Quantcast

Natale triste a Voldomino, scompare la Bocciofila Gorizia

Era ospitata nel circolo Acli. Mauro Spozio, segretario della società dal 1976: "La pandemia ci ha dato il colpo di grazia"

Bocce varie

Non è scontato arrivare a Voldomino con Biviglione da Luino, occorre proprio volerci andare. S’imbocca una strada un po’ serpeggiante che si diparte dalla zona prospiciente l’ospedale, poi a sinistra l’indicazione per raggiungere il centro storico del borgo, con le caratteristiche case dell’antico contado, le chiese di Santa Maria Assunta e di San Biagio come emblema di religiosità, ma anche di uniche digressioni artistiche, che testimoniano la storia di gente laboriosa transitata attraverso i secoli – il Comune risale al 1751 – senza alcuna pretesa di modificare l’omogeneità delle vicende umane.
Lì, appena dopo, si diparte una lunga via che scende verso la diramazione diretta a Montegrino, la via Gorizia, colpevole, secondo , di aver donato il nome alla locale Bocciofila: la Bocciofila Gorizia, appunto.
Due campi annidati all’interno, praticamente all’aperto, protetti da una tettoia, nell’ambito del locale Circolo Acli, che ha sempre ospitato la bocciofila, vivendo con lei una vita, da maggio a ottobre, a livello osmotico, dove al piacere delle bocce si univa la gioia dell’amicizia, della comunità, del dipanare matasse semplici di esistenza condivisa.
Mauro Spozio, segretario della Gorizia dal 1976, è l’immagine iconografica della società: non si può ricoprire una carica così impegnativa per 45 anni, se non immedesimandosi fino all’ultima fibra negli attuali colori sociali di un vivo arancione, che, a sua memoria, le appartengono da lustri. Racconta, Mauro, racconta con la sua voce un po’ arrochita, mista di rammarico, ma pure di un’enorme saggezza nella valutazione delle brusche svolte del destino, non il fato omerico determinato dagli dei, bensì la caducità di qualunque costruzione voluta dall’uomo, che non può possedere, malgrado le più tenaci volontà, il crisma dell’immortalità.

«Ho iniziato ad amare il gioco delle bocce da ragazzo, con i miei amici ci sedevamo sul muretto vicino ai campi ad ammirare i giocatori adulti, poi, appena smettevano, ci precipitavamo a impugnare le bocce momentaneamente abbandonate per provare anche noi, scimmiottando i gesti e cercando d’imparare, così a livello empirico, e si provava una grande soddisfazione quando riuscivamo a ripetere qualche giocata anche solo discreta. Il cammino è stato conseguente: prima allievi, poi tesserati e i più bravi a scalare le posizioni delle categorie fino ad arrivare alla A, la categoria più prestigiosa.
Fare il segretario, prima con il presidente Romano Antonini, per circa 20 anni, poi con Paolo Gobbato, fino ai giorni nostri con Stefano Riboni, è venuto naturale: occorreva qualcuno che tenesse le fila delle incombenze che gravano sull’attività sportiva e io ero, e sono, un eterno innamorato delle bocce, ho avuto anche la fortuna d’incontrare mia moglie, che ha sempre condiviso il cammino, seppure solo come spettatrice, per cui la scelta, infine, è stata facile».
«Però bisogna considerare che i giovani non sono più attirati come una volta da questo sport, avevamo circa 25 atleti, ma il numero si è assottigliato per le solite cause: qualcuno che invecchia e perde la spinta della passione, qualcuno che se ne va per le patologie con le quali l’umanità deve convivere, che lo voglia o no, e loro, i giovani, sono assaliti da una serie di suggestioni e vogliono percorrere vie diverse, quindi il ricambio generazionale è quasi inesistente».
«Il colpo di grazia ce l’ha poi inferto l’epidemia. Il Circolo è praticamente chiuso da due anni perché nessuno dei volontari che si sono prodigati in precedenza vuole proseguire, un po’ per i timori diffusi che hanno allontanato la gente, un po’ per le restrizione che hanno annientato qualsiasi socialità, un po’ per le difficoltà di mantenere in vita un’attività agonistica svigorita dalle continue chiusure e fermate, sta di fatto che abbiamo deciso di chiudere e di far cessare la nostra antica e gloriosa Gorizia»
Ma i giocatori che cosa faranno?
«Siamo ormai pochi, con la scomparsa di Nazareno Cofini e Armando Palatella – il covid non c’entra per niente – siamo rimasti praticamente in sei, quattro dovrebbero migrare alla Bederese, degli altri due non so nulla, ma di certo proseguiranno, la nostra storia come Società si conclude, ma qualche vessillo ci sarà ancora. La memoria del passato non sarà annullata, finché ci sarà qualcuno in grado di ricordare” Sereno Mauro, positivo nella sua cruda analisi: lascerà i colori arancio per indossare il bianco blu, nella consapevolezza della continua evoluzione, ma non è detto che i campi di Voldomino, ora abbandonati, spariscano pure loro. Il presidente dell’ACLI Domenico Gatta – fra l’altro apprezzato direttore di gara della Federazione – non esclude che, una volta allentata la presa delle restrizioni, non riprenda un’attività ludica per i frequentatori.È pur sempre vero che “spes ultima dea (est)”, alla quale infine si affidò anche Ugo Foscolo nei suoi immortali “Sepolcri”.

di
Pubblicato il 24 Dicembre 2021
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore