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“Gli ospedali non sono né dei primari né della politica: sono della gente”

Pier Fausto Vedani intervista Gianni Spartà, presidente della Fondazione "Il Circolo della bontà", in merito alla situazione delle strutture sanitarie del Varesotto

Gli ospedali periferici rispetto a quelli delle più importanti città della nostra provincia ancora oggi svolgono un ruolo di profilo nella   tutela della salute delle comunità. Un ruolo che con accettabile frequenza viene tenuto nella dovuta considerazione dalla sanità regionale, attenta anche a recepire proposte e iniziative tese a migliorare il servizio.
In più di un’occasione addirittura si è riusciti a dare un valore particolare alla prossimità di questi ospedali ai più grandi centri di cura, dove esistono tutte le specialità con relative sofisticate tecnologie.
I progressi nell’assistenza e nella realizzazione di progetti a volte sono stati in qualche misura disturbati da comprensibili campanilismi, da amore per la tradizione, da scivoloni di coloro che agli interessi reali della comunità antepongono quelli della bottega partitica.
Gli ospedali di prossimità sono un mondo piccolo, ma non in termini di qualità scientifica e assistenziale e perciò degni di attenzione e rispetto e soprattutto di amicizia nel loro percorso di crescita. Eventi di ieri e altri in programma a giorni offrono l’occasione di un bilancio e lo facciamo assieme a Gianni Spartà, un giornalista che ha coinvolto gli ospedali del Verbano
in una iniziativa di altissimo profilo in campo oncologico.
Decenni or sono gli ospedali di Cittiglio e Luino a noi varesini sembravano lontani, quasi di frontiera e al massimo ci incuriosiva la gelosia degli abitanti del territorio per la loro istituzione, alla quale riservavano cura particolare e offrivano presenze mediche eccellenti.
– L’organizzazione regionale della sanità ha comportato dei mutamenti ed è cambiata la storia ospedaliera del Verbano che ha visto anche errori dovuti a rivalità e interessi non ritenuti convergenti. Ci fu quasi una sollevazione contro la costruzione di un nuovo ospedale in Valcuvia: Cittiglio e Luino commisero un errore?
 
«Ne commisero e furono errori di miopia. L’ospedale unico del Verbano, a metà strada tra Cittiglio e Luino, sarebbe stata scelta oculata e risolutiva. Ma di sbagli e abbagli è costellata la storia della sanità pubblica. Come dimenticare che oggi il capoluogo avrebbe dovuto avere un grande ospedale davvero nuovo rispetto al vecchio Circolo. Negli anni ’80 sembrò cosa fatta il progetto di una struttura moderna nell’area, urbanisticamente ottimale, dell’ex ospedale psichiatrico a Bizzozero. Gli amministratori dell’epoca avevano individuato ad Augsburg, in Germania, un modello facilmente riproducibile a Varese. Il progetto venne acquistato e qualcuno aveva cominciato a studiarlo. Poi arrivò l’uragano di tangentopoli e il sogno svanì. Ci siamo accontentati di edificare un nuovo monoblocco da 400 letti nel sedime del vecchio presidio di viale Borri. Diciamo che poteva andare peggio. Ma diciamo anche che non solo nel Verbano si perse una grande opportunità».
 
– Scordiamoci il passato, che cosa rappresentano oggi le due strutture, quali sono le loro prospettive e i limiti? E che senso ha oggi parlare di chiusura dell’ospedale di Luino?
 
« Per la verità di chiudere l’ospedale di Luino non ha parlato nessuna autorità, almeno pubblicamente. Ho seguito, attraverso i giornali, un appassionato dibattito politico che denota il giustificato attaccamento dei luinesi alla loro creatura. Ho anche sentito le parole di Walter Bergamaschi direttore generale dell’azienda ospedaliera: nessun azzeramento, caso mai razionalizzazioni, necessarie anzi auspicabili non solo nel Verbano. Chi può dargli torto?».
 
– E’ invece molto utile e interessante parlare della vivacità e dell’intraprendenza della sanità del Verbano. In particolare hanno impressionato le iniziative in campo psichiatrico e oncologico.
 
