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Confermato l’ergastolo per Davide Fontana, l’uomo che ha ucciso Carol Maltesi

Fontana è stato sottoposto ad un nuovo processo d'appello dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato la prima sentenza di appello limitatamente all’aggravante della premeditazione

omicidio carol maltesi

L’appello bis conferma la condanna all’ergastolo per Davide Fontana, il bancario 46enne reo confesso e già condannato per l’omicidio, la distruzione e l’occultamento del cadavere della ex compagna e vicina di casa Carol Maltesi, uccisa e fatta a pezzi a gennaio 2022 in una casa di corte in via Melzi a Rescaldina. Fontana è stato sottoposto giovedì 15 maggio ad un nuovo processo d’appello dopo che a settembre dello scorso anno la Corte di Cassazione aveva annullato la prima sentenza di appello limitatamente all’aggravante della premeditazione.

L’omicidio di Carol Maltesi

Quando è stata uccisa Carol Maltesi si era trasferita da poco meno di un anno a Rescaldina, andando a vivere in quella casa di corte dove poco dopo sarebbe andato ad abitare anche il 44enne, l’uomo che sarebbe diventato il suo carnefice. Lui stesso lunedì 28 marzo 2022, ad oltre due mesi dalla morte della donna, si era presentato dai Carabinieri offrendo informazioni che da subito erano risultate contraddittorie agli occhi degli inquirenti rispetto a quanto emerso fino a quel momento dalle indagini. Sottoposto ad una serie di contestazioni, Fontana aveva finito per confessare l’omicidio e l’occultamento del cadavere, prima conservato in un congelatore appositamente acquistato e poi, una volta fatto a pezzi, gettato in un dirupo di montagna in Valcamonica dopo un primo tentativo di bruciarlo in un barbecue.

Il processo di primo grado

A fine ottobre, poi, era iniziato il processo di primo grado a suo carico e la Corte d’Assise di Busto Arsizio, dopo aver ascoltato i testimoni, i consulenti e lo stesso imputato, aveva deciso di accogliere la richiesta di perizia psichiatrica che i legali dell’uomo avevano avanzato fin dall’apertura del dibattimento nonostante l’opposizione della Procura e delle parti civili: perizia che aveva messo nero su bianco la capacità di intendere di volere di Davide Fontana, per il quale la Procura aveva poi chiesto l’ergastolo con due anni di isolamento diurno e totale. La difesa, invece, aveva chiesto di escludere le circostanze aggravanti, concedere le attenuanti generiche e applicare all’imputato la pena della reclusione nei minimi previsti dalla legge.

Il 45enne era stato condannato dalla Corte d’Assise di Busto Arsizio a 30 anni di carcere il 12 giugno 2023, dopo una camera di consiglio fiume durata sette ore, al termine della quale erano state escluse le aggravanti della premeditazione, delle sevizie e dei motivi abietti e futili, equiparando le altri aggravanti (la minorata difesa e la relazione affettiva) alle attenuanti generiche concesse. E le motivazioni della sentenza, depositate dopo soli 30 giorni, avevano scatenato non poche polemiche, rinfocolando quelle già nate subito dopo la lettura del dispositivo.

Il processo di appello

Contro la sentenza aveva presentato ricorso in appello la Procura di Busto Arsizio, ribadendo per il 43enne la richiesta di ergastolo sposata anche dalla Procura generale di Milano. Il collegio difensivo di Fontana, composto dagli avvocati Stefano Paloschi e Giulia Ruggeri, aveva invece rinnovato in appello la richiesta di rito abbreviato – già formulata e “bocciata” in udienza preliminare e in primo grado -, per il loro assistito, chiedendo la diminuente del rito. In secondo grado per Fontana – trasferito nell’estate 2023 dal carcere di Busto Arsizio all’istituto penitenziario Torre del Gallo di Pavia dopo essere stato aggredito nel sonno dal suo compagno di cella e ammesso all’istituto della giustizia riparativa a fine settembre di due anni fa – era arrivata la condanna all’ergastolo,

La Cassazione

A settembre dello scorso anno l’omicidio di Carol Maltesi era arrivato sul tavolo della Cassazione, con gli Ermellini che avevano accolto parzialmente il ricorso della difesa, annullando la sentenza limitatamente all’aggravante della premeditazione, per la quale è stato quindi necessario un nuovo giudizio davanti ad una diversa sezione della Corte d’Assise d’Appello meneghina, e confermando invece sotto tutti gli altri profili la sentenza di appello.

Pubblicato il 15 Maggio 2025
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