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Galimberti al Maggiore: l’amore, la follia e Socrate

Galimberti al Maggiore: l’amore, la follia e Socrate

VERBANIA – E’ Socrate ad aver colto la vera essenza dell’amore. A ripetere il concetto, ieri sera nella sala teatro de “Il Maggiore”, è stato il professor Umberto Galimberti parlando a braccio, per un’ora e mezza circa, di “Le molteplici forme dell’amore”, il tema assegnatogli dall’Associazione psicologi del VCO e dalla sezione provinciale della Società filosofica italiana. Molteplici forme ma, Galimberti se n’è detto convinto, con una sola denominazione d’origine, l’antica Grecia. Per esemplificare il concetto, il docente universitario, ha utilizzato a mo’ di canovaccio il racconto, scritto da Platone, di una serata conviviale con commensali d’eccezione. Oltre ai due filosofi, il commediografo Aristofane.
L’amore è follia – ha esordito -. L’innamoramento è delirio. Appartiene a quel cervello antico che sta sotto la corteccia cerebrale. Quella raziocinante che ci consente di organizzare la nostra vita di tutti i giorni. L’amore è il suo contrario, quando fuoriesce da quel “collo di bottiglia” della corteccia cerebrale esplode la follia. Non c’è un perché all’attrazione che si prova per un’altra persona. E quando quell’altra persona con contraccambia, è il delirio. La ragione non è la verità, è ciò che noi crediamo sia la verità. Serve a stabilire la razionalità delle cose”.  “Socrate – ha proseguito Galimberti -, così come ce lo racconta Platone, l’aveva capito bene. Durante quella cena inizia a parlarne, dopo aver bevuto una certa quantità di vino. I latini dicevano ‘In vino veritas”. Ma non è che si dica sempre la verità. Man mano che si beve, cala la soglia d’attenzione, la corteccia cerebrale cede il passo al sapere antico ed escono cose che normalmente si tengono celate. E’ quel ch’è successo a Socrate in quella cena. Ha iniziato a parlare dell’amore come dell’incontro tra due persone. Se non incontriamo l’altro, se non entriamo in relazione con la persona amata, non è amore. Quando gli amici gli hanno chiesto dove avesse imparato questo concetto, Socrate rispose. Me l’ha detto una donna. Detto oggi, sembra facile ma, nell’antica Grecia, la donna era considerata una non persone. La donna, per il fatto di partorire, ha un corpo fatto per due persone. L’uomo no. Amore è anche qualcos’altro. L’hanno capito i poeti. Noi tutti scriviamo poesie ma sono solo i poeti a cogliere l’essenza delle cose. Anche nelle situazioni più estreme. Come Dante quando va all’inferno. Non ci va solo ma si fa accompagnare da Virgilio”. “L’amore è folle – questo un altro passaggio dell’intervento di Galimberti – e anche fugace. Quando un rapporto finisce, cessiamo di essere persone. Siamo mezzi uomini. Una persona esiste solo in un sistema di relazioni”. “E il reciproco adattamento tra coniugi nei matrimoni di lunga durata?” ha chiesto una signora del pubblico. “Questo è un concetto che appartiene alla cultura cristiana – ha risposto Galimberti -, contro la quale io non ho nulla. E’ stata una grande cultura. Ma qui siamo nel campo dell’io raziocinante non dal sapere antico di cui parlavano gli antichi greci”.
 

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Pubblicato il 14 Ottobre 2017
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