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Maqs Rossi, canzoni fatte di voce tra soul e hip hop

Nato e residente a Lugano ma di madre serba e papà luinese si presenta al pubblico con il suo album di 4 pezzi dal titolo "Vocal.ep" e promette di incantare con la sua voce capace di esplorare nuovi scenari musicali

Abbiamo intervistato Massimiliano Rossi, al secolo Maqs Rossi, un vero insubre con influenze balcaniche (nato in Ticino ma cittadino di Castelveccana per moltissimi anni e ora di nuovo residente a Lugano, la madre è serba) in uscita con il suo ep "Sorprendimi" tutto vocale con quattro pezzi interamente realizzati  con la sua voce. Maqs ha 28 anni e da quando ne ha meno di diciotto dedica anima e corpo alla musica. Artista poliedrico, gran voce e presenza scenica sta cominciando a circolare sulle radio svizzere e ora cerca di farsi conoscere in Italia. Il suo ep, tra soul e hip hop, è già stato scaricato gratuitamente centinaia di volte dal suo sito www.maqsrossi.com. Da poco è uscito anche il video abbinato al singolo che vi proponiamo sulla nostra web tv, allegato all’articolo. Massimiliano suonerà sabato 26 novembre al bar Triangolo di Bellinzona insieme ad alcuni rapper della scena locale

Raccontaci, in breve, come nasce la tua passione per la musica e il percorso che ti ha portato al tuo album in uscita.

Nella musica ci sono cresciuto, mio padre ha fatto il disc jockey per anni e la musica la colleziona. Il primo amore è stato il Sassofono e la mia prima vera esperienza musicale l’ho fatta con la formazione ska degli Harddiskaunt, con i quali ho suonato per quasi due anni. Un’esperienza che mi ha arricchito tantissimo, mi ha dato la possibilità di salire su palchi importanti e mi ha fatto capire molte cose: prima su tutte che non volevo fare il sassofonista ma il cantante! Nel periodo successivo all’uscita dalla formazione ho iniziato a scrivere le mie prime canzoni e nel frattempo suonavo con gli amici in garage, feste, party abusivi, praticamente ovunque sentissimo il bisogno di esprimerci. Devo molto alle amicizie del liceo e alle persone che mi hanno circondato durante quel periodo. La regione dei laghi è un luogo ricchissimo di potenziale il più delle volte inespresso, purtroppo, ma tra di noi abbiamo sempre cercato, in tutti i modi, di portare avanti le nostre passioni sostenendoci a vicenda, creando dal nulla luoghi e situazioni dove poterci esprimere e confrontare. Alla fine delle superiori sono partito per l’Inghilterra dove ho studiato come tecnico del suono. Londra è una città incredibile. Se uno vuole fare musica scoprirla e viverla beh, quello é veramente il luogo in cui stare. Ho passato quattro anni in questa favolosa città e sono stati importantissimi per la mia crescita musicale ma le mie aspirazioni erano sempre rivolte verso casa: scrivo in italiano e benché gli inglesi siano gente molto aperta musicalmente, cantare in italiano a Londra é come combattere contro i mulini a vento. Quindi tre anni fa sono tornato, anche perché stavo lavorando a un disco insieme a tutti quegli amici che mi hanno accompagnato musicalmente durante il periodo delle superiori con i quali, nonostante la lontananza, ho registrato un disco e formato una band dal nome Quadriphonia. In seguito a quella che è stata la mia prima vera esperienza da cantante ho iniziato a realizzare featuring per rapper e produttori della scena underground italiana (BanhanaSapiens, Nottini, Vest’O Beat, NG) e della svizzera italiana (Diego&Marco, Ciemme, Bobby Swiss Killer). Nel periodo tra il 2009 e il 2010 mi sono aggregato al progetto "The Italian Soul" di Dario Serafino. Un anno intenso che mi ha arricchito ancor di più, con un artista come Dario che da solo si è creato un nome nella scena neo soul italiana, combattendo tanto e purtroppo ottenendo poco rispetto a quello che meriterebbe. Ho continuato le collaborazioni con la formazione luganese dei Ciemme che è sfociata nella realizzazione di un disco, "Ultima Dea", uscito per Pyrames International nel 2010. L’inverno scorso, poi, sono arrivato ad una svolta personale. La necessità di uscire con un prodotto tutto mio era talmente grande che ho preso una decisione. Faccio un EP tutto da solo.

Il tuo disco è tutto realizzato con la tua voce. Come mai questa scelta?

Quando ho iniziato a cantare con un po’ più di serietà ho iniziato a studiare a fondo i vari cantanti che mi piacevano e stimolavano maggiormente. Sono un appassionato di musica Black ma mi ha sempre impressionato la capacità di cantanti come John De Leo, di utilizzare la voce come vero e proprio strumento. Ricordo ancora molto bene, la prima volta che ho sentito "Zahra", una canzone dei Quintorigo interamente realizzata da De Leo con la sola voce. Poi, ci sono stati i vari incontri che ho fatto per le strade di Londra… gente che con una loop-machine e la sola voce faceva praticamente tutto. Così decisi di comprarne una (una RC-50 della Boss) e di iniziare a giocarci. A Febbraio di quest’anno un amico produttore hip hop di Pordenone, Vest’O, con il quale lavoro a distanza da qualche anno, mi ha proposto una collaborazione per una sua compilation. La base che mi ha presentato era di 1:30 ed era oggettivamente corta per diventare un brano completo. Ma allo stesso tempo troppo bella nella sua costruzione originale e compatta per modificarla allungandone delle parti… allora ho deciso di completarla con la sola voce. Il risultato lo potete trovare in rete. Si chiama "Si Può pt.1" proprio perché quello è stato il primo mattoncino per arrivare poi al mio "Vocal.EP". Con quella canzone mi son detto, si può fare=lo faccio. E ho iniziato a lavorare al progetto.
La voce, in fondo, è il primo, vero, grande strumento mai esistito, il più completo, il più versatile, il più umano. Con questo lavoro volevo dimostrare che si può fare un disco senza usare strumenti.
Dal vivo propongo uno show che completa il disco così la gente può vedere come le canzoni sono nate prima che le registrassi.

