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Riflessioni di un medico: l’esperienza “vissuta” del contagio da covid-19

“Nel momento in cui la scienza manifesta i propri limiti e la vita pone domande fortissime attraverso una pandemia le risorse sono due: noi stessi e gli altri”

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di Ermelinda Zeppetelli, un medico della Asl che ha contratto il coronavirus. Una lettera, scritta da comune cittadino, che racconta l’esperienza personale e umana della dottoressa.

Riflessioni di un medico: l’esperienza “vissuta” del contagio

Solo…una riflessione (semplice). Scritta di getto nel giorno del Sabato Santo. Quello dell’Attesa… e del Silenzio.

Questa malattia è una guerra di resistenza contro un virus di cui non conosciamo molto. Che ci coglie impreparati.

La medicina delle sicurezze… fallisce.

Ci si limita a “parare i colpi”, a “mettere toppe” qua e là. Inseguendo i danni degli organi che “lui” aggredisce e provando via via ad attenuarli con farmaci sintomatici. Speri che non faccia troppo danno al tuo corpo (ed alla mente) e che ti risparmi la vita. 

Ti senti colonizzato. 

Emergono tutti gli aspetti “umani”: tuoi (di chi ne è infettato) e di chi ti sta intorno (anche dei medici), mentre quelli tecnici, nella maggior parte delle evoluzioni che non sono maligne, scivolano in secondo piano.

Il tuo Tempo interiore è scandito da un’altalena incessante di terrore, angoscia, paura, speranza e disperazione. 

Dalla revisione della tua vita e dalla messa a punto di nuovi percorsi e priorità. 

Dalla consapevolezza tangibile della necessità di una immersione nella profondità individuale che sia indissolubilmente sostenuta dalla Presenza dell’Altro. 

La “paura” si impossessa della tua vita. E cerchi a tutti i costi di aggrapparti alla Speranza.
I medici non possono darti la sicurezza che chiedi, inquietano le confessioni sui loro limiti, sui limiti della “scienza”.

E allora torni dentro di te e cerchi la Speranza. 

E pensi di esser fortunata nell’aver (da tempo) considerato questa vita solo un “passaggio”. 

Ho riflettuto su questo: tu sei lì, impotente ed impaurita e sei il risultato di quel che hai “risolto” (non ora ma prima di ora!) circa il tuo rapporto con la morte.

Come disse Galimberti in un intervento televisivo ad inizio pandemia, questo virus non fa altro che porre il tema della morte. Perché la nostra è un’esistenza che ha una conclusione e con questa (con la fine) ciascuno deve fare i conti. Pertanto (disse): di cosa abbiamo paura, di morire? 

La morte è realtà connaturata alla nostra esistenza. Solo il momento del suo arrivo non è dato conoscere. 

Ebbene: nel momento in cui la scienza manifesta i propri limiti e la vita pone domande fortissime attraverso una pandemia..in questo momento le risorse sono due. 

Noi stessi (la nostra interiorità, le nostre fondamenta esistenziali ed etiche) e gli Altri. 

La speranza nasce da Noi e dalla Relazione con l’Altro.  Da questo incessante tessere il filo del “tra” che ci tiene sospesi sull”Abisso. 

Abisso che non è la malattia o il virus. È l’obbligo al confronto col buio e con la fine. La vedi quella mano che ti tiene e non ti fa cadere nel buio. Le senti quelle parole a cui ti aggrappi. Parole semplici, non tecniche. Anche i medici tornano ad usarle. Perché non hanno molti attrezzi nella faretra della tecnica. 

Gli Amici sanno usarle ancora meglio, sono abituati, forgiati dai loro dolori. Sanno di cosa hai bisogno. E continuano a tenerti delicatamente sospesa sull’abisso, tenendoti per mano. Cercando di evitarti la caduta. Ed attendono…insieme a te. Che lui tolga il disturbo e lasci sul terreno del tuo corpo (e della tua mente) tutti i cocci da aggiustare.

La Gioia risiede nello scoprire di essere ancora vivi nonostante la sua presenza e nella possibilità di dare il giusto (nuovo) peso alle cose.

Da questo momento in avanti tutto cambia e viene risistemato nelle tante caselle della Vita. Soprattutto le persone, le Relazioni. Fino al giro successivo (quando ti salvi).

Colui che ha ricevuto in dono la Fede, ha un altro pozzo da cui attingere la Speranza.

E la Pasqua di domani significa proprio questo. La Resurrezione possibile, sempre.

Ermelinda Zeppetelli

Pubblicato il 21 Aprile 2020
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