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“Con le mie fotografie racconto la natura e chi si impegna per proteggerala”

La fotografia può contribuire a fare divulgazione su temi fondamentali come il rispetto per l'ambiente e il cambiamento climatico. Ma da sola non basta, come racconta Gabriele Ruffato

gabriele ruffato

Dalla passione per la natura all’impegno per l’ambiente e il clima: Gabriele Ruffato è attivista, esperto ma anche fotografo naturalista. I suoi scatti non sono soltanto istantanee di paesaggi mozzafiato ma anche immagini che raccontano come stanno cambiando le nostre montagne, i territori, gli ecosistemi…

Ruffato, come si è avvicinato alla fotografia e in particolare alla fotografia naturalistica? Viene prima la passione per la fotografia naturalistica e poi l’attenzione al cambiamento climatico o viceversa?

Potrei dire che le due cose sono venute abbastanza in parallelo. Vi do un quadro: in passato, quando studiavo, ho fatto una triennale in scienze biologiche, seguita da una specialistica in biodiversità ed evoluzione biologica e poi, per varie vicissitudini della mia vita, sono finito a fare il fotografo pubblicitario. Quando ho iniziato a lavorare sentivo che mi mancava qualcosa, sentivo di dover fare di più per la natura, per gli ecosistemi. Dunque mi sono riavvicinato all’attivismo, un modo più pratico per poter avere un peso, per poter fare delle attività che potessero dare dei risultati. E contemporaneamente ho ripreso anche a fare foto, soprattutto in occasione degli eventi a cui partecipavo.

“Anche le rondini ci dicono che il clima è cambiato”

Nella sua carriera da fotografo, e dunque attento osservatore della natura, quali cambiamenti visibili ha notato di più nel paesaggio, nella flora e nella fauna a seguito del cambiamento climatico, in particolare nella provincia di Varese?

Sì, questo fatto si nota, ma questa sensazione deve essere secondo me sempre accompagnata dall’ elaborazione dei dati su base scientifica. Un esempio di cambiamento visibile che noi abbiamo a Varese, molto importante, è il Campo dei Fiori, che ho osservato sia di persona che attraverso le foto e su cui ho la fortuna di lavorare collaborare con il gruppo di lavoro che sta facendo degli interventi; è un hotspot da un punto di vista climatico. Le osservazioni sulle temperature vengono fatte dall’Osservatorio che c’è in cima alla montagna. In base a queste osservazioni, assolutamente attendibili, abbiamo scoperto che negli ultimi 25 anni la temperatura è aumentata di quasi 4°. Ciò comporta una serie di problemi che infatti abbiamo già vissuto negli ultimi anni. Nel 2017 c’è stato un grosso incendio sulla parte sud e nel 2020 c’è stato un evento meteorologico straordinario con vento molto forte e grandi piogge che ha abbattuto moltissime piante che erano morte durante l’incendio di due anni prima; queste piante cadute hanno creato un disastro, chiamato poi dissesto idrogeologico, problema grossissimo in Italia. Guardando il Campo dei Fiori possiamo tutti notare che ci sono ancora alcune zone totalmente cambiate: la vegetazione è morta, le piante sono a terra e anche da un punto di vista delle immagini la resa è molto forte. Io ho fatto molte fotografie e non le ho ancora pubblicate perché rientrano in un progetto di lavoro che stiamo portando avanti con il team che sta seguendo tutto il processo di riforestazione e di gestione forestale al Sacro Monte.

“Da Varese raccontiamo il clima che cambia. In futuro? Dovremo imparare a rimanere in equilibrio”

Pensa che la fotografia possa essere un mezzo efficace ed impattante per la divulgazione di informazioni sul cambiamento climatico o considera difficile far passare il messaggio attraverso di essa?

La fotografia è uno strumento utile. Un problema che, secondo me, si affronta è il fatto che la fotografia sta diventando uno strumento sempre più popolare e la sua efficacia si è un po’ diluita negli anni, sia perché tutti abbiamo in tasca una macchina fotografica, sia perché siamo costantemente sommersi di immagini. I social vivono di immagini, e le persone colgono in maniera meno attenta quando si trovano davanti un’immagine che racconta qualcosa di importante. Se vedo un’immagine che mi racconta qualcosa di enorme, che riguarda la crisi climatica, ma la vedo inserita in un contesto — in un social come Instagram — dove da questa immagine passo subito dopo a quello che ha fatto una persona che conosco nel weekend, forse l’immagine perde il suo valore.

