Quantcast

Luino ospita a Palazzo Verbania la mostra “Azer, l’impronta di Dio. Un monastero nel cuore della Siria”

La mostra sarà presentata giovedì 4 aprile gennaio 2024 alle ore 21. Un percorso di video, interviste, testi e foto che racconta la straordinaria vicenda delle monache che da Valserena, in provincia di Pisa, vanno in missione in Siria il 14 marzo 2005 per la costruzione di un convento di clausura

Generico 25 Mar 2024

“Azer. L’impronta di Dio. Un monastero nel cuore della Siria”: un percorso di video, interviste, testi e foto che racconta la straordinaria vicenda delle monache che da Valserena, in provincia di Pisa, vanno in missione in Siria il 14 marzo 2005 per la costruzione di un convento di clausura in questa terra di confine e di conflitti.

Palazzo Verbania in Viale Dante Alighieri a Luino ospita dal 4 all’11 aprile la mostra curata da Silvio Pasero, Alberto Mazzucchelli, Andrea Benzoni, Marco Pippione, Alberto Scotti, Silvana Ninivaggi, Tanino Musso, Giusi Corbella, sarà presentata giovedì 4 aprile gennaio 2024 a Palazzo Verbania alle ore 21.

Interverranno Alberto Mazzucchelli (progettista del Monastero di Azer) – Alberto Scotti e Marco Pippione (coautori della Mostra), con il contributo video di Madre Marta Fagnani (Priora del Monastero Fons Pacis di Azer in Siria). Raccogliendo il testimone dei sette monaci trappisti di Tibhirine (Algeria) rapiti e massacrati nel 1996, quattro suore del convento di Valserena lasciano l’Italia per dedicarsi alla costruzione di un monastero di clausura ad Azer, in Siria, al confine con il nord del Libano. Azer, facilmente raggiungibile da tutta la Siria, è un’area rurale a stragrande maggioranza musulmana (alawiti e sunniti), con due soli piccoli villaggi abitati da 500 cristiani in tutto, maroniti, latini, greco-cattolici e ortodossi e una ventina di famiglie.

La missione delle monache venne sostenuta dall’Abate generale dell’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza. Il 26 marzo 2008 la Croce di Fondazione del monastero Beata Maria Fons Pacis viene benedetta e solennemente impiantata ad Azer. Nel 2017 alle quattro suore si è aggiunta l’angolana Adelaide. Nel marzo 2011 scoppia la guerra, con devastazioni enormi, massacri senza fine e l’esodo di milioni di persone. Poi nel 2020 l’epidemia di Covid-19, a settembre 2022 un’epidemia di colera; infine, nel febbraio 2023, il terremoto. La comunità cristiana nel 2005, comprendendo tutti i riti, incideva per il 10% della popolazione in Siria, oggi è scesa a meno dell’1,5%. Ma le monache sono rimaste ad Azer. Su un terreno di dieci ettari sono già stati costruiti la strada d’accesso, la chiesa, il chiostro, il monastero, le casette per l’ospitalità, il giardino ricco di fiori e alberi e qualche edificio di servizio.

È stato anche scavato un pozzo di 100 metri per portare acqua potabile ai residenti dell’area vicina al monastero. La onlus Banco Building ha offerto 2mila metri quadrati di pannelli solari, consentendo di proseguire i lavori che hanno occupato operai locali. Il luogo è divenuto simbolo dell’amicizia possibile con altre fedi e del sostegno ai cristiani. Anche la popolazione musulmana chiama le monache “le nostre suore”. Preghiera, lavoro e accoglienza scandiscono la loro giornata secondo la Regola benedettina.

Pubblicato il 29 Marzo 2024
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore