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Cosa vuol dire ammalarsi di Covid? Le prime risposte in uno studio del Policlinico

Giacomo Grasselli, responsabile della Anestesia e Terapia Intensiva Adulti del Policlinico, spiega gli scenari della ricerca e i risultati di uno studio sui primi 1.600 pazienti

terapia intensiva

Chi è il paziente con infezione da coronavirus? Uno studio, pubblicato sulla rivista scientifica JAMA, di Giacomo Grasselli, responsabile della Anestesia e Terapia Intensiva Adulti del Policlinico di Milano diretta da Antonio Pesenti, cerca di rispondere con i risultati di una prima indagine su circa 1.600 ricoveri in Terapia Intensiva avvenuti in Lombardia nelle settimane iniziali di diffusione del contagio.

SINTOMI LIEVI
Secondo i dati riportati dai ricercatori, in circa l’80% delle persone positive l’infezione da Covid-19 si manifesta con sintomi lievi, come febbre e tosse secca, che non richiedono cure particolari.

SINDROMI RESPIRATORIE
Nel 20% dei casi invece la malattia si sviluppa in modo più serio, soprattutto a livello respiratorio, tanto da richiedere il ricovero in ospedale. Una percentuale variabile tra il 5% e il 15% dei pazienti ricoverati ha difficoltà a respirare così gravi da aver bisogno della Terapia Intensiva, dove può essere necessario ricorrere all’intubazione (che consente di “mettere a riposo” i polmoni, guadagnare tempo e permettere all’organismo di battere il virus).

MORTALITA’
L’impatto della malattia è davvero rilevante:
anche se porta al decesso una percentuale molto bassa di tutte le persone risultate positive, nei pazienti più gravi la mortalità è del 49%: in pratica una persona su due ricoverata in Terapia Intensiva non sopravvive al contagio. I decessi, in particolare, sono più numerosi tra i pazienti anziani e con precedenti patologie.

PLURIPATOLOGIE
Secondo lo studio realizzato dal Policlinico, quasi 7 pazienti Covid su 10 avevano almeno un problema di salute prima di essere contagiati. La maggior parte era iperteso (49%), mentre almeno 1 su 5 (21%) aveva problemi cardiovascolari.
Solo il 4% dei ricoverati, invece, aveva patologie croniche dell’apparato respiratorio. La stragrande maggioranza dei pazienti presi in esame ha avuto bisogno di un aiuto alla respirazione: l’80% circa dei pazienti sono stati intubati, mentre i restanti hanno avuto comunque bisogno di un supporto tramite mascherine per l’ossigeno o caschi per la ventilazione C-PAP.

 «Questo studio – spiega il professor Grasselli – è importante perché ci permette di avere un quadro chiaro della situazione nelle Terapie Intensive lombarde durante le prime settimane di diffusione della pandemia. Anche se è lo studio più completo pubblicato finora, i dati devono considerarsi preliminari e vanno interpretati con cautela: sia perché non erano disponibili tutti i dati relativi a ciascun paziente, sia perché sono stati valutati i ricoveri in Terapia Intensiva, e quindi non si hanno informazioni sul decorso della malattia nel momento in cui i pazienti migliorano e proseguono le cure in altri reparti dell’ospedale. Continuiamo quindi a raccogliere dati perché serviranno ulteriori studi, per valutare ad esempio l’impatto dell’intubazione per tempi prolungati in questi pazienti, ma anche per migliorare ulteriormente i protocolli e le terapie che possiamo mettere in campo ogni giorno per contrastare le forme più gravi di Covid-19».

Pubblicato il 23 Aprile 2020
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