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“I frontalieri hanno sempre pagato quanto previsto dalla legge. Non hanno mai evaso il contributo per la sanità”

Il sindacato OCST ha scritto al Governo italiano per chiedere lo stralcio della norma. Andrea Puglia ripercorre la storia del contributo sanitario e critica la scelta di inserire in Finanziaria una questione di cui si parla da 20 anni

frontalieri

Fino alla fine degli anni ’90, i lavoratori frontalieri pagavano un contributo “volontario” alla sanità italiana. Poi, l’introduzione della libera circolazione delle persone nell’Unione Europea mise fine al bollettino annuale. A ricordarlo è Andrea Puglia, del sindacato Svizzero OCST che sta seguendo le notizie relative al testo della Legge Finanziaria arrivata alle Camere per l’approvazione : « Il principio è in sé condivisibile, ma le cifre previste vanno molto al di là di una contribuzione equa. Si vuole risolvere una questione aperta da 20 anni con una legge, senza aver avviato un confronto con le parti sociali».

Il sindacato svizzero è pronto a far sentire la propria voce e a sostenere i colleghi italiani: « Il nostro augurio è che quell’articolo venga stralciato per avviare un confronto partecipato. Il tavolo a livello regionale avrà un’autonomia negoziale limitata perchè la legge stabilisce una forbice ben definita: tra il 3 e il 6% del reddito netto annuo. Introdurre questa tassa, con cifre così alte, significherebbe riprendersi ciò che faticosamente abbiamo ottenuto con la sottoscrizione del Memorandum d’intesa sul nuovo accordo relativo all’imposizione fiscale dei frontalieri: mentre da un lato con il nuovo Accordo salvaguardiamo la tassazione esclusiva in Svizzera dei “vecchi frontalieri” […], dall’altra il Governo chiede loro di versare fino al 6% del proprio salario per l’assistenza sanitaria».

Andrea Puglia ripercorre gli ultimi anni della questione: « Gli accordi sulla libera circolazione delle persone in Unione Europea, allargati alla Svizzera, stabilirono che il lavoratore straniero pagasse il sistema del paese dove era impiegato. Svizzera e Italia, però, decisero di derogare al dispositivo dato che ai frontalieri non conveniva iscriversi alla Cassa Malati svizzera. Lasciarono libertà di scelta e il 98% dei frontalieri optò per la sanità italiana. A quel punto, però, la legge del 1974 prevedeva che i frontalieri fossero soggetti a tassazione nel solo paese dove producevano reddito, quindi a loro non fu richiesto il pagamento dell’Irpef con cui si finanzia la sanità. I ristorni previsti, infatti, vanno a totale beneficio degli enti locali, e solo in minima parte a regioni e province. Pe questo motivo sì si è creato un vuoto relativo alla voce sanità. Tutto si è svolto, dunque, in modo pienamente legale anche se c’è la sensazione che si voglia colpire i frontalieri in quanto evasori e l’ articolo abbia carattere sanzionatorio ».

L’anomalia si protrae, dunque, da inizio secolo: « C’è stato un tentativo di far pagare la sanità ai frontalieri, come avvenne nel 2016 per disposizione di alcune Asl che imponevano il pagamento a chi si presentava per rinnovare la tessera sanitaria o cambiare il medico curante. Fu, però, un intervento a macchia di leopardo, a seconda dell’interpretazione di un’ordinanza ministeriale collegata a una legge riservata ai cittadini che vivevano in Italia producendo reddito non tassabile. Quel tentativo venne fermato definitivamente per due ragioni: sia perchè non esisteva un elenco certo dei lavoratori frontalieri, sia, soprattutto, perchè  i frontalieri non potevano essere ricompresi dalla norma perché pagavano attraverso i ristorni.  Da quel richiamo ai ristorni discende la confusione che c’è oggi: di fatto i ristorni non servono a pagare la sanità. È dunque giusto discutere dell’opportunità di chiedere ai frontalieri un contributo, ma occorre dibattere sulle quote. Quelle in previsione sono troppo elevate».

Oltre all’entità della tassa, Andrea Puglia pone sul tavolo alcune altre questioni che l’art 49 della bozza della Finanziaria non prende in considerazione: « Come devono comportarsi i lavoratori stagionali? E quelli che perdono il lavoro e hanno la disoccupazione in Italia? E quelli che iniziano a metà dell’anno? E coloro che hanno già sottoscritto un’assicurazione privata? Cosa è previsto per le tante situazioni che il frontalierato fa emergere? Ecco perchè chiediamo che si stralci l’articolo e ci si sieda attorno a un tavolo per affrontare in modo organico e soprattutto equo la questione. Il lavoratore italiano paga un’addizionale regionale di massimo l’1,7% del reddito: perchè il frontaliere deve pagare molto di più?».

Altro dettaglio poco chiaro è il comma che cita i famigliari: « Non si capisce se il contributo è per la famiglia o per componente. E non è un elemento di poco conto».

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it
Sono una redattrice anziana, protagonista della grande crescita di questa testata. La nostra forza sono i lettori a cui chiediamo un patto di alleanza per continuare a crescere insieme.
Pubblicato il 02 Novembre 2023
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