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Vivere insieme, davvero: la comunità secondo Betta Sormani

Dall’esperienza di Villa Pizzone alla Quasilocanda, una riflessione sui confini, la solidarietà e la fiducia

Da Villa Pizzone alla Quasilocanda, dove le famiglie imparano a vivere insieme

In un mondo che spinge sempre più verso l’individualismo, Betta Sormani – presidente dell’associazione Mondo di Comunità e Famiglia – propone un’alternativa tanto semplice quanto rivoluzionaria: vivere insieme, ma consapevolmente.

Durante il suo intervento al Festival della Meraviglia, Sormani ha raccontato l’esperienza concreta della comunità di Villa Pizzone, un progetto di vita comunitaria e solidale alle porte di Milano, dove ha preso forma un modello abitativo e sociale fuori dagli schemi tradizionali.

«Facevo la dirigente domestica all’inizio», racconta sorridendo. Il suo ruolo, tutt’altro che ordinario, consiste nel coordinare una realtà in cui famiglie convivono, condividono spazi, scelte, valori. Un luogo aperto, fisicamente e simbolicamente: il cancello della villa è sempre spalancato, così come le porte delle case e delle relazioni.

Ma la vera sfida – ha spiegato – è riconoscere i confini, non negarli. «I confini sono fondamentali. Vivere vicini non significa annullare le distanze, ma rispettarle con consapevolezza». È una lezione che tocca anche l’ambito familiare: distinguere tra figli naturali, affidatari o ospitati, rispettare l’unicità delle scelte educative, non significa escludere, ma creare spazi di rispetto reciproco.

La comunità di Villa Pizzone non è una comunità religiosa, pur ospitando anche religiosi. È laica, aperta, accogliente, fondata su un principio profondo: «Condivido ciò che sono, ma mi fido di te». Da qui nasce anche la scelta di una cassa comune, dove il denaro diventa uno strumento, non un fine: serve a realizzare ciò che per la comunità è importante, e non ciò che è individualmente conveniente.

La (Qua-si)-locanda, dimensione ancora più sociale della comunità, è molto più di un locale: è un luogo dove “si può stare”, senza maschere, trovando accoglienza ma anche rigore nel rispetto dell’altro. Come ha sottolineato Betta: «Accogliere non significa invadere. Bisogna imparare ad ascoltare, a non oltrepassare la soglia se non siamo stati invitati. Il rispetto per l’altro non deve mai essere dato per scontato».

Centrale è anche il tema dell’educazione dei figli e della costruzione di relazioni tra famiglie. «Si può vivere in solidarietà, ma serve attenzione. Non siamo una famiglia allargata indistinta. Siamo famiglie diverse, con storie e bisogni differenti, che scelgono di stare vicine, nel rispetto reciproco».

La testimonianza di Betta Sormani è stata anche un invito a superare i pregiudizi, a diventare “ponti” tra le persone. In un tempo in cui la coesione sociale vacilla, la sua comunità rappresenta una palestra quotidiana di fiducia, cura e condivisione. Una realtà concreta, fatta di sorrisi, fatiche, discussioni, ma soprattutto di presenza reale e scelte condivise.

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Pubblicato il 18 Maggio 2025
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