La bellezza e il cibo come rivoluzione: Barbara Nappini presenta La natura bella delle cose
La presidentessa di Slow Food Italia propone una visione del cibo che va oltre il gusto e la qualità: il cibo come atto politico, strumento di inclusione, giustizia sociale e sostenibilità

«Nel 2009 avvenne il bizzarro colloquio con cui ufficializzai la decisione di lasciare il lavoro glamour e comodo a Firenze per trasferirmi in cima a una collina, nella bella campagna tra Siena e Arezzo, in un vecchio casale in pietra circondato di terra dove, nella mia ingenua prospettiva, avrei fatto la contadina».
Da questa scelta di vita radicale prende avvio il percorso raccontato da Barbara Nappini nel suo libro La natura bella delle cose, presentato il 29 maggio a Materia Spazio Libero in dialogo con Marco Giovannelli, direttore di VareseNews. Un libro che non è un semplice memoir, né un testo teorico, ma un intreccio di esperienze personali e collettive che disegna un possibile futuro diverso: più giusto, più equo, più bello.
Presidentessa di Slow Food Italia, Nappini propone una visione del cibo che va oltre il gusto e la qualità: il cibo come atto politico, strumento di inclusione, giustizia sociale e sostenibilità. «Non basta più raccontare il cibo come qualcosa di buono da mangiare – ha spiegato – bisogna trasformare il paradigma alla radice. Se un sistema alimentare non è per tutti e tutte, non è giusto. E allora bisogna cambiarlo.»
Il suo impegno è frutto di un percorso personale fuori dall’ordinario: dalla carriera nel mondo della moda alla scelta coraggiosa di vivere la terra, sperimentando il valore della comunità e della resilienza. È così che si avvicina a Slow Food, diventandone poi una delle voci più autorevoli.
Barbara Nappini parte dalla “pasta madre” per aprire una lettura delle cose della vita con uno sguardo chiaro, “di parte” come dice lei. Non si tratta di parlare “di donne” ma “da donne” e cambia la prospettiva. Quando venne eletta presidente per settimane veniva cercata e i media rimarcavano il fatto che Slow food avesse scelto una donna. “Quella che si definisce “questione femminile” non riguarda solo le femmine, sarebbe miope leggerla in questi termini: è una lotta di vita e libertà per una società più giusta, senza oppressori, che garantisca il diritto ad autodeterminarsi, in cui le generazioni dialoghino, si contaminino e si sostengano vicendevolmente”.
Nel libro emerge anche il lato umano e solidale dell’impegno: come l’esperienza a bordo di una nave umanitaria nel Mediterraneo, al fianco di chi vive sulla propria pelle i drammi delle migrazioni. «Donare un quintale di riso non è poco, ma essere lì è tutto – racconta –. Significa esserci, con il corpo e con gli occhi.»
In La natura bella delle cose, edito da Slow Food Editore, Nappini restituisce con un linguaggio chiaro e accessibile temi complessi, dalla crisi ambientale alle disuguaglianze sociali, lanciando un messaggio di speranza attiva: «Credo nella forza della collettività e delle azioni individuali che, unite, generano cambiamento. Donne e giovani sono il motore di questa trasformazione».
L’incontro a Materia è stato un invito a guardare al cibo — e alla vita — come a un gesto sociale, quotidiano capace di generare bellezza e cambiamento. “Essere felici, sostiene Barbara Nappini, è un fatto rivoluzionario”.
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