Gli 80 anni di Chicco Prato: “Quel tavolo biancorosso dove il tempo si è fermato”
Per l'ex colonna del Varese, un pranzo per festeggiare un compleanno speciale diventa un viaggio tra ricordi, amici ritrovati e un calcio che continua a vivere nei racconti
Le risate arrivano prima ancora del dolce. Qualcuno racconta di una trasferta impossibile, qualcun altro mima un gol come fosse ieri. Al centro del tavolo, tra un bicchiere di vino e un buon risotto c’è Chicco Prato, che spegne candeline griffate ottanta e sorride come allora, quando difendeva i colori del Varese con la maglia infangata e un cuore gonfio d’orgoglio.
Ad aumentare l’emozione, gli ex compagni Vito Delorentiis ed Ernesto Ramella, ospiti a sorpresa insieme a Mario Grotto, dirigente di quegli anni gloriosi. Un incontro voluto, ma tenuto segreto fino all’ultimo. «Quando li ho visti mi è mancato il respiro», confessa Prato, con gli occhi che dicono più delle parole.
«Chicco arrivò al Varese per merito mio – l’esordio di Grotto – era il miglior giocatore di quel Monza. Feci mia al volo la soffiata del suo desiderio di riavvicinarsi a casa. La fama di quel Varese e il nostro ambiente rese tutto più semplice, anche l’approccio con papà Lelo, uomo tutto d’un pezzo tipico di quei tempi: severo ma con un cuore d’oro».
A tavola tutto è tornato com’era in quei primi anni ‘70: gli scherzi nello spogliatoio, la voce di Borghi che rimbombava negli uffici del club, le domeniche in cui Varese respirava calcio e passione. «Giovanni Borghi era il faro. Visionario, vulcanico, innamorato della sua squadra e della città. Ci faceva sentire parte di qualcosa di grande – ricorda Prato che descrive nei minimi particolari il suo primo incontro con il Cumenda – Sapeva che volevo dare una mano al mio papà riavvicinandomi a casa dopo tanti anni trascorsi nel settore giovanile del Milan e poi a Monza. Per firmare il contratto bastarono pochi minuti».
E tra un brindisi e un ricordo, il tempo si è fermato insieme ai presenti e a chi come Luciano Castellini e Lele Andena, compagni di Prato rispettivamente al Monza e al Varese, lo hanno chiamato al telefono.
«L’Erne (Ramella ndr) aveva dinamismo, posizione e un grande stacco di testa. Il Delo (Delorentiis) era un grande giocatore dotato di gran tecnica penalizzato dal grave infortunio all’inizio del suo anno a Lugano. Lele grandissimo difensore di serie A. Luciano dopo uno 0-4 se ne andò deciso a lasciare il calcio. Lo feci sbollire qualche giorno e poi andai a casa sua e lo convinsi a ricominciare gli allenamenti. In poche settimane si riprese la maglia numero 1 per poi decollare per la sua grande carriera».
Un pranzo che non è stato solo una festa di compleanno, ma un abbraccio lungo una vita. Perché certi legami non finiscono con una carriera: restano dentro. Come la sciarpa biancorossa e il cuscinetto con scritto FC Varese restano indelebili nel cuore.









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