La strage del Mottarone: “Silvia e Alessandro continueranno a vivere grazie a iniziative che lascino un segno positivo”
Vincenza Minutella e Rosalba Nania, madri delle vittime Silvia Malnati e Alessandro Merlo hanno scelto di parlare per ricordare, chiedere giustizia e annunciare la nascita di un’associazione intitolata alla coppia di giovani varesini

Alle 12.02 lo schianto. C’era un cielo azzurro e la vista del lago Maggiore dal Mottarone si preannunciava splendida. Quindici persone avevano deciso di salire lassù per godere della vista in una giornata di bel tempo e con una luce perfetta. Un numero minore della capienza massima della cabina dell’impianto grazie alle norme di sicurezza post pandemia. Di loro si salvò solo il piccolo Eitan.
“La fune traente dell’impianto, – come recita la Relazione d’indagine del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – si rompeva per pregressi fenomeni di fatica e di corrosione in prossimità del corrispondente attacco a testa fusa della cabina 3”.
Questo mentre stava per raggiungere la stazione di monte. La rottura ha causato un violento arretramento della cabina, che ha preso velocità in discesa, fino a staccarsi dalla fune portante e schiantarsi al suolo dopo una caduta di oltre 20 metri in una zona boschiva.
Il 23 maggio 2025 sono quattro anni dalla tragedia del Mottarone, in cui persero la vita 14 persone. Vincenza Minutella e Rosalba Nania, madri delle vittime Silvia Malnati e Alessandro Merlo hanno scelto di parlare per ricordare, chiedere giustizia e annunciare la nascita di un’associazione.
Venerdì prossimo ci sarà ancora una nuova commemorazione, cosa rappresenta per voi?
«È giusto ricordare Silvia e Alessandro, ma ogni volta è come vivere un altro funerale. I ragazzi li abbiamo sempre con noi, ogni giorno. Non serve una cerimonia per ricordarli, ma tornare su quel luogo, rivedere il posto dell’incidente, è come riaprire una ferita. Il Comune di Stresa ogni anno organizza un momento di commemorazione con una messa. Questa volta sarà ancora più toccante, perché si terrà proprio nel piazzale vicino al punto in cui è avvenuta la tragedia. Solo a guardarlo, manca il fiato. È pesante, ma come sempre ci saremo».
A che punto siamo dal punto di vista della giustizia?
«Non ci aspettavamo che sarebbe durato così tanto, perché fin dall’inizio le responsabilità sembravano chiare e lampanti. E invece, a quattro anni dalla tragedia, il processo è ancora all’inizio. L’udienza preliminare – fissata a seguito della nuova richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura della Repubblica – si terrà il 19 giugno. La restituzione degli atti alla Procura decisa dal precedente GUP ha comportato una riformulazione dei capi di imputazione e ulteriori mesi di attesa. Eppure, già dalle prime settimane si sapeva chi erano i responsabili: ci sono state ammissioni, testimonianze, perfino registrazioni. Mai avremmo pensato che ci sarebbe voluto tutto questo tempo».
Come avete vissuto questi anni di attesa, tra udienze rimandate e accuse modificate?
«Ogni rinvio riapre una ferita. Sono passati quattro anni, ma per noi è come se fosse ieri. Non ci aspettiamo una pena che ci faccia stare meglio, perché nessuna condanna ci restituirà Silvia e Alessandro. Ma sapere che in tutto questo tempo i responsabili hanno vissuto serenamente con le loro famiglie, mentre noi ci alziamo ogni giorno con lo stesso dolore, fa male. Ci saremmo aspettati dal sistema giudiziario un maggior rispetto per il nostro dolore. Stiamo aspettando una pena vera. Qualcosa che almeno riconosca la gravità di quello che è successo. I responsabili devono pagare».
C’è qualcosa che avrebbe voluto vedere fare diversamente da parte delle istituzioni o della magistratura?
«Sì! A partire dai tempi. Non è accettabile che a distanza di quattro anni dalla tragedia non sia ancora stato disposto il rinvio a giudizio degli imputati, con il rischio di prescrizione di alcuni reati. Speriamo a questo punto che l’udienza preliminare si concluda velocemente e che venga fissata quanto prima la celebrazione del dibattimento. Non chiediamo l’impossibile, ma almeno un po’ di serietà e urgenza. Non si può restare fermi così a lungo, non per un caso come questo».
Si sta facendo qualcosa per mantenere vivo il ricordo di Silvia, Alessandro e delle altre vittime?
«Sì, noi familiari di Silvia e Alessandro abbiamo deciso di non restare fermi di fronte a questa tragedia. Abbiamo fondato l’associazione Come l’aria. La scelta del nome è perché, come l’aria, loro sono sempre con noi. L’obiettivo è quello di legare il loro ricordo non solo al dolore della perdita, ma a progetti che guardano avanti, rivolti in particolare alle nuove generazioni del nostro territorio, quello di Varese. Il primo progetto concreto è il finanziamento di un percorso didattico per le scuole primarie a Castronno, realizzato in collaborazione con l’associazione Materia di VareseNews. Vogliamo che Silvia e Alessandro continuino a vivere anche così: attraverso iniziative che lascino un segno positivo e duraturo».
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.