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Da Germignaga a Costanza sulla “Graziella delle meraviglie”

680 chilometri in 4 giorni. L'impresa del nostro lettore Mario Pistocchini

Pubblichiamo il diario di viaggio del nostro lettore Mario Pistocchini. In sella a una Graziella "Cigno Seventy" ha pedalato da Germignaga (Italia) a Costanza (Germania): Km 680, ore 44 in 4 giorni. Dislivello positivo 5000 metri.

Nonostante la buona volontà di non distrarmi durante i miei pomeriggi di studio, l’occhio sulle cartine per studiare itinerari da percorrere in bici cade sempre. È stato proprio durante uno di questi “rari” momenti di distrazione che l’occhio è caduto sul nome di una città al confine tra la Germania e la Svizzera. Questa città era Costanza. Così ho cominciato a vedere quanti chilometri sarebbero stati, quanto il dislivello, quale strada si sarebbe potuta fare, e quali città e paesini sarebbero stati attraversati. Dall’unione di tutte queste variabili risultò un giro a parer mio interessante.

Dopo avere scelto la meta dovevo scegliere il mezzo (non che potessi scegliere tra molti). Le quattro ipotesi tra cui scegliere furono: la bici da corsa, la mountain bike, la Graziella, la bici di mia mamma. Dopo avere escluso la bici di mia mamma che le serve per andare al lavoro, e la mountain bike che comincia ad essere malridotta (la vorrei tenere un po’ da conto), sono rimaste la bici da corsa e la Graziella. Con la bici da corsa sarebbe stato un giro tranquillo, però la mia idea era di fare qualcosa di un po’ diverso e di più difficile, quindi la mia attenzione si spostò sulla Graziella, in fondo a me questa bici è sempre piaciuta fin da quando da bambini io e mio fratello le recuperavamo dai rottami, e dopo una veloce sistemata, ci giravamo per ore ed ore in paese. Una sera cercando in internet tra le immagini comparve la foto di una Graziella tutta cromata e luccicante. Fantastica pensai! Come un lampo mi venne l’idea di chiedere alla ditta se fosse stata interessata a sponsorizzami. Pensavo che sarebbe stata una mail spedita al nulla alla quale non sarebbe mai arrivata risposta. Invece dopo un paio di giorni ecco la mail tornare con la risposta. L’idea gli sembrava interessante, mi avrebbero spedito la bici all’inizio dell’estate (la mail con la richiesta l’ho mandata a febbraio). Aspettando per mesi questo momento, a luglio, dopo essermi laureato in ingegneria, mi feci vivo, ed ecco che qualche giorno dopo lo sponsor spedì la Graziella Cigno Seventy con la quale sarei andato in Germania. A seguirmi in questo viaggio si era offerto mio papà. L’allenamento non gli mancava, la forza fisica e soprattutto quella mentale neanche. Sfortuna volle che si svegliò una piccola ernia che “gonfiandosi” aveva infiammato il nervo della gamba provocandogli una nevralgia atroce. Dopo qualche settimana di fase acuta il dolore andò diminuendo. Tuttavia questo lo ha costretto, con molto, ma molto dispiacere da parte di entrambi, a rinunciare.

Sabato 20 luglio, Luino – Brinzio – e ritorno da Cunardo per verificare che la Graziella Cigno Seventy non avesse problemi (percorso fatto con mio papà che si stava rendendo conto di aver forse superato il suo problema). Test superato con successo. Con meno successo fissai invece i bagagli sul portapacchi della bicicletta (una borsa, la tenda, 2 bottiglie di acqua da 1,5 l, sacco a pelo e mantellina). In data domenica 21 luglio, al pomeriggio, li legai con due elastici al portapacchi posteriore. Pensavo di avere fatto un buon lavoro, ma appena dopo 100 metri per collaudarne la stabilità, sul portapacchi non c’era più niente, i bagagli erano sparsi per il cortile. Così ricominciai da capo, recuperai altri due elastici e una cintura dei pantaloni. Ora sì che i bagagli erano fissati bene!! Anche scendendo dal marciapiede non si muovevano più!! Portai quindi la bici sul balcone di casa pronta per la partenza del giorno dopo.

