Leonardo non può permettersi il conflitto: “Ora Federmeccanica riapra il tavolo di contrattazione”
Andrea Besani (Fiom Cgil): “I lavoratori hanno fatto la loro parte con scioperi e mobilitazioni. Ora l’azienda prende posizione, ma il vero nodo è politico: l’attacco al contratto dei metalmeccanici è un attacco a tutto il lavoro industriale”

«Per i lavoratori metalmeccanici questo è un momento cruciale se non si arriva alla firma del contratto. Per quelli di Leonardo, che è un colosso dell’aerospazio e della difesa lo è comunque. I numeri della trimestrale uscita pochi giorni fa parlano chiaro: portafoglio ordini in crescita del 6-7%, il che vuol dire che non solo si lavora oggi, ma si costruisce anche il futuro. Certo, non possiamo dimenticare che tutto questo avviene in un contesto globale segnato da guerre e tensioni, che eticamente non ci rende felici, ma per un’azienda come Leonardo ha implicazioni industriali molto rilevanti».
A parlare è Andrea Besani della Fiom Cgil di Varese che segue da vicino la trattativa tra Federmeccanica e i sindacati di categoria.
Nonostante i risultati di Leonardo, c’è tensione sul fronte sindacale. Cosa sta succedendo con Federmeccanica?
«La situazione è paradossale. Non solo il tavolo di trattativa è fermo, ma è stata presentata addirittura una “contro-piattaforma” da parte di Federmeccanica, che è un’anomalia: le piattaforme contrattuali spettano ai sindacati, le controparti possono rispondere, ma non inventarsi una proposta alternativa come se fossero loro il sindacato.
Un’anomalia che sembra diventare politica. Del resto il contratto dei metalmeccanici è sempre stato un apripista che sbloccava tutti gli altri…
«È vero. Prima però le trattative le conduceva il direttore generale ora invece c’è un protagonismo inedito del presidente Visentin, che partecipa alle riunioni plenarie e ristrette. È un segnale politico: Visentin vuole dare un’impronta ideologica a questo rinnovo. Non è solo una trattativa sindacale, ma un attacco al contratto nazionale dei metalmeccanici, che è il più grande contratto collettivo del settore privato in Italia».
Qual è la posizione di Leonardo in tutto questo?
«Leonardo non può esporsi troppo, fa parte di Federmeccanica e ne ha una delle vicepresidenze. Ma nella recente lettera inviata per il rinnovo degli organismi dirigenti, ha detto chiaramente che quella presentata da Federmeccanica è una vera e propria piattaforma (smascherando il gioco lessicale del “non è una piattaforma, è una risposta”). E ha chiesto di riaprire il tavolo. È un modo, sottile ma preciso, per dire: “Noi non possiamo permetterci questo conflitto”.
Anche perché sul territorio, nei siti Leonardo, c’è stata mobilitazione.
«Sì, abbiamo fatto tre giornate di sciopero di otto ore nei cinque stabilimenti della provincia di Varese – da Cascina Costa a Sesto Calende – con un’adesione crescente. La cosa significativa è che non solo la fotografia di ogni sciopero era buona, ma anche il trend: i lavoratori non stanno mollando. Anzi, resistono di fronte a una chiusura mai vista prima.
Perché questa chiusura è così grave?
«Leonardo ha bisogno di produrre, ha ordini importanti, non può permettersi il conflitto. Per questo chiede pace sociale. Abbiamo anche rinnovato il contratto aziendale senza un’ora di sciopero. Un contratto che, tra le altre cose, trasforma il salario variabile in fisso: il contrario di quello che ci propone Federmeccanica a livello nazionale. Anche qui, è evidente la contraddizione».
A proposito di contraddizioni: sulla riduzione dell’orario di lavoro, che succede?
«È ancora ferma. La trattativa per l’applicazione della sperimentazione è bloccata, e il sospetto è che ci sia lo zampino di Federmeccanica. D’altra parte, proporre di togliere i PAR (permessi) non utilizzati ai lavoratori è una provocazione. Stiamo parlando di diritti soggettivi. È una mossa chiaramente provocatoria e regressiva».
Qual è quindi, secondo te, la posta in gioco vera in questa fase?
La posta in gioco è politica. Il contratto dei metalmeccanici è il punto di riferimento per tutti gli altri settori. Attaccarlo significa tentare un appiattimento verso il basso dei diritti contrattuali in generale. E in questo scenario, mi dispiace dirlo, Federmeccanica sembra agire più per costruire un posizionamento politico che per tutelare davvero le aziende. Quelle più illuminate lo sanno: senza sindacato, il conflitto sociale esplode. Il sindacato è una garanzia di equilibrio, non un ostacolo».
Leonardo si è esposta mandando una lettera a tutte le territoriali di Confindustria chiedendo di riprendere le trattativa. Che cosa l’ha spinta a farlo secondo lei?
«Se ha mandato quella lettera, non è per ideologia o bontà d’animo. È perché i suoi lavoratori si sono mobilitati, hanno fatto la loro parte, e l’hanno messa di fronte alla realtà: o si sta in Federmeccanica per ideologia, o si produce e si tiene il passo con un mercato che chiede risultati».
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