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Nell’archivio che custodisce la storia del volo, una “miniera” per appassionati

In via De Pinedo una piccola palazzina ospita migliaia di disegni, foto e altri materiali dell'archivio della Siai Marchetti, dal 1915. Qui arrivano studiosi, storici e persino chi vuole ricostruire un aereo intero

Sesto Calende varie

L’S-55 che attraversò l’Atlantico tra Italia, il “gobbo maledetto” che preoccupava i piloti inglesi, ma anche il più umile Sf-260, che ha insegnato a volare a tre generazioni di piloti. Sono tante le storie custodite nelle scansie e negli armadi dell’Archivio Siai Marchetti, a Sesto Calende. Una miniera di informazioni che attrae appassionati italiani, ricercatori stranieri, “sognatori” che vogliono ricostruire repliche a grandezza naturale degli aerei più famosi della casa produttrice di Sesto Calende, nata a Milano come Siai (Società Idrovolanti Alta Italia) nel 1915.

L’archivio è oggi affidato al Gruppo Lavoratori Seniores Siai Marchetti. Un gruppo di ex lavoratori che si trova quasi tutti i giorni nella sede di via De Pinedo a Sesto. «Oggi l’attività del Gruppo – spiega il presidente, Marzio Mariani – è dedicata soprattutto a salvaguardare questo grande archivio storico, con 35mila disegni dal 1920 a fine anni Cinquanta, con tutta la storia dell’ingegner Marchetti che ha progettato e costruito cinquanta velivoli». E ancora manuali tecnici e operativi, contratti in tempo di pace e di guerra, fotografie, modellini dalle origini fino all’S226.

Un patrimonio che richiama soprattutto gli studiosi di aviazione.  Tra i progetti nati grazie ai materiali custoditi a Sesto c’è ad esempio la collana “Archivi ritrovati”, che ha proposto studi dettagliatissimi sugli aerei costruiti a Sesto Calende. Un lavoro che è partita da una coppia di ricercatori e che racconta quanto le ricerche storiche sugli aerei vadano lontano: i fondatori del progetto sono infatti Paolo Miana (studioso di aeronautica che vive a Lubiana e lavora per un’azienda che restaura aerei d’epoca) e Jukka Keranen, che invece è finlandese e vive a Helsinki, a cui poi si sono aggiunti Matteo Gandini e Federico Ottenziali.

Sesto Calende varie

Dal lunedì al mercoledì gli ex operai, disegnatori, dirigenti Siai si trovano in archivio per un’opera fondamentale, salvare i disegni cartacei: «Ormai i materiale si stanno deteriorando, per questo li stiamo scannerizzando» spiega ancora Mariani. C’è chi è convinto che Sesto possa divenire uno spazio capace di richiamare ancora più appassionati: «Sono certo che, con gli adeguati accorgimenti e con una adeguata squadra operativa, sia possibile creare un archivio storico organizzato e adeguato a svolgere tutte le attività di conservazione, catalogazione e valorizzazione dei documenti presenti», spiega Alfiero Marangon, appassionato di aviazione e promotore della rete ArchIoLab. Dare una struttura più adatta all’archivio, poi, innescherebbe secondo lui un circolo virtuoso: con spazi adeguati, più ricerche, accesso più facile sarebbe probabilmente possibile recuperare anche altro materiale, andato disperso. Le ricerche a volte incappano anche in aneddoti curiosi: «In archivio – racconta Marangon – ho trovato una lettera in cui si diceva che il piccolo Romano Mussolini avrebbe desiderato un aereo come quello del padre Benito: il delegato della Siai a Roma, per lettera, chiedeva un modellino alla sede di Sesto».

Savoia Marchetti Siai S55 idrovolante
Un idrovolante S55 sul Lago Maggiore, negli anni Trenta

Grazie alla rete tra le diverse realtà (come CraftLab) in dieci anni sono stati già scannerizzati e catalogati – dato di febbraio 2018 – 700 manuali, 2500 fotografie, circa 5000 disegni, e 15000 tra documenti, relazioni e comunicazioni. È partita dall’archivio di Sesto anche l’avventura del “progetto S55“, il sogno di un gruppo di appassionati e di ex operai delle aziende aeronautiche del Varesotto, che si sono imbarcati nella ricostruzione in grandezza naturale dell’S-55 X I-BALB, l’aereo con cui Italo Balbo guidò la trasvolata atlantica compiuta nel 1933 da ventiquattro idrovolanti S-55. «All’inizio abbiamo accarezzato l’idea di fare una copia volante» confessa Filippo Meani, ingegnere, ex dirigente Siai ed Aermacchi, coordinatore del progetto. «Ma costerebbe il triplo e soprattutto richiederebbe troppe mediazioni per adattarlo alla realtà di oggi».

S55 Siai Marchetti replica
La costruzione di nuove parti della replica dell’S55, nei capannoni dell’officina di Volandia, sulla base dei disegni tratti dall’archivio Siai Marchetti

La costruzione del modello – che sarà poi esposto a Volandia, il museo del volo vicino a Malpensa – è iniziata effettivamente nel 2017, dopo due anni di studi. Ogni singola parte viene ricostruita da zero, usando spesso gli stessi materiali e le stesse tecniche, dalla struttura in legno alle coperture in tela. «Tutto sulla base dei disegni originali e, dove non disponibili, partendo da materiale fotografico» spiegano ancora i volontari del progetto.

S55 Siai Marchetti replica
L’ingegner Meani mostra la coda dell’aereo S55, già in mostra a Volandia

Documentazione estratta dagli armadi in legno dell’archivio, che conservano – in cassetti etichettati con il nome del velivolo – progetti, sezioni, disegni di dettaglio, lucidi e foto dei grandi aerei prodotti dalla Siai Marchetti, che ripercorrono, nel bene e nel male, la storia d’Italia. Ci sono gli SM75 che volavano tra l’Italia e la colonia dell’Africa Orientale, gli SM81 “Pipistrello” che bombardavano Barcellona nella Guerra Civile Spagnola, gli aerosiluranti SM79 “Sparviero” che diedero filo da torcere ai piloti inglesi e alle navi della Royal Navy. O nel dopoguerra gli SM95 che inaugurarono i voli internazionali della nuova Alitalia, nel 1947.

Sesto Calende varie
Un progetto del Dopoguerra per un aereo civile

Ancora più indietro, nella memoria, ci sono i duelli  degli idrovolanti Siai sui cieli dell’Adriatico, nella Prima Guerra Mondiale, quando gli italiani sfidavano i piloti austroungarici. Una epopea che ha ispirato il film “Porco rosso”, del maestro del cinema d’animazione giapponese Hayao Miyazaki. Che proprio nell’aereo del protagonista (un pilota-maiale) ha nascosto un omaggio agli aerei prodotti in provincia di Varese dalla Macchi e dalla Siai.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 06 Aprile 2018
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