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Il carabiniere delle miniature: il genio artigiano nei soldatini del luogotenente Carlo Tiepolo

Il comandante della Stazione carabinieri di Lavano Mombello, è anche un maestro del modellismo storico. Con pazienza e precisione ricostruisce scene di battaglia in miniature militari. Al World Model Show di Versailles ha conquistato due medaglie, confermandosi eccellenza italiana

Il carabiniere modellista che fa rivivere la storia

Pazienza e disciplina. Un po’ come il lavoro del luogotenente “carica speciale“ Carlo Maria Tiepolo. Carabiniere di grande esperienza che guida la Stazione di Laveno Mombello dell’Arma, da anni, tolta la divisa, magari la sera o nel tempo libero, il comandante si cimenta nella composizione di miniature di soldati.

Alla fine, un carabiniere è un soldato. E appunto le caratteristiche legate alla precisione e alla pazienza della professione (anzi, coi tempi che corrono forse sarebbe meglio parlare di “missione“) hanno regalato all’artigiano delle miniature militari quella “disciplina” nello scegliere i materiali, e la cura per lavorarli, poi ancora l’attesa nel veder palesata via via la fattezza del soggetto finale: di volta in volta un cavalleggero con sciabola in pugno, un lanciere all’assalto o un granatiere ferito.

Insomma, qualità da campioni. Proprio così: da qualche giorno a Versailles, Parigi, si è concluso il World Model Show, in pratica si tratta dei campionati mondiali di modellismo dove, intorno ai tavoli lunghi decine di metri che ospitavano le diverse arti della modellistica (non solo militare), si parlavano tutte le lingue del mondo. E il comandante Tiepolo, che un mondiale lo aveva già vinto in passato, a Glasgow, si è distinto portandosi a casa ben due medaglie, una in “Master Open” e una in “Master Pittura”, sopo avriati altri premi e medaglie vinte anche negli Stati Uniti.

«Beh, per quanto mi riguarda, un risultato che mi basta e mi avanza, vista la concorrenza che c’era», spiega il modellista Tiepolo, raccontando di una passione profonda che combina non solo la conoscenza dei materiali e delle loro caratteristiche, ma anche la storia, gli usi e i costumi dei reparti militari dei tempi passati, le divise, gli armamenti.

Il carabiniere modellista che fa rivivere la storia

Mettiamo il caso di “The Last Act” (foto qui sopra), l’opera presentata per l’esposizione di inizio luglio nelle stanze della reggia fuori Parigi. L’immagine, curata nei minimi dettagli, riprende una scena di guerra piuttosto feroce: l’assalto di un reparto di cavalleria francese (i corazzieri) contro un quadrato di fanteria scozzese durante la battaglia di Waterloo, nel 1815. Una scena veritiera che non potrebbe mai essere stata ricostruita senza uno studio approfondito di quello che fu il campo di battaglia e l’esito dello scontro, sfavorevole a Napoleone, che ne decretò la fine sul piano militare. Ma per motivi ben precisi legati a elementi altrettanto noti perché studiati.

«La fanteria del duca di Wellington riuscì a resistere sul campo di battaglia per due motivi. Il primo fu legato all’inefficacia dell’artiglieria napoleonica che praticava tiri imprecisi a causa del terreno fradicio d’acqua. E il secondo elemento importante che permise agli inglesi di riuscire a resistere nell’attesa dell’arrivo dei rinforzi prussiani fu l’esemplare tenuta dei quadrati», racconta il comandante Tiepolo.

E “The Last Act” ritrae proprio questo: in assenza delle palle di cannone capaci di aprire i varchi nella fanteria appunto disposta in quadrato per consentire la protezione sui quattro lati, l’unico tentativo per vincere sul campo di battaglia per i luogotenenti dell’Imperatore fu quello di giocare la carta della cavalleria, lanciata ad oltre 40 chilometri orari con lunghe lance e sciabole sguainate per spaventare i fanti e farli sbandare. Ma così non avvenne. Gli inglesi riuscirono, su piano tattico, a mantenere le posizioni: non indietreggiarono e non aprirono le file all’arrivo dei temuti cavalleggeri francesi. Un atteggiamento che permise l’irrompere sul campo di battaglia dei reparti del feldmaresciallo Blücher, che mutarono il destino della battaglia e forse dell’assetto di forza fra le potenze europee degli anni a venire.

Sforzo tanto sul campo di battaglia, quanto sui banchi di quell’“artigiano di creatività” che di fatto è Carlo Tiepolo. Lavora in due distinti laboratori ricavati da una parte della sua abitazione. «Uno è un laboratorio di scultura, l’altro di pittura»: in pratica il materiale viene lavorato con appositi macchinari che sollevano un certo quantitativo di polvere che non può venire a contatto con le pitture e i prodotti impiegati per dipingere i singoli pezzi, che altrimenti verrebbero male, impastati e non con i colori che presentano alla fine dei loro passaggi di affinazione.

Un mondo, quello del modellismo, fatto di particolari, colori, sfumature e fedeltà nella riproduzione. Tiepolo è specializzato nei reparti militari di un’epoca precisa, quella che va grosso modo dal periodo rivoluzionario francese fino alle soglie della Restaurazione, quindi dal 1790 al 1814. Ma capita fra le sue creazioni di vedere eseguiti militari in divisa anche di epoca contemporanea.

Si fatica a realizzare i soldatini? «Ci vuole molto impegno. Per un singolo pezzo ci vogliono a volte decine di ore. Prenda un pezzo completo a cavallo: è necessario l’impiego di non meno di 60 ore per finirlo. Ma ne vale la pena».

Una maestria apprezzata da molti: amici, amatori, persone comuni ma anche italiani illustri come l’ex presidente del Consiglio Giovanni Spadolini o addirittura la più alta carica dello Stato, ai tempi, Francesco Cossiga, che aveva fra la sua collezione proprio i pezzi di Tiepolo. Anzi, del “Cavalier“ Tiepolo, onorificenza che vanta da una ventina d’anni, oltre alla carica di Ufficiale della Repubblica e alla Croce Mauriziana per i cinquant’anni di servizio nell’Arma.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it
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Pubblicato il 16 Luglio 2025
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