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I sindaci del Verbano a Conte: serve coordinare con la Svizzera i provvedimenti anti coronavirus

“I sacrifici che stiamo compiendo in Italia rischiano di essere vanificati per via della diversità di restrizioni applicate oltreconfine". La lettera è stata inviata anche al presidente della Regione

Come altri amministratori comunali della Lombardia i sindaci del Verbano hanno scritto una lettera al presidente Conte per chiedere che i provvedimenti di contenimento del Coronavirus siano coordinati e quanto più possibile omogenei in entrambi gli Stati. Il rischio è che le misure intraprese in Piemonte siano vanificate dalle disposizioni elvetiche e dalle condizioni di lavoro dei frontalieri, che potrebbero mettere a rischio la salute dei lavoratori italiani e dei loro familiari. La lettera è stata inviata anche al presidente della Regione Cirio.

In Svizzera i dati dimostrano che i contagi  crescono, ed i provvedimenti igienico sanitari intrapresi dalle autorità oltreconfine “sono nella misura di semplici raccomandazioni che ben conosciamo sul tenere la distanza e nell’igiene personale” scrivono i Sindaci. Le scuole sono state chiuse solo oggi. Chiusi anche cinema teatri e palestre e solo le manifestazioni con grande afflusso di pubblico sono state proibite, mentre “nessun provvedimento significativo è stato deciso per le attività commerciali, ristorative o produttive, fatta eccezione per il rispetto della distanza di un metro”.

“Parecchi datori di lavoro ticinesi -segnalano i sindaci- hanno imposto ai frontalieri di trasferirsi al di là del Confine per alcuni giorni, senza alcun rispetto della condizione personale dei lavoratori. Abbiano notizie di stanze d’albergo prenotate per far dormire colleghi tra di loro, nonché di dormitori improvvisati sul posto di lavoro, non curandosi quindi della regola che faticosamente in Italia stiamo facendo rispettare di non promiscuità nei rapporti sociali al di fuori dei propri familiari”.

I controlli, dopo la chiusura dei valichi minori, che stanno creando molti disagi ai frontalieri non tutelerebbero però la loro salute “le forze di polizia svizzera -sottolineano gli amministratori- non eseguono alcun controllo sanitario, ma chiedono semplicemente i documenti, senza l’utilizzo di mascherine o di altri dispositivi di protezione”.

L’allarme lanciato dai primi cittadini è chiaro: “I sacrifici che stiamo compiendo in Italia rischiano di essere vanificati per via della diversità di restrizioni applicate oltreconfine. Qualsiasi sforzo compiuto dai nostri Comuni e dai nostri concittadini rischia di essere inutile se queste migliaia di frontalieri del Vco non verranno tutelati nei loro diritti dallo Stato Italiano e dalla Confederazione Elvetica”.

“Riteniamo indispensabile -concludono- che le autorità italiane e svizzere decidano azioni coordinate per fronteggiare l’emergenza nonché per tutelare la salute dei frontalieri e delle loro famiglie che in questo momento stanno vivendo enormi disagi lavorativi e familiari, scongiurando qualsiasi caso di contagio di ritorno da oltreconfine”.

Un appello in tal senso è stato lanciato ai parlamentari locali anche dal presidente della Provincia Lincio.

Pubblicato il 16 Marzo 2020
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