Lunedì 22 luglio.
Ore 2.30 di notte.
La sveglia suona. Annebbiato per l’ora e per avere dormito solo 3 ore mi alzo. Come ogni volta la giornata comincia con la ricerca del calzino che misteriosamente durante la notte sparisce. Avevo promesso a mio fratello che non l’avrei svegliato, ma…quella notte, non so come mai, il calzino era finito sotto la scrivania. Erano già le 2.34, si stava facendo tardi!! La partenza l’avevo programmata per le ore 3.00. In un lampo feci una colazione adeguata allo sforzo previsto per la mattinata, trangugiando del latte mischiato a miele, biscotti, zucchero, cereali e ovomaltina. Dopo essermi rifocillato, con un po’ di nausea ma ricco di energia, appena il tempo di lavarmi i denti e via giù dalle scale con la bici in spalla (mamma mia quanto pesa!!).
Arrivato in piazza ci montai sopra e cominciai a pedalare. La notte non sembra serena, nelle vallate tra le montagne di là del lago si vedevano i bagliori di qualche temporale, ma fino che stava di là a me andava bene. Uscito da Luino i lampioni finirono, proseguii al buio. Tra una nuvoletta e l’altra brillava la luna piena, quindi spensi la luce anteriore (la accendevo solo all’arrivo delle macchine, 4 da Luino fino a Zenna). Proseguii al buio seguendo la linea bianca in mezzo alla strada. Sul bordo della carreggiata spesso si intravedevano gli animali che probabilmente scendevano nel fosso a bordo strada a bere. Due colpetti di campanello ed eccoli fuggire tra le tenebre del bosco (che rompiscatole questo Mario pensavano!! Non poteva stare a letto a dormire invece di passare a disturbarci ??)

Arrivato a Poggio a bordo strada c’era il mio caro amico Rino, presidente della Val Veddasca e Molinera running (di cui faccio parte), si era svegliato apposta alle 3.40 per vedermi passare! Un paio di foto ed un saluto e si riparte, la strada per arrivare a Zugo, mia prima tappa, era ancora lunga. La prima città ad arrivare fu Bellinzona, la seconda Biasca. Fin qui tutto bene, anche perché la strada era in piano. Da Biasca comiciò la fatica, nulla di eccessivo, tuttavia fatica. Arrivato ad Airolo alle 10.34 ci furono i primi 5 minuti di pausa per andare al supermercato a prendere qualcosa da mangiare per la giornata. Comperai due panini con il salame. Uno sparì all’istante, l’altro lo conservai per quando sarei arrivato di là delle Alpi.

