“Io, orfano di femminicidio, combatto contro l’ergastolo del dolore dei più piccoli”
Giuseppe Delmonte e la sua testimonianza: un docufilm che verrà proiettato a Materia racconta la sua storia che ha visto Albizzate nel 1997 al centro di un terribile fatto di cronaca. “Sensibilizzare per aiutare”

Uno tsunami che colpisce tutti, travolge la vittima, devasta le persone che le stanno accanto. È una metafora feroce perché vivida e tristemente efficace quella coniata dalla mente di Giuseppe Delmonte, vittima «secondaria» di femminicidio, sopravvissuto quasi trent’anni fa all’assassinio della madre per mano di suo padre.
Lui è un testimone dalle ferite inguaribili. E oggi prezioso alfiere di un’operazione antiviolenza nata prima nelle scuole, poi grazie all’incontro col regista Marco Radice divenuta docufilm e che approderà a Materia spazio libero dove ha sede anche la redazione di Varesenews che più di una volta ha dovuto confrontarsi, come giornale locale attento alla cronaca, con fatti che hanno lasciato il segno su chi rimane. Il prossimo 24 settembre, mercoledì, quest’uomo neppure cinquantenne cercherà di illuminare il buio della disumanità attraverso la forza della narrazione con una serata dove si toccherà con mano il dolore: è prevista la proiezione del docufilm Oltre La Grande Assenza.
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«È un’onda. Un’onda che colpisce improvvisamente tutte le persone che stanno intorno alla vittima. Consideriamo che nel 1997 non esisteva nemmeno la parola femminicidio: e quindi per le istituzioni l’orfano di femminicidio non esisteva. Eravamo i cosiddetti “orfani invisibili“», spiega Giuseppe che vive a Milano, ha un lavoro e sta giusto raggiungendo in treno una scuola dove portare la sua testimonianza su quanto accadutogli nella vita. Abitava con la madre e i fratelli ad Albizzate, i suoi erano separati da cinque anni, ma il padre non accettava la situazione e vessava la donna con atti persecutori.
E il 26 luglio 1997 Olga Granà, la mamma di Giuseppe (nella foto, sono insieme), che aveva solo 19 anni, venne uccisa a colpi d’ascia. «Da quel momento mi è mancato tutto: dall’attenzione istituzionale al supporto economico, psicologico e legale. Non eravamo considerati. Non era considerata mia madre, come vittima. All’epoca non c’erano gli strumenti».
Perché questo docufilm? «La mia battaglia consiste nel portare l’opinione pubblica e soprattutto la politica a permettere agli orfani di femminicidio di riprendere in mano la propria vita nel più breve tempo possibile. Vite che, beninteso, comunque verranno stravolte. L’idea del docufilm è venuta a Marco Radice durante una passeggiata in riva al Ticino: gli raccontai della mia storia, io gli parlai degli incontri che avevo coi ragazzi delle scuole, così decise di seguirmi e documentare questa attività. Marco, con mio stupore e meraviglia riuscì a narrare i primi tre anni di attivismo: quel film ogni volta che lo guardo suscita in me emozioni fortissime. Vengono raccontati tutti i luoghi dove porto la mia testimonianza».
Oggi esiste una legge, la numero 4 del 2018 finalizzata alla “tutela degli orfani di crimini domestici” che riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato (o dall’altra parte dell’unione civile, anche se l’unione è cessata;, o da una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima). Elementi che giuridicamente portano al riconoscimento processuale di una precisa aggravante che se riconosciuta prevede l’ergastolo.
Ma non solo: la legge consente il patrocinio legale a spese dello Stato per le vittime cui viene garantito anche un “canale preferenziale” in ragione al diritto ad un risarcimento (modifiche sulla disciplina della “provvisionale“ cioè l’ordine del giudice di liquidare una somma di denaro a beneficio della parte offesa come anticipo dell’importo integrale che le spetterà in via definitiva sul piano risarcitorio). Altre disposizioni riguardano per esempio la possibilità della vittima di modificare il cognome e di beneficiare di assistenza medico psicologica gratuita, diritto allo studio e all’avviamento al lavoro e modificano la disciplina dell’affidamento del minore.
Dunque cosa manca? «Un bambino in balia del nulla è condannato all’ergastolo del dolore», spiega Giuseppe Del Monte, «oggi, ancora, purtroppo, le istituzioni faticano a parlarsi, non fanno rete. Non esiste ancora un osservatorio nazionale e non sappiamo nemmeno quante siano queste persone. Manca insomma una cabina di regia, manca un protocollo».
Ed è qui che subentra l’arma della sensibilizzazione, della richiesta di partecipazione che porti l’argomento nella testa di chi ogni giorno vive in una comunità purtroppo non immune da queste tragedie. «La mia battaglia è sensibilizzare, informare e portare ordine nella vita di questi bambini, o comunque spesso vittime giovanissime che altrimenti sarebbero condannate davvero ad una pena infinita, un ergastolo del dolore».
Giuseppe Delmonte ha fondato un’associazione , “Olga“, che prende il nome di sua madre. È un acronimo, sta per “oltre la grande assenza”.
L’EVENTO
“Oltre la Grande Assenza”: a Materia un documentario sulla lotta contro la violenza di genere
Mercoledì 24 settembre ore 21 la proiezione del documentario di Marco Radice che racconta la testimonianza di Giuseppe Delmonte, orfano di femminicidio e presidente dell’Associazione Olga, nella sua battaglia contro la violenza di genere.
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