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“Rinviate il piano regionale per la non autosufficienza”

Le principali associazioni che si occupano di disabilità chiedono uno stop al piano finché dura l'emergenza Covid e di correggere 4 punti critici

protesta in regione associazioni disabilità

Regione Lombardia, con un provvedimento adottato il 17 aprile scorso, ha deciso di rinviare dal 30 aprile al 29 maggio il termine di presentazione delle domande per accedere ai fondi del piano per la Disabilità gravissima B1 .

Uno spostamento di due mesi che alle principali associazioni lombarde attive nella tutela dei diritti delle persone con disabilità non basta e chiedono proprio il rinvio del Piano regionale della non autosufficienza:

«Le principali associazioni lombarde* attive per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, chiedono a Regione Lombardia di rinviare l’avvio del nuovo Piano regionale per la non autosufficienza. La richiesta è contenuta in una lettera inviata nei giorni scorsi a Stefano Bolognini, assessore all’assessore regionale alle Politiche sociali, abitative e disabilità, e al direttore generale, Giovanni Daverio.

Da un lato le associazioni hanno “accolto con piacere” le iniziative dell’assessorato che, con le ultime delibere di Giunta, ha previsto la continuità di intervento per i mesi a venire e che hanno semplificato le domande di accesso alle Misure B1 e B2 per le persone con disabilità grave e gravissima.

Dall’altro, però, le associazioni restano convinte che “la strada maestra rimanga quella di rinviare l’applicazione del nuovo Piano regionale alla fine dell’emergenza Covid-19 e di continuare a garantire continuità alle stesse condizioni dei mesi passati a tutte le persone prese in carico, concentrando così le energie nella gestione dei nuovi ingressi”, si legge nella lettera.

Le procedure previste per la presentazione della domanda, per quanto semplificate, presentano infatti un grado di difficoltà non indifferente e un’ulteriore fonte di stress per una parte significativa delle persone e delle famiglie coinvolte. Persone che, a causa delle misure restrittive imposte per ridurre la diffusione del Covid-19, si trovano a vivere in condizioni particolarmente faticose e spesso con un limitato supporto dall’esterno.

Il rinvio del Piano regionale per la non autosufficienza (che ha un costo stimato in 12 milioni di euro) si renderebbe necessario anche per sanare alcuni aspetti problematici sotto il profilo della legittimità (contenuti nella Dgr. 2720 del 23 dicembre 2019 e nella Dgr. 2862 del 18 febbraio 2020) come specifica un’analisi redatta dai legali del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità.

Sono quattro i passaggi che destano maggiore perplessità. A partire dalla richiesta di presentare l’ISEE ordinario per accedere alla Misura B1 e per definire la platea dei beneficiari. Regione Lombardia, infatti, ha scelto di utilizzare la situazione economica del nucleo familiare del beneficiario del contributo, al posto dell’ISEE sociosanitario, come previsto dalla normativa nazionale.
Inoltre, la DGR di Regione Lombardia stabilisce il divieto assoluto di presentazione della domanda (e quindi di accesso al contributo) nel caso di ISEE superiori a 50mila euro. Una richiesta che, sottolineano i legali del Centro Antidiscriminazione, “risulta in evidente contrasto con quanto stabilito nel Piano Nazionale per la non autosufficienza, oltre che con il DPCM 159/2013 “.

Un terzo elemento di criticità è dato dalla richiesta di residenza in Lombardia da almeno due anni per accedere ai benefici del Fondo. Una richiesta che discrimina in particolare i minori con disabilità con un’età inferiore a due anni nati in un’altra regione italiana e i minori con disabilità nati all’estero in caso di ricongiungimento familiare. “La Corte Costituzionale -ricordano i legali- ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del limite basato sul tempo di residenza anagrafica in Regione Lombardia (…) ritenendo illogico premiare le persone che restano stanziali su un territorio, a scapito di una valutazione del bisogno, che deve sempre guidare gli interventi sociali”.

Infine, un quarto elemento di criticità è rappresentato dal requisito della “capacità di esprimere la propria volontà” per accedere ai progetti di vita indipendente. Per i legali del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi questo requisito è un parametro “da considerarsi vago, privo di base scientifica e culturale, oltre che senza alcun riferimento normativo. È quindi da considerarsi illegittimo, se non discriminatorio”.

“A fronte di queste criticità, chiediamo quindi a Regione Lombardia di intervenire con urgenza per modificare questi passaggi, anche al fine di evitare il ricorso alla magistratura da parte delle associazioni, delle persone con disabilità e dei loro familiari”, commenta Laura Abet, avvocato del Centro Antidiscriminazione di LEDHA.
 
*La lettera è firmata da LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità, AISLA, AISM, ANFFAS Lombardia, ANGSA Lombardia, Associazione Famiglie SMA, Associazione Aldo Perini, AUS Niguarda – Associazione Unità Spinale, Comitato 16 novembre, Comitato Lombardo per la Vita Indipendente, Comitato Uniti per l’Autismo, Huntington ONLUS, UILDM-Comitato Regionale Lombardo Unione Lotta alla Distrofia Muscolare.»

Pubblicato il 29 Aprile 2020
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