La salita da Airolo al San Gottardo fu veramente dura. Nonostante la Graziella Cigno Seventy viaggiasse senza problemi, la pendenza della strada continuava ad aumentare (in fondo si dovevano fare 900 metri di dislivello in 12 km, in un modo o nell’altro la strada doveva salire). Spesso venivo superato da qualche ciclista in bici da corsa, cercavo di pedalare più forte per tentare di stargli a ruota, ma non ci riuscivo, la fatica era troppa. Arrivato all’inizio della salita della Tremola fui costretto ad una pausa di altri 5 minuti. Tempo per un po’ di acqua per alleggerire la Graziella e di nuovo si pedalava. Arrivato a metà dei tornanti della Tremola la voglia di scendere era forte, la fatica estrema (ma alla fine non era quello che stavo cercando?) però non avevo fatto 107 km in sella per scendere agli ultimi 5. Resistetti ancora un po’ e pedalatina dopo pedalatina ecco il passo del San Gottardo!! Arrivato catturavo l’attenzione di molti poiché non penso che capiti spesso di vedere pazzi in Graziella da quelle parti. Così misi la bici un po’ nascosta dietro le moto. Uno dei motociclisti si offrì di farmi una foto, e una ne volle fare assieme a me con il suo cellulare. Dopo la foto e un sorso d’acqua (mezzo litro), via verso nord, verso Costanza! La discesa tra il Passo ed Andermatt fu fantastica, la Graziella in discesa andava che era un piacere… e io la lasciavo andare (ma non ditelo alla mia ragazza che poi si preoccupa!!). Ad Andermatt un breve tratto in piano e poi giù ancora tra le montagne. A fondo valle costeggiai il lago dei Quattro Cantoni fino a Brunnen. Qui entrai nella piana, costeggiando prima il lago di Lauerz, e poi il lago di Zugo. Prima di costeggiare il lago di Zugo alle 16.55, dopo 14 ore che pedalavo, sentii un leggero calo di forze. Poiché non sapevo quanto mancava ad arrivare a Zugo non avendo cartine (andavo a memoria ed a intuito, più a intuito che a memoria), e pensando che potesse mancare ancora molto, decisi di fare una sosta ad un distributore per prendere un po’ di benzina. Considerando che eravamo in Svizzera, per il corpo umano quale benzina c’è migliore di una bella tavoletta di cioccolato? La mangiai intanto che pedalavo. Nonostante fossero le 17.00 il sole era cocente, la giornata limpidissima. Grondavo di sudore anche perché avevo bevuto molto (avevo riempito e svuotato le 2 bottiglie che avevo portato con me, quindi 6 litri di acqua). Faceva talmente caldo che il cioccolato cominciò a sciogliersi in mano, una goccia finì anche sulla canna della bici! Per fortuna non mancava molto a Zugo. Un’oretta e arrivai. Andai immediatamente a cercare un campeggio dove mettere la tendina per la notte e soprattutto dove farmi una doccia! Soddisfatte queste necessità cominciai a cercare un supermercato dove fare scorte di cibo per l’indomani e mangiare qualcosa per la sera. Erano ormai le 19.00 e in giro non c’era più un’anima. I supermercati erano tutti chiusi. Nei bar che trovai più di una brioches non potevano darmi. L’unico ristorante che trovai era quello di un hotel a 5 stelle. Non guardai neanche i prezzi. Rinunciai. Così dopo 215 km, 2000 metri di dislivello, e 13.40 ore effettive di pedalata su 15 mi ritrovai senza cibo. Non avevo molta fame perché avevo comunque mangiato molto strada facendo. I due panini comperati ad Airolo, altro pane e salame comperato ad Aldorf, il cioccolato. Andai quindi alla stazione dei treni e presi un pacchetto di caramelle giusto per integrare un po’ di zuccheri. Poi andai a dormire. La tendina da 39 franchi aveva la zanzariera, almeno entrava un po’ di arietta fresca. Avevo anche il sacco a pelo. Quello che invece non mi era venuto in mente di prendere, e che quindi non avevo, era un materassino, o comunque uno spessore da mettere tra me ed il terreno. Nonostante l’erbetta fosse verde, il duro terreno non era proprio il massimo per dormire. Anche il cuscino non c’era; a quello però rimediai usando la mantellina gialla messa sopra lo zainetto vuoto. Non ebbi tuttavia problemi ad addormentarmi.

Martedì 23 luglio
Ore 7.00 sveglia.
Per la gioia degli altri campeggiatori che dormivano, prima di riuscire a disattivare la sveglia passarono 30 secondi abbondanti. L’aver dormito tutta la notte sul terreno probabilmente nella stessa posizione mi aveva reso un po’ rigido. Prima di muovere il braccio per spegnere la suoneria della sveglia dovetti impegnarmi a fondo. Disattivata la suoneria si passò alla parte inferiore del corpo, un po’…molto un po’ indolenzita anche lei. Dopo alcuni esercizi, durante i quali prima la gamba si muoveva di 5 cm, poi di 10, poi di 15…ecc, riuscii ad avere il pieno controllo su me stesso. Mi sentivo come nuovo. Anche le gambe non facevano per niente male. La sera prima ero preoccupato di non riuscire l’indomani a percorrere altri 115 km, ma ora mi sentivo benissimo! Uscito dalla tenda mi infilai le scarpe fradice a causa dell’umidità (le avevo dimenticate fuori dalla tenda). Dopo averle messe si presentò un altro problema: cominciai a litigare in modo violento con la tenda che non voleva più tornare nella sua sacca. Poiché io sono l’umano e lei è la tenda, vinsi io e alla fine si piegò (in senso letterale) al mio volere. Fissai i bagagli sul portapacchi della bici con gli elastici e la cintura. Andai a darmi una lavata alla faccia e ripartii.

