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Un fischio sul Verbano: storia del Gredo, la barca a vapore che visse due volte

Costruito nel 1916, "GreDo" è stato portato in Italia e restaurato da un gruppo di ricercatori del JRC appassionati delle tecnologie d'altri tempi. Il fumo e il suo fischio acuto lo annunciano sulle sponde del Lago Maggiore

barca a vapore Gredo

C’è un arzillo centenario che naviga a tutto vapore sul Lago Maggiore. Il piccolo battello “Gredo”, avvistato di tanto in tanto dai turisti e dai bagnanti, è un affascinante mezzo del passato, nato in Germania, che oggi vive una seconda vita sul Lago Maggiore. “Resuscitato” da un gruppo di amici tedeschi e inglesi, che hanno lavorato cinque anni per portarlo in Italia e rimetterlo in condizioni di navigare.

Il Gredo ha prestato servizio per quasi trent’anni nel porto di Dortmund, città della Ruhr che non è toccata da grandi fiumi ma da alcuni grandi canali navigabili. Dopo il 1945 è finito sul fiume Reno per una ventina d’anni. Una volta terminato il servizio “vero”, è diventato una curiosità turistica ad Hanau, sul fiume Meno (vicino a Francoforte).

Ma come è arrivato in Italia questo centenario della navigazione? La prima idea si deve alla passione di Gunther Umlauf, ricercatore ambientale del JRC di Ispra che è stato folgorato dal sogno della barca a vapore e ha coinvolto una serie di amici, tedeschi e inglesi, nel recupero. «Nel 2004 stava cercando un giocattolo funzionante a vapore da regalare per Natale a suo figlio, cercando su Internet ha scoperto che poteva portare dalla Germania una barca vera» spiega Heinrich Langenkamp, che vive dagli anni Settanta in Italia e che si è subito associato all’impresa. Nei paesi anglosassoni e del mondo tedesco c’è una particolare attenzione al mondo della cultura tecnica e scientifica, maggiore rispetto al mondo latino dove domina la cultura umanistica, la tutela dei grandi monumenti e delle opere d’arte. Per il gruppo di lavoro salvare il Gredo voleva dire non solo avere un mezzo particolarissimo per sé, ma anche «salvaguardare e conservare i beni preziosi di una volta anche per le generazioni future»: il Gredo oggi è uno degli unici due natanti a vapore del Lago Maggiore (l’altro è il battello a ruote “Piemonte”, che però non brucia più carbone, ma gasolio).

barca a vapore Gredo
il Gredo durante la sua prima navigazione di prova, dicembre 2012

Arrivato nel 2007 in Italia, il Gredo è stato recuperato alla Nautica Lavazza, il piccolo ma attrezzato cantiere navale di Brebbia che ancora oggi è punto di ormeggio della barca a vapore. Qui per cinque anni i soci del gruppo di restauro hanno lavorato al recupero del mezzo, grattando ruggine, ridipingendo, sostituendo tubi e manometri, rifacendo le parti che assicurano l’isolamento tecnico della caldaia. Ognuno ci ha messo del suo, avendo anche competenze specifiche maturate in anni da ricercatori a contatto anche con la meccanica e le macchine, mentre molti lavori sono stati fatti anche da aziende locali della zona del Varesotto.

Gunther Umlauf, Heinrich Langenkamp e Stuart Duffield sono stati i coordinatori dell’operazione e sono stati loro i primi che – in una tersa e fredda giornata di dicembre 2012 – hanno effettuato la prima breve crociera di prova del Gredo, che era stato rimesso in acqua a luglio. Era tutto ben controllato (le prime prove si sono svolte sotto la sorveglianza dell’ente di navigazione tedesco), ma è comunque sempre particolare salire su una barca con un forno acceso e una caldaia in pressione a 8-10 volte la pressione dell’aria esterna.

barca a vapore Gredo
nella darsena della Nautica Lavazza di Brebbia

Il motore a vapore Ardelt-Eberswalde è un due cilindri inizialmente progettato per le gru a vapore, che è stato adattato: con una potenza massima di 62 cavalli, muove l’elica e aziona il tipico fischio montato sopra la cabina di plancia. L’addetto alle macchine deve rifornire il forno di legna, regolare il livello dell’acqua in caldaia prelevandola dal lago, mantenere la pressione sufficientemente alta da non fermarsi ma entro i limiti massimi (altrimenti entrano in azione le valvole di sicurezza che liberano vapore in aria). È un gioco continuo di manometri e maniglie da manovrare, sbuffi di vapore e vampa del forno. «Abbiamo fatto il corso per avere la abilitazione da “stoker” (fuochisti, ndr) da parte dell’ente tedesco Tuv» spiega Stuart Duffield, da Manchester, anche lui ricercatore al JRC. «La pressione deve stare tra 8 e 10 bar, senza mai ridurre troppo il livello dell’acqua. Fare questo è un gioco di equilibrio tra il fuoco e la velocità della barca».

barca a vapore Gredo
in sala macchine il grosso dello spazio è dedicato a caldaia e forno. Il motore a vapore occupa uno spazio sorprendentemente limitato

Chi sta al timone comunica le manovre alla sala macchine usando strumenti tradizionali: i tubi portavoce – che trasmettono e amplificano la voce da una parte all’altra della barca – e soprattutto l’affascinante “telegrafo di macchina”, ingombrante strumento che indica a chi sta sottocoperta se procedere a mezza forza, a tutta forza o a “macchine indietro”. Le comunicazioni “mute” tra plancia e macchine, ritmate solo dai rintocchi di campanella dati dal telegrafo, richiedono un certo affiatamento, che si apprezza bene quando si rientra in porto e si devono fare con attenzione le manovre di attracco (per aiutare sono state aggiunte a prua due pompe direzionali a getto, ma il grosso si fa con motore a vapore e timone).

barca a vapore Gredo
il telegrafo di macchina

Nell’estate del 2016 il Gredo ha festeggiato i suoi primi 100 anni di vita, con tanto di festa a Laveno organizzata dall’entusiasta gruppo di restauratori-proprietari. Capita di vederlo navigare sul Verbano, con il pennacchio di fumo scuro – del fuoco – e quello bianco del vapore, che è più visibile quanto più è fredda l’aria esterna. L’autonomia? Da Brebbia può toccare tutto il medio e basso Lago, ma i proprietari si stanno attrezzando per provare anche una crociera fino a Locarno.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 28 Luglio 2017
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