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«Voldomino non è il Bronx, si litigava di più al tempo degli spalloni»

Piccole cronache di quartiere risvegliano la voglia di raccontare del barbiere della piazza, Aris Corbetta. Com’è cambiata la vita in questa frazione, un tempo paese a sé stante

Voldomino Superiore

Un vento di neve che comincia a tagliare la faccia fa muovere le vesti beige del caftano di una donna che si incammina verso la stradina fino al circolo Acli. Due macchine passano sull’acciottolato, una piccola folla scompare in un attimo di fronte all’ambulatorio medico.

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Dietro la vetrina di “Saverio”, in piazza Piave a Voldomino Superiore c’è un signore con camicia e gilet che guarda, e sorride, poi apre la porta: «Venga dentro che fa freddo», dice Aris Corbetta.
Dopo la prima richiesta di un lettore che segnalava la storia di un negozio chiuso a Voldomino Inferiore, ecco un’altra richiesta, un po’ mossa dai commenti di Facebook che descrivevano come “Bronx” questo quartiere accorpato a Luino nel 1928 per via di una recente rissa di piazza sfociata in tre arresti.
Un po’ centra sempre la curiosità di altri lettori che si lamentano del fatto che molti quartieri periferici di Luino restano troppo nell’ombra.
“Vai dal barbiere, che ti racconterà”.

Voldomino Superiore

BARBIERE CICILISTA – Corbetta parla ma non è un chiacchierone. È stato consigliere comunale nell’era Astini (compianto sindaco luinese nei primi anni ‘90), Mentasti e vice presidente della comunità montana «ma il mio mestiere è sempre stato quello di barbiere, professione che esercito da 58 anni, tranne che per cinque anni, quando feci il ciclista».
E da qui salta fuori tutta l’anima di Voldomino, e l’attaccamento per questo posto, che ogni tanto finisce sui giornali: un bisticcio oggi, l’incendio ieri, qualche lavoro e niente più.

LA PIAZZA CHE NON C’È – «Esatto, è proprio così. E le dico anche che quello avvenuto l’altro giorno qui in piazza, il litigio, non è niente rispetto a ciò che avveniva una quarantina d’anni fa. Non è vero che Voldomino è peggio di un tempo: altro che Bronx, si litigava molto di più quando c’erano gli spalloni».
Perché? «Perché negli anni 70’ qui c’era la vita: la piazza dava lavoro a decine di persone, oggi guardi fuori e ti rendi conto di quello che non c’è più. Trovi un bar, un alimentari. Stop. Fino al 2000, cioè l’anno dell’inaugurazione di questa nuova piazza, qui a pochi metri c’era un supermarket, due parrucchiere da donna, una tabaccheria, un sarto, due alimentari, una merceria, e un negozio di frutta e verdura. Totale: oltre 20 posti di lavoro. Oggi, ripeto, vada fuori a vedere: la realizzazione di questa piazza a mio avviso inutile, ha dato il colpo di grazia a questa frazione».

SPALLONI E SUDORE – Perché? Prima com’era? E cosa centrano gli spalloni? «In piazza si poteva parcheggiare, si faceva la spesa, si veniva a bere il caffè: adesso? Gli spalloni, poi, centrano perché giravano più soldi; certo, facevano i contrabbandieri, ma era gente abituata a faticare: si facevano la montagna di notte, con le bricolle piene di sigarette che portavano dentro facendo il giro della diga, a Creva, e poi erano capaci di andare a farsi il turno in fonderia, alle 6 del mattino. Un mondo che finì di colpo, quando il franco svizzero sulla lira chizzò a livelli che non rendevano conveniente il contrabbando. Erano gli anni della crisi energetica, che fece finire un mondo».

Voldomino Superiore

FO, PICCOLO MONDO ANTICO – Un piccolo mondo antico, paese vivo, che ricorda i racconti di Dario Fo e della sua Porto Valtravaglia. Fo luinese e cittadino onorario della città. Fo che qui a Voldomino aveva un deposito di scenografie teatrali non molto distante dalla piazza.
«Quello che manca oggi è un po’ di attenzione da parte delle istituzioni. Ci vuole una maggiore presenza. E intervenire su alcuni problemi legati per esempio a molti immobili del centro storico che cadono letteralmente a pezzi».

Ora la vita si è spostata sulla via Asmara, la strada dove c’è la “Pretura” (si chiama così ma è il Giudice di pace), ma è un punto di passaggio, non c’è una piazza: si incontra Voldomino Inferiore prima, poi l’ospedale, a Luino.
Corbetta manda giù il caffè nel bar di fronte, l’ultimo rimasto, aperto nel 1966 dalla madre Iva e dalla cugina Irma: «Trentacinque coperti a mezzogiorno, alla sera non trovavi posto. Oggi invece…». La frase finisce con le monete che scendono da una slot nel retro del locale vuoto.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it
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Pubblicato il 11 Novembre 2016
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