La prima tappa fu al supermercato per fare scorte di cibo e acqua, chiudeva presto ma almeno alle 6.30 apriva. Quella giornata vedeva come meta la Germania, in particolare Costanza. La prima città che avrei dovuto attraversare fu Zurigo. Per arrivare qui ci sarebbe stata, dopo una salita di 3,5 km, una strada fortunatamente in leggera discesa lungo un fiume. Era mattina presto e la temperatura era accettabile. Le strade che da Zugo portavano a Zurigo erano due, una corta l’altra lunga. Poiché la meta era la Germania, ma lo scopo del viaggio era quello di viaggiare e vedere il maggior numero di posti possibile, scelsi la strada lunga. Arrivato a Zurigo percorsi alcuni Km lungo il fiume Limmat. Uscito da Zurigo proseguii in direzione Winterthur. La strada si snodava tra saliscendi con leggere pendenze, in mezzo a paesini ordinati e tranquilli e tra campi coltivati. Da Winthertur a Frauenfeld la temperatura cominciò a salire. Arrivato alla stazione dei treni di Frauenfeld, alle 12,25, mi fermai a mangiare un boccone. Intanto che ero seduto al tavolino del supermercato (spesso fuori dai supermercati ci sono tavolini ed ombrelloni tipo bar), vidi passare una jeep militare con dietro in fila indiana una ventina di militari in bicicletta. Volevo seguirli così mangiai in due secondi quello che rimaneva e saltai subito sulla bici. Nonostante pedalassi molto velocemente i militari erano fuggiti e non riuscii più a trovarli. La tappa dopo Frauenfeld sarebbe stata Costanza. Da quanto mi ricordavo non era lontanissima, e pensavo sarebbe arrivata a breve. Evidentemente mi sbagliavo. Da Frauenfeld a Costanza la strada presenta moltissimi rettilinei in mezzo a campi coltivati principalmente a grano. La vista è spettacolare mi piaceva pedalare lì in mezzo. Mi piaceva però di meno la temperatura. Se fosse stato aprile quella strada sarebbe stata un sogno, ma a luglio, con il sole splendente in un cielo azzurro azzurro azzurro, limpidissimo e senza un filo di vento, in mezzo ad un’afa bestiale, mi sembrava di cuocere. In più la strada in mezzo ai campi non era in piano, e poiché era nera, appena asfaltata, il caldo dell’asfalto era notevole. Non mi ricordavo più se quando si ha caldo, per soffrire di meno, si deve pensare a qualcosa di ghiacciato o di bollente. Ho provato a pensare prima a una cosa poi all’altra. Nessuna delle due funzionava, così rinunciai e pensai solo a pedalare. Numerose colline costringevano la strada a salire. Intanto che pedalavo da solo (il traffico era assente, solo ogni tanto passava qualche macchina) pensavo “dai in cima a quella salita dovrei vedere il lago”, ma arrivato in cima alla collina vedevo solo un altro rettilineo in salita verso una collina più alta. Ed arrivato in cima a questa si vedeva un altro rettilineo ancora. Fortunatamente pedala pedala anche le colline finirono, e lasciarono posto al lago. Dopo una bella discesa eccomi a Costanza. Non entrai nel centro storico, un po’ perché ero stanchino, un po’ perché senza prima farmi una doccia non volevo avventurarmi tra la gente ben vestita. Cominciai la ricerca del camping. Su google maps è facile orientarsi, ma quando sei su una stradina in mezzo al bosco non capisci più nulla. Così ho proseguito verso nord fin che ho visto un cartello con il simbolo del campeggio. Era a una 20ina di minuti da Costanza, ma almeno ora potevo riposarmi, erano le 15.00. Arrivato al campeggio chiesi per dormire. Un signore cicciottello e simpatico mi fece vedere dove potevo mettere la tendina. Mi chiese da dove venivo. Feci prima a dargli il blocchetto sul quale scrivevo i nomi dei paesi con i Km ed i tempi relativi. Stavamo camminando quando gli feci leggere questo. Si bloccò. Prima guardò la pagina del blocchetto, poi diede un occhiata alla mia bici, si guardò attorno e ripartì cambiando direzione. Andò a fare vedere il blocchetto a tutti quelli che lavoravano con lui nel campeggio! Vennero e mi fecero i complimenti anche loro. Dopo avere messo la tenda andai a chiedere al cicciottello simpatico se sapeva dove c’era un supermercato. Si offrì di accompagnarmi. Andammo a piedi e parlammo intanto che camminavamo. Parlammo per una ventina di minuti. Arrivati al supermercato lui andò a casa sua lì vicino, io comperai quello che mi serviva e provai a tornare al camping… ma dov’era?? Arrivando qui avevamo parlato (io un misto di inglese ed italiano, lui un misto di tedesco e inglese) e quindi non avevo memorizzato la strada. Così poiché non mi ricordavo più da dove ero venuto, arrivai al lago di Costanza a piedi, e da qui con le borse pesanti a causa di bottiglie di acqua e di succo, costeggiai il lago fino a che ritrovai il campeggio.