«Il servizio di psichiatria ha appena celebrato i trent’anni con un convegno partecipatissimo che ha misurato la gratitudine della gente di Cittiglio, Laveno, Luino per quanto hanno fatto in questi anni l’azienda ospedaliera, medici, infermieri e, non ultimi i volontari. Parlando di oncologia mi scuso se sento di giocare in casa. Nel Verbano oggi si curano i malati di tumore. Nel day hospital di Cittiglio e nell’ambulatorio di Luino sono migliaia l’anno i pazienti sottoposti a importanti terapie e a visite di controllo. Fino a sette anni fa queste persone erano costrette a recarsi a Varese, sobbarcandosi a faticose trasferte o rinunciando alle cure: accadeva per gli anziani. L’azienda ha aperto una porta, l’associazione “Varese per l’Oncologia” che mi onoro di rappresentare, con l’apporto dei suoi sostenitori, ha finanziato i servizi, consentendo all’ospedale di arruolare rinforzi mediante contratti di incarico. Sembrava missione impossibile. Ecco di che cosa c’è bisogno, anche in una regione virtuosa come la Lombardia: di una sanità pubblica partecipata dai privati».
 
– Il territorio in quale misura ha risposto all’iniziativa?
 
«Il territorio risponde, risponde sempre quando capisce che l’intervento è mirato, quando sa dove vanno a finire le risorse. “Varese per l’Oncologia” chiama, la gente si mobilita: col cinque per mille, con uno stillicidio di piccole a grandi offerte. Purtroppo è la malattia a farci pubblicità. Ma credo che conti l’affidabilità dei medici del reparto ai quali l’associazione dà una mano».
 
– Occorrono uomini di buona volontà e mezzi, per dare continuità allo sviluppo, ma è importante la crescita sotto l’aspetto culturale e non è da meno il coinvolgimento delle giovani generazioni: che cosa suggerisci?
 
«Già, il problema è culturale. Se vogliamo ospedali all’altezza, dall’esterno, dobbiamo prendercene cura. Nel volontariato sanitario confluiscono centinaia di giovani che s’informano, si mettono a disposizione, organizzano eventi e devolvono il ricavato a questo o a quell’iniziativa. E’ un bel segnale».
 
– Il Circolo della Bontà, di cui sei presidente, dona televisori ai dializzati del Verbano e il 2 febbraio si presenterà ai luinesi…
 
«Il Circolo della Bontà è la fondazione che si occupa dei cinque ospedali dell’azienda di Varese. Il travaglio è stato brevissimo: un anno. Il 16 novembre del 2011 c’è stato il parto, cioè l’atto costitutivo, sulla scorta di importanti donazioni mobiliari e immobiliari. Perché Circolo della Bontà? Lo ha spiegato Gavino Sanna, grande pubblicitario, inventore del logo. Se dici Bontà, sinonimo di solidarietà, partecipazione, sussidiarietà, capiscono tutti. Ha avuto ragione. Ci presentiamo a Luino, dopo una serata inaugurale a Varese, per far capire che il Circolo non è solo l’ospedale del capoluogo e che i presidi sanitari di prossimità ci stanno particolarmente a cuore».
 
– Quale dovrebbe essere il prossimo obiettivo degli ospedali del Verbano e come Varese dovrebbe rapportarsi per raggiungere il traguardo di una maggiore familiarità con istituzioni che non sono più di frontiera ma pilastri di una collaborazione tesa al bene di una grande comunità attenta ai problemi di un patrimonio inestimabile come la salute.
 
«Penso che la mappa dell’industria della salute nel Varesotto non cambierà nel breve periodo. Questa è e questa resta: cinque ospedali da gestire mettendo al primo posto l’interesse generale. Un vecchio medico che ha accompagnato la mia carriera di cronista mi ha insegnato una cosa: gli ospedali non sono né dei primari né della politica, sono della gente. Se passa questo principio, i direttori generali, quando sono capaci, possono lavorare con profitto». 


La Fondazione Il Circolo della Bontà si presenterà il 2 febbraio, nella sede della IMF s.r.l. di Luino, in via Turati 110/1. In quell’occasione la Fondazione Il Circolo della Bontà si presenterà al territorio. Il Presidente, Gianni Spartà presenterà le attività in favore del territorio.  Interverrà il Direttore Generale dell’Azienda ospedaliera di Varese, Walter Bergamaschi.

Pubblicato il 30 Gennaio 2012
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