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«Stefano Binda è innocente e noi continueremo ad aiutarlo»

Uno striscione in paese esprime il disappunto per la decisione della corte d’Assise. Ma un gruppo di amici del condannato continua la raccolta di fondi per pagare le spese processuali

Avarie

“C’è un innocente detenuto a Busto Arsizio”. Firmato: Magre Sponde.
Alle 10 di ieri mattina, mercoledì, era questa la scritta nera su di uno striscione bianco che campeggiava nel prato di fronte al comune di Brebbia, vicinissimo a dove viveva una persona che in questi giorni è finita sulle prime pagine dei giornali perché ritenuta colpevole dell’omicidio di Lidia Macchi. Si chiama Stefano Binda, che all’alba di una fredda giornata di due anni fa, proprio in una strada che si dipana dalla provinciale verso la campagna, veniva prelevato dalla squadra mobile e portato in carcere.

In paese Stefano Binda lo conoscono bene perché partecipava alla vita culturale proprio in quel gruppo – Magre Sponde – che oggi lo vuole libero.

Ma forse questa non è la cosa più importante perché a neanche 48 ore dalla sentenza si apprende che in paese c’è un folto gruppo di persone che in questi mesi – 12, del processo – e in questi anni di detenzione, due e mezzo, non solo ha fatto il “tifo” per lui, ma lo ha pure sostenuto, anche economicamente.

Questo spiega il motivo di questa scritta lasciata sul prato. «La ragione è innanzitutto dimostrare vicinanza a Stefano e alla sua famiglia che sta vivendo una grande sofferenza – spiega Francesco Porrini, portavoce dell’associazione culturale – Lo abbiamo fatto per portare all’attenzione dell’opinione pubblica che c’è un innocente, e noi crediamo così perché è il nostro pensiero, in carcere a Busto Arsizio non da ieri, ma da due anni e mezzo. Non lo dico io che sono suo amico, lo dicono i fatti. Abbiamo assistito alle udienze. Abbiamo letto i giornali e a nostro avviso nessuna prova può supportare questa accusa».

Francesco ha un permesso speciale per andare a trovare Stefano Binda in carcere: «Ci vado due, tre volte al mese. Stefano è una persona splendida. In prigione sta facendo corsi di inglese per i detenuti, fa il bibliotecario a Busto Arsizio mettendosi a disposizione degli altri: dicano quello che vogliono, ma la sua figura trasuda un’umanità impareggiabile, di fronte ad una situazione ingiusta».

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Il gruppo che sostiene la causa di Binda conta 20-30 persone, tutti «simpatizzanti», spiega Francesco Porrini.
Quello che finora nessuno sapeva è che «intorno a Stefano si è creato un movimento di solidarietà tale che c’è un gruppo di oramai una sessantina di persone, che ogni mese dà un’offerta che serve a sostenere la famiglia, a fornirgli generi di necessità e a pagare gli avvocati».

Gente vicina a Cl? «Macché Cl, nessuno di noi frequenta i giri di Comunione e Liberazione, sia ben chiaro».
Ogni mese un obolo, dunque: di che cifra si tratta? «Non voglio scendere nei dettagli. Diciamo una cifra considerevole. Una parte va Stefano per la vita in carcere, una parte a sostentamento della mamma e per le spese legali».

Francesco, che ha 28 anni, vive in paese e lavora in un’azienda della zona, ha un sogno: vedere di nuovo l’amico in libertà.

Da quando Binda è stato arrestato il “Magre Sponde festival” non è stato più organizzato. C’erano serate, incontri culturali e proiezioni di film, di cui Binda è un esperto. L’ultima edizione – la terza – è stata quella del 2015.

«Ci eravamo proposti di rifare il festival una volta che Stefano fosse uscito dal carcere – conclude Francesco -. Aspetteremo. La nostra è una battaglia di libertà: non c’è cosa più grave che vedere un innocente in carcere».

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Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it
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Pubblicato il 26 Aprile 2018
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