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Barron, Jarrett, Jamal e Astatke: il Natale é jazz

Un viaggio tra America, Europa ed Etiopia nei cd della Ducale Dischi di Brebbia

Mulatu Astatke e gli “schizzi” etiopi
Mulatu Astatke è uno fra i maggiori protagonisti dell’Ethio-Jazz. Primo studente africano al Berklee College of Music, ha suonato con Duke Ellington, collaborato con Jim Jarmusch e composto una musica nella quale l’unione tra latin, tradizione popolare dell’Etiopia, funky e incedere cosmico (debitore, in parte, alla lezione di Sun Ra) apre nuovi spazi di esplorazione. “Sketches of Ethiopia” (etichetta Jazz Village) rappresenta una sorta di manifesto – sorprendentemente vitale – di questo impasto denso di colori, sfumature e vibrazioni. Voci, fiati (con un accento privilegiato sugli ottoni) e melodie articolate accompagnano l’ascoltatore in una spirale di incalzanti stimoli ritmici. Un viaggio in terre lontane che non esalta la globalizzazione, ma il valore – incontaminato – di quell’Africa dove tutto è movimento. Anche quando tutto sembra immobile.

The Classical Jazz Quartet play…Rachmaninov, Cajkovskij, Bach.
Una vecchia storia, quella della musica classica prestata al jazz. Eppure, “The Classical Jazz Quartet” – incisioni del 2006 ora riproposte dalla Kind of Blue – riapre la questione e regala un trittico che somiglia tanto ad un puzzle tra Sergej Rachmaninov, Pietr Cajkovskij e Johann Sebastian Bach. Pensate pure a Jacques Loussier, che del Bach “afro” ne fece una bandiera, ma con Barron al piano, Harris al vibrafono e marimba, Carter al contrabbasso e Nash alla batteria è la grande tradizione nera a dettare il passo. Gli arrangiamenti di Bob Belden fanno il resto. Musica ai raggi X nella quale swing, be-bop elegante e smaliziato, latin si appiccicano con leggiadria ponendo l’accento più sulla danza che sulla melodia originale. Ascolto gradevolissimo che invita ad una incessante caccia al tesoro.

Keith Jarrett: prima “No End”, poi i Concerti di Bregenz e Monaco
“Il mago e il prestidigitatore”, ma anche l’hippy di Haight-Ashbury e il pianista che si accompagna con il suo sax al Golden Gate Park. Poi ci sono il batterista, il chitarrista e il cantante: one-ma-band in “No End”, Keith si mostra poliedrico nella crescita musicale e polimorfo nella scelta stilistica. Un elemento, però, accomuna i due lavori, ed è la melodia. Jarrett, così intensamente impegnato nell’esplorazione armonica, si riconferma grande narratore di temi. In entrambe le produzioni per la Ecm – due dischi per “No End” e tre per i concerti – si riscopre l’avidità sonora di questo genio maniacale e perfezionista. La musica, ambito nel quale si esprime al meglio, si concede senza inibizioni. E nelle snervanti prove solistiche, conferma le ragioni di quella sindrome da stanchezza acuta che lasciò a terra, per alcuni anni, Jarrett. Antipatico e ossessivo quanto vogliamo, questo pianista celebra il grande rito di un suono assoluta che non teme confronti o sfide.

Ahmad Jamal e la Luna Blue
Il sincopato alla batteria che apre “Autumn Rain”, potrebbe bastare per convincervi all’acquisto. Blue Moon (etichetta Jazz Village) è un brano che è entrato nella storia, ed è per questo che tutti ne vollero dare una loro versione: da Bill Monroe a Elvis Presley e Mel Tormé. In questo disco al fianco di Reginald Veal al contrabbasso, Herlin Riley alla batteria e Manolo Badrena alle percussioni, Ahmad riconferma ciò che è sempre stato per pubblico, critica e colleghi: "Il profeta", "Il maestro", "L’architetto", "Ahmad il magnifico", "Il prestigiatore del piano", "L’uomo con due mani destre". Musica profonda e materica che non lascia spazio all’ascolto leggero: o la segui, partecipando all’incrocio assiduo di ritmo e improvvisazione, o la dimentichi (sempre che ci si possa riuscire). Jazz d’alta scuola, concepito nel perfetto equilibro tra armonia e canto.

Pubblicato il 22 Dicembre 2013
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