), sono più pericolosi di quanto si pensasse. In particolare, il PFOA (Acido perfluoroottanoico), è considerato ora “certamente cancerogeno”, e il PFOS (Acido perfluoroottansolfonico) è considerato un “possibile cancerogeno”, esiti confermati da trenta studiosi di undici Paesi nel mondo. L’esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancro, tra cui: leucemia, tumore al seno e al pancreas. Naturalmente, come per tutti i veleni, il problema riguarda la quantità: più se ne assume più il veleno diventa pericoloso. Il limite di PFAS tollerabile nel corpo umano stabilito dall’UE è di 4,4 nanogrammi per un kilogrammo.
Chi produce i PFAS?
Nel 2006 l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) aveva pubblicato una lista di industrie produttrici di sostanze chimiche in Europa. La sola che produceva PFOA era “Miteni” a Trissino in provincia di Vicenza, all’epoca controllata dalla società giapponese Mitsubishi. Nel 2018 Miteni fallì e nel 2021, quindici dirigenti della Mitsubishi e della Miteni vennero rinviati a giudizio come responsabili di avvelenamento delle acque e disastro ambientale colposo. Oggi è l’impianto “Solvay Solexis” che produce e utilizza il PFOA a Spinetta Marengo, sobborgo di Alessandria, inquinando la falda idrica.
La situazione dell’Italia
Nel 2007 uno studio europeo (“Perforce”), condotto da un’équipe di ricercatori che a partire dal 2002 ha monitorato le acque dei 14 fiumi più grandi d’Europa, ha indicato il Po come il fiume più contaminato (contiene i due terzi del PFOA di tutta l’Europa). Secondo un’inchiesta giornalistica condotta nel 2023 da 17 testate europee e coordinata da “Le Monde” i siti contaminati da PFAS sono 1.600 in Italia (con particolare concentrazione in tutto il Nord e nella Toscana) e oltre 17.000 in tutta Europa.
Il Lago Maggiore è gravemente compromesso: i pesci hanno quantità elevate di PFAS (ad esempio, il lucioperga ha 2.560 nanogrammi di PFAS per kilogrammo) e, tenendo conto che il limite di PFAS tollerabile nel corpo umano stabilito dall’UE è di 4,4 nanogrammi per un kilogrammo, si deduce che se una persona di 75 kg mangiasse uno di questi pesci il PFAS nel suo corpo supererebbe di quattordici volte il limite massimo tollerabile. Siamo corsi ai ripari? Decisamente no: attualmente non abbiamo una legge che proibisca l’utilizzo dei PFAS. L’Italia non è nemmeno presente nel gruppo di cinque Paesi che hanno proposto all’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) il divieto dei PFAS in tutta l’Unione europea a partire dal 2026 (Danimarca, Germania, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia).
Come si affronta l’inquinamento da PFAS?
Per ora non sembra esistano soluzioni che permettano di utilizzarli e al contempo tutelare la nostra salute. Il nostro organismo è in grado di smaltire piccole quantità di PFAS dal sangue, ma non sono ancora disponibili farmaci specifici per i problemi più gravi. Presso l’Università di Padova sono in corso esperimenti per valutare l’efficacia di un integratore a base di carbone attivo vegetale. Le raccomandazioni riguardano soprattutto l’acqua potabile, va bevuta garantendosi che sia depurata, da operatori pubblici o da sistemi domestici.
Quindi che fare? Noi del Tavolo per Clima di Luino intendiamo approfondire l’argomento, cercare di capire come poter fare per verificare lo stato delle nostre acque. Riteniamo fondamentale informarsi, verificare e poi trovare le strategie migliori per tutelare la nostra salute e quella dell’ambiente.
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