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Gli scienziati del CCR sanno leggere le mani

Il Centro Comune di Ricerca si occupa della compatibilità e della sicurezza del nuovo passaporto con le impronte, un sistema sempre più diffuso in Europa e al suo debutto in Italia

A sentirne parlare intimorisce, perché ci ricorda scenari da film di fantascienza, ma il nuovo passaporto con impronte elettroniche, annunciato due settimane fa con l’avvio di una sperimentazione a Grosseto e Potenza, renderà più sicuri tutti noi. Il meccanismo è molto semplice: con il nuovo passaporto i maggiori di 12 anni possono memorizzare, all’interno del chip incluso nel passaporto, un’immagine elettronica di un polpastrello. Così facendo, alla dogana, al di là del semplice riconoscimento del volto, si potrà certificare con certezza di essere proprietari di quel passaporto. Basterà appoggiare il dito ad un sensore, che confronterà il nostro polpastrello con quello memorizzato nel passaporto, dicendo con certezza che quella persona… siamo noi. Fine di furti d’identità, fine di problematiche legate al riconoscimento.

Ma come faranno tutti i rilevatori d’impronte d’Europa ad essere compatibili? Come parleranno tra loro? Chi decide come acquisire le impronte e come conservarle al sicuro nei chip del nostro passaporto? Di questo si occuperà proprio il CCR di Ispra.

Il Centro Comune di Ricerca (o JRC, come si dice in inglese), infatti, si occupa da anni di rendere i passaporti di ogni paese dell’unione "compatibili" tra loro. Per poter garantire che un passaporto elettronico sia leggibile in qualunque posto di frontiera, infatti, è necessario che le caratteristiche tecniche e di sicurezza rispondano a dei requisiti standard. «Il JRC già da diversi anni organizza ed effettua per conto della Direzione Generale della Commissione Europea "Giustizia Libertà e Sicurezza", i test di conformità e di interoperabilità», ci spiegano gli esperti di Ispra «Che assicurano che i passaporti emessi dagli Stati Membri dell’Unione siano conformi agli standards e che le diverse soluzioni per i dispositivi di lettura dei passaporti e per i chip inseriti nei passaporti stessi siano in grado di comunicare fra loro, garantendo cosi la leggibilità dei dati contenuti sul chip e l’interoperabilità fra gli Stati Membri dell’Unione».

Insomma, i tecnici e gli scienziati del laboratorio ospitato dalla nostra provincia hanno un obiettivo molto "europeo", facendo da interpreti tra le varie tecnologie scelte. Ma il loro lavoro non finisce qui: sempre il CCR, infatti, contribuisce costantemente alla definizione delle specifiche tecniche che garantiscono l’accesso sicuro ai dati biometrici contenuti nel passaporto.

Il timore diffuso, tuttavia, è che possano nascere database di massa delle impronte. Effettivamente ogni stato ha la responsabilità nel sistema di gestione di questi dati sensibili. In Italia le impronte saranno memorizzate nei sistemi centrali solo per il periodo necessario all’espletamento dell’istruttoria, poi saranno cancellate. Alla dogana, le impronte del nostro dito e quelle sul chip saranno confrontate per certificare la nostra identità, ma (nel caso in cui l’esito sia positivo) non saranno memorizzate. Per quanto riguarda il rischio di furto della scheda, e con essa dei dati sull’impronta, il CCR rassicura: «I dati biometrici (impronte digitali) sono memorizzati nel chip del passaporto in modalità molto sicura in modo che possano essere letti solo da dispositivi autorizzati e dalle autorità di frontiera dell’Unione Europea».

Ma qual è l’importanza di questa innovazione? Perché investire tempo in questa tecnologia? La risposta, data dal CCR, è semplice «Le impronte costituiscono una misura volta a garantire l’autenticità del passaporto, ovvero la corrispondenza fra il possessore del passaporto e il passaporto stesso. E’ una misura di sicurezza in più che si aggiunge all’immagine del volto (già memorizzata digitalmente nei passaporti elettronici, ndr) e alle misure in genere adottate contro la falsificazione della componente cartacea del documento».

Se il passaporto elettronico è davvero cosa buona e giusta, allora quando arriverà nel nostro paese? Presto, sembra. Il regolamento CE prevede che le norme relative alle impronte digitali sui passaporti entrino in vigore entro 36 mesi dalla data in cui vengono adottate le misure tecniche necessarie.  

Pubblicato il 13 Luglio 2009
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