La serata era nuvolosa. Entrai nella tendina per dormire. Prima cominciarono a scendere due goccioline, poi 3 poi 4. Era piacevole sentire quelle rare goccioline picchiare sulla tela della tenda. Meno piacevole fu quando le goccioline da 4 diventarono 1000!! Era arrivato un violentissimo temporale. Presi 3 bottiglie di plastica vuote, le tagliai per il lungo e le misi sul fondo della tenda per recuperare le gocce di acqua che filtravano dalla tenda (39.00 franchi, ma c’era scritto che avrebbe resistito all’acqua… maledetti loro!!!). Dopo una 20ina di minuti la mia tenda cominciò a diventare una piscina. L’acqua la teneva nel senso che non la faceva uscire!! Così presi l’ardua decisione: migrare! Lasciai lì la tendina che ormai era fradicia, recuperai i miei bagagli ed il sacco a pelo, e sotto una fittissima acqua raggiunsi la tettoia del bar. Qui recuperai 2 sedie di plastica e mi diressi verso il locale docce. Misi una delle due sedie in un angolino del muro tra due lavandini e ci appoggiai il sedere, e sull’altra sedia ci appoggiai le gambe. Pensavo fosse un temporale di una decina di minuti, ma dopo un’ora pioveva ancora, forse più forte di prima!! Così decisi di dormire lì nel locale docce sulla sedia, tra un lavandino ed un altro. Ogni tanto entrava qualcuno a lavare i denti o a tagliare la barba. Parlavamo un attimo, e loro per primi mi dicevano “your tent is not good?”. Dalle 23.00 non vidi più nessuno, così mi addormentai. All’1 e 40 il temporale finì. Nonostante le sedie non fossero scomodissime decisi di tornare nella tenda per passare lì il resto della notte. Con un asciugamano ne asciugai il fondo, mi infilai dentro e continuai a dormire.

Mercoledì 24 luglio.
Ore 4.50 la sveglia. Anche lì è stata una bella lotta per mettere via la tendina, per di più questa volta era anche tutta bagnata e si appiccicava, inoltre le zanzare del posto erano di dimensioni spropositate. Ore 5.30 la partenza. Uscito dal campeggio cominciò ad arrivare l’alba. Il cielo era sereno e tinto di rosa. Delle nuvole non ne rimaneva che il ricordo. Riattraversai Costanza e alla frontiera feci una foto con la bandiera dei 7 Termini MTB, società di mountain bike di cui faccio parte. Arrivato in Svizzera costeggiai tutto il lago di Costanza, tra campi e paesini da fiaba. L’aria profumava di grano bagnato. Dopo 45 km di strada lungo il lago arrivai a St. Margrethen. Qui entrai nella valle del Reno alpino. La meta della giornata era Chur, a 145 da Costanza. Dopo essere entrato nella vallata percorsi per un’oretta la strada cantonale. Mi diressi poi alla ciclabile del Reno. Questa costeggiava tutto il fiume, in alcuni tratti la stradina aveva il fondo sterrato in altri il fondo asfaltato. Arrivai ad un ponticello di legno coperto, lo attraversai. Dall’altra parte c’era il Liechtenstein. Continuai a pedalare per un’oretta in Liechtenstein. Qui mangiai e dopo mangiato tornai in Svizzera, per proseguire lungo la ciclabile del Reno. Dopo un’altra ora di pedalata la ciclabile finì e si trasformò in sentiero che cominciò a salire e salire. Era largo 3 spanne e sotto c’era il precipizio a strapiombo sul fiume. La bici la portavo a mano per non bucare la gomma (avevo dimenticato la pompetta). Ma dove ca…zo ero finito?? Dall’altra parte del Reno vedevo la ciclabile (quella giusta) dove la gente pedalava felice, io ero finito su quel sentiero che si intravedeva appena, ma tornare indietro mi avrebbe fatto perdere troppo tempo. Arrivato ad un certo punto dopo una quindicina di minuti il sentiero cominciò a scendere, e i versanti si fecero meno ripidi. Dopo una mezz’ora il percorso cominciò ad allargarsi e mano a mano che si procedeva si allargava sempre di più, fino a sbucare sulla curva di una stradina asfaltata. Qui la percorsi e andai dall’altra parte del fiume dove c’era la ciclabile, quella giusta. Percorsi ancora una ventina di km tra ciclabili e strade cantonali. Poi arrivai a Chur. Arrivato come sempre cercai un campeggio. Il tempo era bello ma dei nuvoloni tra le Alpi non lasciavano sperare nulla di buono. Appena cominciai a piantare la tendina ecco un inatteso, ma piacevole evento: il vento. Piacevole per due motivi: il primo è che non essendo un vento di brezza, bensì un forte vento di temporale, pensavo come succede a casa mia che quanto c’è il vento di temporale la pioggia sta lontana, e così è capitato anche lì, il temporale non si è mosso da dietro le montagne. Il secondo lato positivo di quel vento così forte fu che mi fece asciugare la tendina (bagnata dalla notte precedente) in 5 minuti. Anche lì a Chur mangiai, feci un giretto, e poi andai a dormire.

