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Colpo di scena a Materia: il bluesman Fabrizio Poggi duetta con un ragazzo del pubblico

Alla presentazione del suo libro "Believe", il bluesman candidato ai Grammy Awards sorprende tutti: accetta l’invito improvvisato di un giovane spettatore e trasforma la serata in un momento irripetibile di musica e coraggio

Eventi Materia

Ciò che in altri luoghi è solamente possibile, allo spazio libero di Materia è probabile. La serata con il cantautore e armonicista blues Fabrizio Poggi, uno che è stato candidato ai Grammy Awards e ha sfidato i Rolling Stones a colpi di armonica al Madison Square Garden di New York, ne è la prova. In questo racconto non andiamo con ordine, ma iniziamo dalla fine.
Quando il giornalista di “Rumore“, Marco De Crescenzo, al termine della serata di presentazione del libro di Poggi “Believe” (Arcana), chiede al pubblico se ci sono domande, un ragazzo alto, magro, cappellino con visiera calcato in testa, quasi a volersi nascondere, alza la mano e, dopo una lieve esitazione, dice: «Io ho una domanda da fare a Poggi: lo faresti un duetto con me?».
Il grande blues man non esita un attimo e accetta. I due, accompagnati dalla magica chitarra di Enrico Polverari e dal battito delle mani del pubblico, chiudono una serata a dir poco magica.
A luci spente, i tre si stringono la mano e posano per una foto. «Jeremy ha avuto un grande coraggio. Io alla sua età non l’avrei avuto» commenterà Fabrizio Poggi divertito.
Non poteva che andare così. Del resto giornalista Marco De Crescenzo, chiamato a moderare la serata, aveva avvertito fin dall’inizio il pubblico di Materia: «Non parleremo solo di musica, ma anche di passione, speranza e tenacia» tre parole che riassumono bene la vita di Fabrizio Poggi, un autentico romanzo ambulante.

TRA IL PO E IL MISSISSIPI

Questa storia inizia a Voghera in provincia di Pavia la città natale di Poggi. Da bambino desiderava ardentemente una pistola giocattolo, il padre la acquistò ma il suo destino cambiò da pistolero a musicista quando in un parco incontrò due ragazzini zingari. Uno dei due suonava un’armonica a bocca, e il suono lo colpì così profondamente che decise di scambiare la pistola con quello strumento, nonostante fosse mal ridotto.
Fu l’inizio di un legame destinato a durare per tutta la vita anche se Poggi ha iniziato con la chitarra e seguito per mesi lezioni teoriche, abbandonando lo strumento per poi riprendere durante il servizio militare grazie a un ragazzo di Bari, che gli insegnò a suonare veramente. Fu così che iniziò ad appassionarsi al jazz, in particolare a Wes Montgomery. Ma un infortunio al polso lo costrinse ad uno stop.

L’ARMONICA IL SUO DESTINO

Dopo l’incidente, Poggi riscoprì l’armonica. Si accorse che riusciva a suonarla con naturalezza, che le frasi musicali uscivano da sole.
«A volte non sei tu che scegli lo strumento, ma è lo strumento che sceglie te».  Questa frase letta su una rivista musicale fu un’illuminazione. L’armonica divenne il suo strumento fisico «capace di restituire la voce interiore di chi la suona».
Poggi ha fondato il suo primo gruppo musicale, scegliendo un nome volutamente ironico, Chicken Mambo, che generò confusione. «Molti pensavano che fossimo una band di musica latinoamericana. Ma una volta saliti sul palco, con batteria, chitarra, basso e armonica, il nostro stile blues emergeva con forza».
Fabrizio Poggi è arrivato al blues passando per il rock, in particolare quello dei Rolling stones.  In quegli anni trovare dischi blues in Italia era difficilissimo. Si sentiva solo, emarginato, lavorava in fabbrica e non aveva amici con cui condividere pensieri o passioni.

IL BLUES È LA CURA DELL’ANIMA

La musica diventa rifugio e medicina. «Il blues è una carezza sul cuore, è nato per guarire l’anima» dice Poggi che ha imparato l’inglese da autodidatta per approfondire la cultura blues americana. Ha viaggiato negli Stati Uniti, partecipato a sessioni musicali, imparando dai musicisti non solo musicalmente ma anche umanamente. Ha incontrato il mito Guy Davis, con cui sono nate una collaborazione e una stima profonda. Nel 2018 è stato candidato ai Grammy Awards per il miglior album di blues tradizionale insieme a Davis. Racconta con emozione quel momento fatto «di incredulità, la sorpresa, le chiamate, i complimenti e gli squilli del telefono dell’amata Angelina».

LA COERENZA CONTA

Poggi sottolinea che a contare non è la fama, bensì «il lavoro e la coerenza con sé stessi». Tra le esperienze più significative, l’incontro con Tony Bennett, uno dei cantanti preferiti del padre, e l’onore di suonare “Amazing Grace” sulla tomba di Martin Luther King, figura che ha profondamente ammirato. “Believe“, scritto con la giornalista Serena Simula, è tutto questo: un racconto sincero di sogni, sconfitte, rinascite. È un messaggio importante indirizzato ai giovani. Dice Poggi: «Credete nei sogni, ma abbiate pazienza e determinazione. La musica può essere rifugio e via per trovare se stessi».

Pubblicato il 19 Luglio 2025
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