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L’antica festa per la chiesetta di Veddo

Il sindaco Fabio Passera racconta in una ricostruzione storica le radici di questa antica celebrazione

Avarie

Sabato 4 novembre, festa liturgica di San Carlo Borromeo, la comunità di Maccagno con Pino e Veddasca si ritrova tradizionalmente a Veddo nella piccola chiesa dedicata al santo, morto nel 1584 a soli quarantasei anni. Una tradizione che nella piccola frazione inizia in un tempo lontano, che porta una precisa data di nascita, il 19 aprile 1638

Oggi, 379 anni dopo, gli abitanti della piccola frazione non hanno perso l’occasione per sentirsi profondamente legati a questo piccolo luogo di culto. Le celebrazioni si terranno alle 20.30 di sabato 4 novembre 2017: una messa precederà un momento conviviale da vivere sotto l’antico lavatoio, tra caldarroste e vin brulé.

“Siamo all’inizio del XVII secolo, con la supplica rivolta alle autorità ecclesiastiche da Giovanni Stefano Clerici, curato di Vigiona, e Lazzaro Bolognini.
Entrambi nativi di Veddo, chiesero di poter costruire l’Oratorio secondo il disegno di cui oggi pubblichiamo l’eccezionale immagine.
La distanza di oltre mezzo miglio dalla Parrocchiale e l’impraticabilità della strada per raggiungerla, furono gli argomenti che spinsero i due notabili all’ardita richiesta.
Lo stesso Clerici si offrì di provvedere alla dote ed al mantenimento dell’Oratorio, mentre il Bolognini si accollò l’onere della costruzione.
Il disegno che i due allegarono alla supplica non portava alcuna firma in calce, ma presentava un edificio che misurava 9,9 x 16,3 braccia milanesi, corrispondente circa a 5,75 x 9,58 metri.
E’ un esempio del modello detto della “simplex ecclesia”, scaturita dalla riforma del patrimonio edilizio religioso voluto proprio da San Carlo, con le norme emanate nel 1577.
Il 5 novembre 1632 la Curia incaricò il visitatore regionario, ed il giorno successivo venne depositato il parere favorevole. Passarono solo pochi anni, e gli abitanti di Veddo chiesero che fosse benedetto l’Oratorio terminato: dedicato in origine alle Sante Maria e Maddalena, fu dotato di tre Messe feriali al mese, e di suppellettili offerti dal prevosto Clerici.
Il 19 aprile 1638 la relazione favorevole della Curia milanese diede il via libera all’uso della Chiesa, e da quel momento iniziò la storia che l’ ha portata fino a noi.
Fino qui le notizie ufficiali, ma molti interrogativi restano aperti: prima di scrivere la parola fine su questa vicenda, resteranno da svelare ancora molti punti oscuri.
Innanzitutto la corrispondenza tra le misure del documento citato e l’attuale forma dell’edificio: aldilà della presenza della piccola sacrestia a lato dell’altare, resta l’incongruenza non marginale rispetto ad oggi, pur nel rispetto delle forme e delle proporzioni.
Non si possono escludere rimaneggiamenti successivi, finora non suffragati da fonti ufficiali. Ma ancora più affascinante risulta un intreccio familiare che potrebbe portare a risvolti clamorosi.
Conoscendo i ferrei legami di parentela in un piccolo borgo come Veddo, non è difficile immaginare che il citato Lazzaro Bolognini fu parente di Francesco Bolognini, anch’esso capomastro.
Il discorso porta diritto al legame con un altro figlio illustre del piccolo paese, quell’architetto Ferdinando Caronesi che con la sua opera caratterizzò l’inizio dell’’ 800 italiano. In questo caso non sarebbe difficile immaginare un intervento dello stesso Caronesi all’interno della Chiesa, ed un esempio concreto potrebbe essere rappresentato dalle quattro colonne che ornano le pareti laterali.
Suggestioni?
Può darsi, ma alcuni elementi contribuiscono a sostenere questa tesi. Ciò che resta sicuro è il juspatronato che la famiglia Clerici mantenne per anni sulla piccola Chiesa che solo più tardi (già, ma quando? Ecco un altro spunto di ricerca) fu dedicata a San Carlo, secondo una devozione assai diffusa nelle nostre terre.”
(Ricostruzione storica a cura di Fabio Passera, sindaco di Maccagno con Pino e Veddasca)

Pubblicato il 02 Novembre 2017
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