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Un genitore: “I disabili e le loro famiglie stanno pagando un prezzo altissimo”

“Sono consapevole che non sia semplice trovare soluzioni, ma per un bambino come Maria restare mesi senza una continuità nelle terapie significa regredire e perdere molto del lavoro fatto”

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un genitore sulla difficilissima situazione che stanno vivendo le persone disabili e le loro famiglie, dopo la chiusura delle strutture di sostegno e la sospensione di molte terapie.

C’è una categoria di persone che in questi momenti di emergenza dovuti al Coronavirus sta sopportando disagi maggiori rispetto a quelli sostenuti da tutti gli altri. Si tratta dei disabili e delle loro famiglie. La chiusura di scuole, centri di assistenza, la sospensione di molte terapie, praticamente tutte quelle non considerate salvavita, ha ribaltato sulle famiglie l’intero impegno per l’assistenza al disabile.

Mia figlia Maria, 9 anni autistica, da tre settimane è sempre e solo in compagnia di noi genitori. Oltre alla scuola non può più accedere ai servizi dell’Associazione Gazza Ladra presso il CISS di Borgomanero che le permettevano di giocare in compagnia di altri bambini seguita da educatrici qualificate, e nemmeno ricevere le terapie, sedute di logopedia e psicomotricità, che seguiva nello stesso ambito. Anche la logopedista dell’ASL, che le erogava due ore al mese oltre quelle del centro privato, ha sospeso ogni trattamento. Tutte le operatrici restano disponibili per qualche consiglio via telefono o mail. Ovviamente Maria non può nemmeno andare in piscina, un’ora alla settimana, attività che costituiva il suo massimo divertimento. Mantenerla tutto il giorno fuori dai suoi schemi interiori, evitare che assuma comportamenti dannosi per la sua salute, come mangiare pastelli e legno ad esempio, è adesso molto complesso.

Sono certo, che molte altre famiglie nel novarese, nel VCO e nell’intera penisola si trovino nella stessa situazione. Da alcuni nonni e genitori di soggetti come Maria con cui sono in contatto ne ho avuta conferma. Sono consapevole che non sia semplice trovare soluzioni, bisogna però considerare che per una bambina come Maria restare mesi senza una continuità nelle terapie significa regredire e perdere anche molto del lavoro fatto, oltre che isolarsi per più ore ogni giorno nel proprio mondo lontano. Nemmeno credo sia giusto che persone già sfavorite dal destino debbano essere quelle costrette, dopo chi per questo virus perderà la vita, a pagare il prezzo più alto.

Francesco Beltrami

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Pubblicato il 12 Marzo 2020
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