Don David e Nino Caianiello: “Il carcere non basta, rieducazione e lavoro per dare un futuro a chi ha scontato la pena”
Il cappellano del carcere di Busto Arsizio e l'ex politico lanciano un appello alle istituzioni affinchè si superi l'idea puramente punitiva del carcere: "In cooperativa solo uno su 35 è tornato dentro"

Non finisce tutto con la scarcerazione. Anzi, spesso il vero percorso di reinserimento inizia proprio lì, fuori dai cancelli del carcere, dove però mancano strutture e strumenti adeguati per accompagnare chi ha scontato la propria pena verso una nuova vita. Se ne è parlato con don David Maria Riboldi, cappellano e fondatore della cooperativa sociale La Valle di Ezechiele, e Nino Caianiello, ex politico ed ex detenuto, oggi impegnato nella stessa cooperativa per offrire una seconda possibilità a chi, come lui, ha vissuto l’esperienza del carcere nel podcast di Radio Materia “Chi l’avrebbe mai detto”.
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Il ruolo del terzo settore nel dopo-carcere
«Non esiste un vero sistema istituzionale per il reinserimento dei detenuti – ha spiegato Don David –. Il lavoro viene lasciato quasi interamente al terzo settore, che però ha risorse limitate e non può da solo garantire un percorso efficace per tutti». È proprio per rispondere a questa mancanza che è nata La Valle di Ezechiele, una realtà che offre opportunità lavorative e percorsi di accompagnamento sociale a chi esce dal carcere.
Il lavoro, in particolare, è considerato lo strumento principale per evitare la recidiva. «A chi ha pagato il proprio debito con la giustizia serve una possibilità concreta – ha aggiunto Don David –. Senza una prospettiva, è facile tornare negli stessi circuiti che hanno portato alla detenzione».
La testimonianza di Caianiello: «Serve una visione politica nuova»
Accanto a Don David, la voce di Nino Caianiello ha portato la prospettiva di chi ha vissuto in prima persona il carcere. «Il recupero non è solo un fatto umano, ma una questione di sicurezza sociale – ha sottolineato –. Se non si costruisce un sistema che accompagni davvero il reinserimento, la recidiva è quasi certa. Servono politiche serie e strutturate che guardino al carcere non solo come punizione, ma come occasione di cambiamento».
Caianiello ha raccontato la propria esperienza, ma anche l’impegno attuale nella cooperativa: «Cerco di restituire quello che ho imparato. Ho avuto una seconda possibilità, ed è giusto fare in modo che altri possano averla. Il carcere deve essere un passaggio, non una condanna a vita».
Recuperare è possibile, ma serve una rete
L’incontro ha evidenziato con forza l’importanza della rete tra enti, istituzioni, terzo settore e comunità locali per rendere il reinserimento una realtà possibile. Senza una sinergia concreta, chi esce dal carcere rischia di trovarsi solo, con il passato come unico orizzonte.
Don David e Caianiello lo ripetono più volte: recuperare è possibile, ma non accade per caso. Servono percorsi pensati, risorse, lavoro e fiducia. E soprattutto, una società pronta ad accogliere chi ha sbagliato e ora vuole ricominciare.
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