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Ho la febbre dell’oro, lo cerco nel Ticino

Giorgio Bogni si è classificato al settimo posto ai mondiali di ricerca del più prezioso degli elementi. Per allenarsi passa al setaccio le sabbie dei fiumi e dei torrenti della nostra provincia

«Nel mio negozio, a Sesto Calende, vendo pietre preziose. Arrivano dall’estero, dall’Africa e dall’Asia. Ma ai miei clienti volevo dare la possibilità di portare a casa un ricordo vero di questo territorio. E cosa meglio dell’oro del Ticino?». La passione, o meglio la "febbre", per la ricerca del più prezioso degli elementi al geologo Giorgio Bogni è nata così. Una passione che lo ha portato ad allenarsi, per ore con i piedi a bagno nei fiumi e nei torrenti, e a gareggiare per il titolo mondiale di cercatore d’oro. Nell’ultima edizione dei campionati del mondo (World Goldpanning Championships), tenutasi nei giorni scorsi a Biella, si è classificato settimo su 240 partecipanti e primo tra gli italiani in gara

La preparazione a questo evento, confessa Bogni, è tutta "nostrana": «Mi sono allenato nelle acque del torrente Rancina in Valcuvia e nel Ticino che è storicamente ricco di oro. La tradizione di cercarlo qui risale infatti all’era preromanica e romanica: secondo alcune ipotesi avanzate dagli storici tra le cause che hanno portato i celti golasecchiani ad insediarsi nell’area di Castelletto Ticino, Varallo Pombia e Somma Lombardo, c’è proprio la presenza di questo prezioso metallo».

Ma come ci si attrezza per la "caccia" e quali sono i segreti degli esperti? «Nelle ricerche agonistiche si è liberi di usare lo strumento che si vuole purchè risponda ai requisiti imposti dal regolamento. Lo scopo della gara è quello di trovare il maggior numero di pagliuzze nel secchio di sabbia che viene consegnato ai partecipanti. Nel mio caso, per gareggiare, mi sono costruito un piatto speciale, fatto a mano (nella foto in alto), sulla base dei consigli degli amici dell’associazione Oro in natura. Nelle altre ricerche invece l’attrezzatura è semplice: un badile, un setaccio, un piatto e la canaletta. Anche quest’ultima c’è stata tramandata dalla storia: gli antichi utilizzavano un piccolo canale sul quale disponevano delle pelli che avevano lo scopo di trattenere la componente pesante della sabbia. Oggi le pelli sono state sostituite con la gomma ma il principio è lo stesso. I segreti? Dipendono un po’ dalla pratica un po’ dallo studio. Siamo come i cercatori di funghi: si conoscono le zone e si osserva il territorio. In particolare prestiamo molta attenzione alle movenze dei fiumi, come le piene o l’accumulo dei materiali. Poi c’è qualche trucco che ci porta a raccogliere la terra vicino alle pietre più grosse e di colore scuro oppure vicino alla sabbia rossa».

La ricerca dell’oro nelle acque dei fiumi è una pratica diffusa in tutto il mondo. In alcuni paesi, come il Sud Africa, è addirittura considerata uno sport. In altri, come il Canada, è possibile ottenere in concessione dei territori e utilizzare dei materiali semi industriali. Come i cercatori di funghi, anche quelli d’oro, hanno i loro vanti e trofei: «Un giorno – racconta Bogni – ho passato ore e ore sul Ticino con degli amici. A fine giornata abbiamo raccolto 7 grammi d’oro. È stato il record della mia vita».

Pubblicato il 27 Agosto 2009
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