Giovedì 25 luglio.
Ore 4.50 la sveglia. Come ogni mattina suonò e come ogni mattina dovetti fare riabilitazione prima di riuscire a disattivarla e a muovermi completamente. Ore 5.30 partenza da Chur. Oggi avrei dovuto riattraversare le Alpi e percorrere i previsti 180 km che separano Chur da Luino. La partenza di buon ora mi ha permesso di non sentire il caldo, ma non la fatica della salita che tuttavia superai in modo soddisfacente. Di questa salita mi rimase impressa nella mente la Viamala. Questa è la valle più a “V” che abbia mai visto. A guardare giù, da sopra il ponte, dove sotto passa il Reno, fa impressione. Ho provato a scattare qualche foto ma purtroppo non rende l’idea. Arrivato a Splugen a 1500 m s.l.m. vengo raggiunto da mio papà in bicicletta, con la mountain bike. Nonostante l’ernietta voleva provare a vedere se gli avrebbe fatto male a pedalare. Almeno se non tutti e quattro i giorni avremmo pedalato assieme almeno la metà dell’ultimo. Da Splugen c’erano ancora 130 km per arrivare a Luino. Da Hinterrhein la strada che saliva al passo mi fece sputare l’anima. Non era molto ripida. Ma dopo aver pedalato per decine di ore in 4 giorni le gambe cominciavano ad essere un po’ affaticate. Inoltre per stare a dietro a mio papà che sembrava avesse il motore sulla bici.. che fatica!! Tuttavia pedalata dopo pedalata la Graziella Cigno Seventy col suo pesante carico sul portapacchi, riuscì a raggiungere anche il passo del San Bernardino. Qui foto e via !! I primi 30 km erano di discesa, ma finiti questi si doveva pedalare ancora. Il caldo asfissiante toglieva le forze, ma il pollo arrosto che mi aspettava a casa era un motivo più che valido per non mollare. Però una pausa al supermercato di una decina di minuti era d’obbligo. Qui mio papà prese una birretta, io mezzo litro di latte. Dopo avere recuperato le forze grazie a queste bevande ripartimmo, arrivammo a Bellinzona, attraversammo la piana di Magadino, e costeggiammo il lago Maggiore. Il sedere lo togliemmo dalla sella della bici a Luino. Ce l’avevamo fatta!! La mia felicità per essere riuscito a concludere il giro nei tempi prefissati non lasciava spazio alla fatica, inoltre le gambe nonostante i km non facevano male per niente, merito forse dell’allenamento, forse della bicicletta. Spero l’anno prossimo di fare ancora qualcosa di simile, magari anche di più lungo, perché nonostante la fatica sono stati 4 giorni fantastici!

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Pubblicato il 30 Luglio 2013
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