Lì dove la luce entra: mondi di scienza e arte al Festival della Meraviglia
Fabio Minazzi, docente di Filosofia della scienza all'Università dell'Insubria, ha parlato sul vero significato della scienza e di fare ricerca

«C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce». Con questa immagine potente, evocata da Marta Pizzolante – presentatrice di questo evento – si è aperto uno degli incontri più affascinanti del Festival della Meraviglia: un viaggio tra arte e scienza, tra numeri e intuizione, tra formule e poesia. Due mondi che sembrano correre su binari paralleli, ma che qui hanno imparato a collidere, fondersi e – soprattutto – illuminarsi a vicenda.
A guidare questa esplorazione, il professor Fabio Minazzi, ordinario di Filosofia della scienza all’Università dell’Insubria. Ma più che una lezione, la sua è stata una narrazione incandescente, una costellazione di idee, riferimenti, domande, visioni.

Perché cosa vuol dire davvero pensare la scienza?
Si parte da Einstein, non dalle equazioni. Si parte dal disegno. Dall’immaginare, prima ancora che dal misurare. Il professor Minazzi racconta un aneddoto sorprendente: quando ad Einstein venne chiesto come immaginasse l’idea di scienza, lui non rispose con parole, ma con un disegno. Come gli uomini delle caverne, come i primi esseri umani che tracciarono con le dita le prime idee sul mondo. Prima della parola, prima del concetto, c’è la visione.

«Viviamo nel mondo della vita – dice Minazzi – e dentro questo mondo, la parabola dell’esistenza ci spinge da un punto E verso un punto A». Ma in mezzo, tra l’energia e la forma, tra la materia e la mente, c’è uno spazio che non viene più insegnato: la dimensione concettuale. Quella che tiene insieme il razionale e l’intuitivo. E che – se ignorata – riduce la scienza a pura esecuzione tecnica, ad algoritmo senz’anima.
«La scienza – afferma Minazzi – è curva della fantasia, è calcolo poetico. Come Galileo scriveva ad un amico il 6 gennaio 1639: il problema non è sapere cosa succede, ma come succede». Ed è lì che scienziato e poeta si incontrano. Proprio come Ariosto, che costruiva mondi fantastici, anche lo scienziato costruisce universi. La scienza non è solo verifica. È invenzione. È creazione.
Un pensiero che scuote l’idea classica di scuola e formazione. «Se non insegniamo agli studenti a immaginare – dice Minazzi – li trasformeremo in robot. In automi capaci di fare, ma incapaci di capire il senso di ciò che fanno».
E allora la meraviglia torna protagonista: come luce che filtra da una crepa, come incontro tra mondi che sembrano lontani ma condividono la stessa radice. Arte e scienza sono i due motori profondi della nostra civiltà. E la loro alleanza è oggi più urgente che mai.
Al Festival della Meraviglia, i confini si sciolgono. Si disegna con le idee, si ragiona con le immagini, si calcola con la fantasia. E la scuola – ancora una volta – si trasforma in un luogo dove la luce entra. Dove si costruisce un dialogo. Dove si pensa insieme.
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