Vita da guida alpina, “Così ho realizzato il mio sogno”
Alessandro Munier racconta la sua passione per l’alpinismo, nata quasi per caso nel 2004 e diventata il suo lavoro
“La paura di finire ingabbiato in un lavoro che non mi piaceva mi ha spinto a provare a rendere concreto un sogno che sentivo sempre più forte e sempre più mio”. Alessandro Munier racconta così la sua passione per l’alpinismo, nata quasi per caso nel 2004. Nato e cresciuto in Valle d’Aosta, ha iniziato ad avvicinarsi all’alpinismo e alle discipline d’alta quota subito dopo gli studi universitari. In pochi anni quello che gli sembrava solo un sogno si è rivelato presto essere una realtà concreta, una vera e propria svolta nella sua vita. Da un paio d’anni Alessandro fa parte delle Guide di Cogne ed è già stato il compagno di avventure di tantissimi appassionati sulle montagne che lo hanno visto crescere non solo come guida alpina, ma anche come persona.
Il percorso per diventare guida alpina è molto impegnativo e richiede tempo, energie, forza di volontà e anche tanto coraggio. Qual è stato il momento più difficile? Ha mai avuto ripensamenti?
“Ho fallito due volte l’esame di ammissione ai corsi venendo respinto alla prova di arrampicata su roccia all’ultimo giorno di selezione, ma anche nei momenti difficili il tarlo non mi ha mai abbandonato. Non ebbi alcun ripensamento e nessun rimorso neanche quando decisi di lasciare un impiego a tempo indeterminato in banca. Nonostante per ben due volte non fossi stato ammesso ai corsi per diventare guida alpina, non mi sono lasciato per vinto e sentivo sempre più forte il desiderio di “rompere le catene” alle quali rischiavo di vincolarmi per sempre. Ad oggi posso dire che ne è valsa veramente la pena e che ho fatto una delle scelte più giuste della mia vita! Fare un lavoro che piace veramente al giorno d’oggi è impagabile, un grande privilegio, e anche nelle giornate in cui capita di svegliarmi più stanco o svogliato mi basta ricordarmi delle noiose giornate in banca per ritrovare immediatamente il giusto entusiasmo.”
Chi si affida di solito a una guida alpina?
“Ci sono tanti tipi di persone che si rivolgono ad una guida alpina con altrettante motivazioni. C’è il neofita che vuole provare una nuova esperienza, il gruppo di amici che vuole apprendere qualcosa per muoversi in autonomia, l’appassionato, magari già bravino, ma che non se la sente di accollarsi la gestione di un’escursione, l’alpinista che vuole regalarsi una gita un po’; oltre le sue capacità… In ogni caso la guida deve sempre chiedersi prima se è in grado di realizzare quanto le viene chiesto per poi adoperarsi. Quasi sempre, soprattutto con le persone che non conosco, alla fine dell’escursione chiedo di muovermi critiche al fine di migliorarmi”.
Negli ultimi anni gli effetti dei cambiamenti climatici stanno influendo sempre più non solo sull’ambiente montano, ma anche sulle attività umane. Quali sono le conseguenze per le attività alpinistiche? Sta diventando più pericoloso l’approccio con la montagna?
“Ormai tutti dobbiamo fare i conti con i cambiamenti climatici e anche noi guide alpine ci dobbiamo adattare di conseguenza. Più che pericoloso definirei l’approccio con la montagna diverso e più limitante. I periodi in cui trovare le migliori condizioni per affrontare certi itinerari sono molto più brevi ed è quindi importante farsi trovare pronti per non rischiare di perdere l’occasione giusta.”
Perché un alpinista o un aspirante tale dovrebbe scegliere le vallate di Cogne?
“Le vallate di Cogne mi sono sempre piaciute. Escludendo le cascate di ghiaccio, per le quali è famosa in tutto il mondo, Cogne ha un grande potenziale sconosciuto anche per tutte le altre discipline, dall’alta montagna all’arrampicata. Creste, pareti e ghiacciai non sono serviti da impianti di risalita e quindi risultano meno accessibili “ai più”. L’intento delle Guide di Cogne, di cui faccio parte, è proprio quello di far scoprire e valorizzare questi itinerari ricchi di fascino. Salire il Gran Paradiso da Cogne è un vero viaggio, un tuffo nella montagna più autentica e selvaggia! Provare per credere!”.
Prima ha parlato dei momenti più difficili, qual è stata invece l’esperienza più bella e indimenticabile in montagna?
“I giorni 8 e 9 luglio del 2006, il primo anno in cui cominciai ad andare in alta montagna. Due miei amici “più esperti” (e sulla loro esperienza ci sarebbe stato tanto da discutere) mi portarono fare una grande classica sul massiccio del Monte Bianco. Dormimmo in tenda a 3.400 metri sul ghiacciaio portando un solo sacco a pelo in tre, perché “tanto è estate e fa caldo”, portando una sola lampada frontale in tre perché “tanto è estate e viene luce presto”. Morale della favola, non chiudemmo occhio dal freddo e all’attacco sulla cresta ci arenammo in attesa della luce. In qualche modo riuscimmo a portare a termine la gita ma una volta a casa crollai dalla stanchezza. Ricordo che quella sera c’era la finale dei mondiali di calcio tra Italia e Francia e che ero stato invitato ad andare a vederla da amici. Mi svegliai quando era appena iniziato il secondo tempo, giusto per non perdermi la testata di Zidane. Indimenticabile!”
Infine, come sta andando questa estate anomala segnata dall’emergenza COVID-19?
“Abbiamo tutti tanta voglia di tornare sulle vette e di assaporare la libertà e il contatto stretto con la natura che ci sono tanto mancati nei mesi scorsi. Il turismo da noi sta andando meno peggio di quanto si pensasse, nonostante manchino tanti stranieri. Non sarà la stagione dei record, ma fortunatamente non sarà neanche così catastrofica come si temeva.”
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