Per questo, secondo me, è molto importante parlare della crisi climatica e raccontarla con immagini, ma creando degli spazi “ad hoc”, sia per quanto riguarda le riviste, sia gli spazi espositivi. Ci sono sempre più luoghi e strumenti specifici in cui le persone che si interessano di questo problema possono trovare delle informazioni in maniera molto puntuale e ben raccontata. Questo perché la narrazione è importantissima per questo problema. Se lo raccontiamo visivamente, più facilmente e meglio, le persone potranno capirlo e affrontare le due cose più importanti: l’applicazione di quelli che sono gli effetti della specie umana sull’ambiente e l’adattamento a quello che sta già succedendo.

“Per raccontare il cambiamento climatico servono parole concrete”

Lei fa parte dell’organizzazione “ci sarà un bel clima”: di cosa si occupa nello specifico?

Noi facciamo principalmente divulgazione sulla crisi climatica e, in particolare dal settembre 2003, stiamo lavorando a un progetto che si chiama “Stati Generali dell’Azione per il Clima”. Abbiamo pensato che, per poter creare qualcosa di utile per la società e per affrontare la crisi climatica, fosse necessario non solo raccontare quello che succede, ma creare qualcosa che potesse essere utile soprattutto agli amministratori pubblici. Quindi ci siamo messi insieme a quasi un centinaio di altre associazioni, abbiamo coinvolto più di 200 attivisti in tutta Italia e con loro abbiamo scritto un documento che si chiama Libro Bianco. Raccoglie 33 proposte su sei argomenti ed è composto da indicazioni che la società civile, la politica e l’imprenditoria possono utilizzare per sapere cosa fare. Sono proposte su tutte le cose più importanti e urgenti da fare per affrontare la crisi climatica.

Come sto raccontando ora, è un progetto molto grosso. Abbiamo un sito apposta, si chiama “Stati Generali Azione Clima”, dove è spiegato molto bene tutto il processo e ci stiamo ancora lavorando. Infatti, adesso stiamo creando un “kit”, perché il documento, che pensavamo potesse essere piccolo, è diventato un documento di 300 pagine, tutto con basi scientifiche, letto e controllato da chi ha le competenze necessarie per ciascuno degli argomenti trattati. Ora stiamo riassumendo il documento, e stiamo cercando lo strumento che possa essere più efficace e rapido per gli amministratori pubblici. Abbiamo pensato che fosse utile aiutare nel suo scopo chi gestisce la società fornendo degli strumenti per poter agire nella maniera più efficace possibile.

Cosa pensa sia necessario per acquisire consapevolezza e riguardo nei confronti di un tema così delicato e spesso frainteso? 

Interessarsi, essere il più curiosi possibile, accettare che le cose siano in costante evoluzione e accettare soprattutto il fatto che la nostra specie ha un peso, da un punto di vista ecosistemico, che il pianeta non ha mai visto. Per quanto ne sappiamo oggi, non è mai esistita una specie che ha influenzato il pianeta tanto quanto noi, perché lo ha trasformato sia esteticamente che a livello climatico. Quindi la curiosità e l’accettazione del fatto che siamo molto efficaci nel cambiare le cose sul pianeta sono fondamentali. E se abbiamo cambiato, diciamo così, in negativo, possiamo fare in modo che questa crisi porti a un cambiamento positivo, per riportare equilibrio. Esiste un pianeta per noi, e soprattutto la cosa importante è cercare di affidarsi a fonti attendibili: non credere a ciò che leggiamo nell’immediato, ma cercare di capire se la cosa che abbiamo letto ha una credibilità, se proviene da una fonte seria. È un problema estremamente serio, estremamente grande, in merito al quale si può e si deve lavorare principalmente sui dati. Le opinioni, purtroppo, non bastano.

Per approfondire, l’appuntamento a Materia:

A Materia la sfida dei cambiamenti climatici e l’eredità di Papa Francesco

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