Hai deciso di utilizzare tutti i canali moderni per veicolare i tuoi brani, da Youtube a Facebook, gratuitamente. E’ una scelta che in qualche modo potrà ripagare il tuo sforzo artistico?

La rete è il presente e il futuro della musica, ma l’industria non ha ancora capito alla perfezione come sfruttarla al meglio. Qualcuno che ha saputo aprire la strada però c’é e l’esempio ce l’abbiamo proprio in casa. Sono gli HugaFlame. Loro si sono costruiti le basi di un successo incredibile a livello nazionale proprio utilizzando questi canali e regalando musica fatta bene (quest’ultimo concetto è essenziale altrimenti anche a regalarla la tua musica non va da nessuna parte!). Per me questo EP è innanzitutto questo, un vero e proprio regalo che ho voluto fare a tutte le persone che mi conoscono, mi seguono e che da tempo mi chiedevano un lavoro solista, questo é il mio regalo e un regalo non lo fai pagare. È inoltre un biglietto da visita per chi non mi conosce, per chi non sa chi sono, e anche qui un biglietto da visita resta tale se lo consegni senza un ritorno economico. Il ritorno poi, secondo me, non deve essere per forza finanziario, all’inizio almeno! Con questo progetto infatti sono già nate collaborazioni molto importanti grazie alle quali, ad esempio, il mese scorso ho avuto la fortuna di suonare al Leoncavallo. Visibilità e pubblicità sono il primo grande ritorno, e generalmente, se decidi di acquistarle sui media costano veramente molto care. Nel nostro presente un artista, per emergere, si deve scontrare con prodotti musicali creati a tavolino per produrre introiti. Le grandi etichette discografiche non vogliono percorrere nuove strade, ma sfruttare quelle già battute, dai guadagni garantiti. Le fucine dei talenti servono a questo. Creare interpreti che per un anno abbiano una base mediatica solida dalla quale partire (quella televisiva), senza così dover spendere ingenti somme per la promozione. Chi poi riesce ad attecchire va avanti, ma se non sopravvivi alla tua annata non importa, ci sono altri 10 "talenti" pronti a sostituirti l’anno successivo. La musica è un’industria dove non si investe più come un tempo e se non si investe non si cresce. Ecco, il freedownload secondo me è una risposta a questo status quo, un investimento dell’artista su se stesso, per farsi conoscere, ed è fondamentalmente quello che cerco di fare io.

Quanto ti ha influenzato il luogo (e la conseguente scena musicale e artistica) in cui hai vissuto fino ad oggi? Tra il lago Maggiore e il lago di Lugano?

Molto. Devo praticamente tutto alla nostra zona e ai suoi abitanti. Se ho scoperto l’hip hop lo devo agli amici di sempre che hanno fatto di questa cultura una ragione di vita. Anche il soul l’ho scoperto qui, un po’ grazie alla sopracitata libreria di mio padre e un po’ grazie alla fame di musica di chi, come me, in adolescenza non si fermava alla moda del momento. Anche durante la permanenza in Inghilterra sono stati gli amici del Lago Maggiore e del Luganese a continuare a spingermi a fare musica. Infatti alla fine sono tornato per completare il lavoro con la band dei Quadriphonia. Poi in seguito ho avuto la fortuna di incontrare la famiglia della Ciemme con i quali poi ho realizzato un disco intero. Guardando il territorio, le valli e il panorama non lo diresti ma sia nel "sottosuolo" che in superficie c’è un movimento pazzesco. Da anni. Una parte significativa della storica scena hip hop italiana è nata qui, la musica elettronica che ascoltano in tutte le discoteche del mondo (i Crookers) sono delle nostre zone. Credo ci sia un’energia particolare ed è una cosa che sostengo da anni.

Domanda scomoda. In un brano (Se vuoi si può) ti rifai a "Kristo sì" dei Quintorigo. Una scelta voluta? Se sì, perchè?

Volutissima. È un tributo ad un gruppo che mi ha cambiato la vita, ma soprattutto ad un cantante (John De Leo) che mi ha mostrato una strada fino ad allora per me sconosciuta. Questo comunque non è l’unico riferimento/tributo nell’EP. Infatti, in "Sorprendimi" – 2° brano e singolo del quale ho appena realizzato il video (uscito il 3 novembre) – ricalco il giro di basso di "Chameleon" di Herbie Hancock (ma non nell’arrangiamento originale degli Head Hunters, bensì in quello del live di Hancock con Jaco Pastorius del ’77). Inoltre, il monologo presente in "A Better Ride", 3° traccia, altro non è che il monologo conclusivo di "Revelations" spettacolo del comico americano Bill Hicks. Devo dire onestamente che sino ad ora sono pochissime le persone che hanno riconosciuto i riferimenti (senza leggere il retro della copertina che riporta ovviamente, per filo e per segno, tutto ciò che non mi appartiene nel disco, e descrive – con molti più particolari – tutto quello che ti ho appena detto).

Pubblicato il 21 Novembre 2011
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