La neve si sta già sciogliendo, la scorte di acqua sono dimezzate: “Il 2023 sarà peggio del 2022”
Il 2023 si apre con le scorte d'acqua dimezzate rispetto alla media e con le alte temperature che sciolgono la poca neve che c'è: "Il deficit idrico non può essere sanato solo dalla pioggia, servono investimenti"
Il 2023 è iniziato con il segno meno. Un meno 49,7% per l’esattezza. È questa la quantità di acqua che manca rispetto alla media degli ultimi 20 anni nel bacino del Verbano, il maxi serbatoio che abbraccia il Lago Maggiore e tutti i fiumi e bacini che lì riversano le loro acque di Lombardia, Piemonte e Svizzera. Il dato emerge dall’ultimo monitoraggio settimanale di Arpa Lombardia sulla disponibilità di risorse idriche che fotografa una situazione molto delicata. (Nella foto i pochi centimetri di neve presenti nell’area del Passo della Forcora/Monte Corbaro)
In tutta l’area si stimano 653 milioni di metri cubi di acqua potenzialmente disponibile -contenuta nel Lago Maggiore, negli altri laghi e invasi e sotto forma di neve- contro un valore medio di quasi 1.300 milioni, la metà in pratica. L’acqua manca in maniera molto marcata nel Lago Maggiore (-76.9%) e sulle Alpi, dove la neve è meno della metà di una stagione normale. Ed è proprio la neve il problema: la poca che c’è, con le temperature elevate delle ultime settimane, ha già iniziato a sciogliersi. Un problema non da poco considerando che è proprio la neve a rappresentare la scorta strategica in grado di fornire acqua in primavera ed estate e che l’anno scorso, ad esempio, si è esaurita con molte settimane di anticipo. Con la neve che si scioglie gli unici a tenere sono gli invasi alpini che raccolgono quelle acque, con solo un meno 20% rispetto alla media.
Una situazione che potrebbe iniziare a cambiare da settimana prossima con l’arrivo di alcune precipitazioni, nevose sui monti. Certo è che l’acqua che manca è davvero tanta e non basterà una nevicata per invertire la rotta. Lo sanno bene all’ANBI, l’associazione dei Consorzi di bonifica e di irrigazione, che guardano con grande preoccupazione ai cambiamenti climatici in atto. «Come qualsiasi bilancio a lungo in deficit, anche quello idrologico è ormai pregiudicato ed il riequilibrio non può prescindere da importanti interventi esterni» commenta Francesco Vincenzi, Presidente ANBI, il cui Osservatorio sulle Risorse Idriche certifica l’impossibilità di recupero con gli attuali apporti pluviali. «È ormai acclarata la necessità di un urgente programma di interventi articolati quanto coordinati e multifunzionali, capaci di trattenere le acque, soprattutto di pioggia, per utilizzarle nei momenti di bisogno: dai laghetti alla bacinizzazione, dalle aree di espansione al riutilizzo di cave abbandonate – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Questo va affiancato ad una costante ricerca nell’ottimizzazione irrigua, senza dimenticare l’efficientamento delle reti idriche, nè le possibilità di utilizzo delle acque reflue».
Temi che non sono all’ordine del giorno della politica e dell’opinione pubblica. «Rilanciando un nostro slogan -conclude Vincenzi- vogliamo ricordare ad un’opinione pubblica e ad una politica distratte che il cibo è irriguo e che la qualità del made in Italy, ma anche la sovranità alimentare, dipendono dalla disponibilità d’acqua. Questo lo diciamo all’inizio di un’annata che, allo stato attuale, si annuncia idricamente più difficile del già complesso 2022, soprattutto in regioni settentrionali, fulcro dell’economia agroalimentare italiana».
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